martedì 15 dicembre 2009

Preview della riunione del Fomc: attese solo piccole variazioni nel comunicato finale

Questo è un estratto del report settimanale Top Down outlook
Nel comunicato che sarà pubblicato al termine della riunione di politica monetaria del FOMC della settimana prossima è probabile che ci siano solo piccole modifiche rispetto al comunicato diffuso al termine della riunione 4 novembre. Dopo l'ultima riunione, vari membri della Fed hanno più volte confermato che "le condizioni economiche sono tali da giustificare livelli eccezionalmente bassi del tasso dei Fed Fund per un periodo prolungato", in linea con le parole dell’ultimo comunicato della FED. Infatti, anche se il quadro economico è migliorato di recente, seppure meno di quanto previsto in passato, le prospettive a medio termine restano incerte. La recente crescita economica, infatti, sembra essere stata favorita solo dagli stimoli fiscali e monetari. Con prospettive dell’inflazione che nel breve periodo restano favorevoli, ci si aspetta che la Fed giudichi i costi di muoversi troppo presto superiori a quelli di aspettare troppo per rimuovere la politica monetaria espansiva. A nostro avviso la Fed non alzerà i tassi prima di H2 2010, quando i segnali di ripresa economica dovrebbero essersi fatti più consistenti, il basso utilizzo della capacità produttivo essersi ripreso e le attese d’inflazione essere cresciute.


martedì 8 dicembre 2009

Dubbi sulla ripresa economica dell’area Euro

Dopo l’inaspettato ribasso degli ordini all’industria tedeschi di ottobre (il dato è stato pubblicato Lunedì 7), i dati di oggi sulla produzione industriale tedesca nel mese di ottobre hanno ulteriormente raffreddato le speranze di una forte ripresa per l'economia della zona Euro. La produzione industriale è diminuita in ottobre dell’1,8% m/m, contro il +1% m/m previsto dal consensus. La produzione manifatturiera è scesa dell’1,6% nel mese di ottobre, spinta da un calo del 3,5% m/m nella produzione di beni di investimento. La produzione energetica è diminuita del 3,4% m/m e le costruzioni sono scese del 2,4% m/m. La variazione annuale è di -12,4%.
Mentre la tendenza al rialzo dell’indice di fiducia delle imprese IFO indica che la produzione industriale può riprendere un percorso di crescita nei prossimi mesi (il dato di dicembre in calendario venerdì 18 darà maggiori informazioni sulle prospettive economiche tedesche), il tasso di crescita rischia di rallentare quando le misure per stimolare la crescita si indeboliranno. Il calo della produzione industriale tedesca nel mese di ottobre è anche un segnale negativo per i dati francesi e italiani in pubblicazione Giovedì 10.



I dati odierni hanno confermato che, anche se la scorsa settimana la BCE ha deciso di rimuovere alcune operazioni straordinarie di rifinanziamento a lungo termine, è probabile che la BCE possa lasciare i tassi invariati all'1% per un lungo periodo. Noi non stimiamo in un rialzo dei tassi da parte della BCE entro la fine del H1 2010, considerando che la BCE è molto difficile che faccia qualcosa che possa rafforzare ulteriormente l'Euro.

Preview della riunione della Banca Centrale della Nuova Zelanda

Un estratto dal report settimanale Top Down Outlook

Dichiarazione sulla politica monetaria e annuncio dell’OCR (Giovedì 10) – Nel corso della settimana, la Reserve Bank of New Zealand (RBNZ) dovrebbe lasciare il tasso invariato al 2,5%. Nella dichiarazione rilasciata il 29 ottobre, il governatore della RBNZ Bollard ha detto di aspettarsi di mantenere l’Official Cash Rate (OCR, tasso ufficiale di sconto), invariato al livello attuale fino alla seconda metà del 2010 e non vediamo alcuna ragione perche la RBNZ possa avere cambiato opinione nelle ultime settimane. Infatti, l'inflazione dovrebbe rimanere all'interno del range obiettivo alla fine del periodo di riferimento e un aumento di tasso può aumentare ulteriormente il disavanzo delle partite correnti (la RBNZ ha proiettato il disavanzo delle partite correnti al 5,8% nel 2010 e al 7% successivamente). Infatti, mentre un rialzo dei tassi può avere l'effetto positivo di smorzare l'aumento dei prezzi delle case, che dovrebbero sostenere la domanda nel breve termine, potrebbe rafforzare la tendenza al rialzo del dollaro neozelandese, con l'effetto di aumentare ulteriormente il deficit.

lunedì 7 dicembre 2009

Anticipazioni sulla riunione della Banca Centrale Canadese

Un estratto dal nostro report settimanale "Top Down Outlook"

La Banca Centrale Canadese dovrebbe lasciare i tassi invariati allo 0,25% alla fine della riunione di politica monetaria che si terrà domani. A nostro parere, i dati economici rilasciati dopo la precedente riunione di ottobre non hanno cambiato le prospettive per l’economia canadese. Nonostante l'incremento superiore alle attese nel mese di ottobre dell’inflazione core (da 1,5% a/a a 1,8% a/a) la Banca del Canada non dovrebbe vedere alcuna ragione per modificare la previsione di ottobre che il tasso di riferimento possa restare invariato allo 0,25% fino alla fine del secondo trimestre del 2010. Infatti, le pressioni inflazionistiche dovrebbero rimanere contenute nei prossimi mesi, con l'output gap che rimane ampio e l'economia che non dovrebbe raggiungere il pieno utilizzo della sua capacità produttiva fino alla fine del 2011. Il Pil di Q3 09 è stato inferiore alle attese di consensus (+0,4% q/q ann.to; vedi la sezione “Ultimi dati economici” del report "Top Down Outlook"), indicando che la ripresa economica potrebbe essere ancora più lenta delle proiezioni. Con il dollaro canadese vicino al massimo storico contro il dollaro USA si vede il rischio che la Banca del Canada potrebbe lascerebbe i tassi invariati molto più a lungo di quanto farebbero presupporre le sue stime su crescita ed inflazione e iniziare a tassi di crescita solo dopo che la Federal Reserve inizi ad attuare una strategia di uscita dalla propria politica monetaria espansiva. In effetti, se la Banca Centrale Canadese iniziasse ad alzare i tassi prima della Fed, il Dollaro Canadese (CAD) potrebbe ulteriormente salire rispetto al dollaro USA, pesando negativamente sulle esportazioni (le esportazioni verso gli Stati Uniti rappresentano più del 75% delle esportazioni totali), considerando che il CAD è già sopravvalutato del 13% rispetto al Dollaro.


venerdì 4 dicembre 2009

Segnali di risveglio dal mercato del lavoro Usa

I dati di novembre sul mercato del lavoro in Usa sono stati migliori delle attese di consensus, in linea con l’andamento positivo nel corso delle ultime due settimane delle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione. Nella settimana sino al 28 novembre, infatti queste sono scese a 452mila, il livello più basso dall'agosto del '08. Gli occupati nel settore non agricolo sono diminuiti di 11 mila unità, contro aspettative del mercato di -120 mila ed il tasso di disoccupazione è sceso dal 10,2% al 10%. Inoltre sono stati rivisti i dati dei due mesi precedenti, che hanno portato ad una revisione al rialzo degli occupati di 159 mila unità: il dato di ottobre, ad esempio, è stato rivisto da un calo degli occupati di 190 mila a -111 mila. In novembre il numero degli occupati nei settori della produzione di beni sono scesi di 69 mila unità, mentre nel settore dei servizi sono aumentati di 58 mila. Il numero delle ore lavorate medie settimanali è salito da 33 a 33,2 un segnale molto positivo in quanto ci si aspetta che i datori di lavoro aumentino le ore lavorate degli occupati attuali prima di assumerne di nuovi. L’indice delle ore lavorate aggregate è aumentato di 0,6 punti, da 98,5 a 99,1, anticipando che la produzione industriale possa avere proseguito la sua ripresa nel mese di novembre. La retribuzione media oraria è rimasta praticamente invariata, non fornendo un’indicazione particolarmente positiva sulla dinamica delle spese personali nei prossimi mesi. Tuttavia, le prospettive di medio termine per il mercato del lavoro rimangono incerte ed un miglioramento più sostenuto non è previsto nel breve termine. Alcuni economisti hanno sottolineato che il miglioramento di novembre è legato a fattori di destagionalizzazione del dato mentre la caduta del tasso di disoccupazione è principalmente da imputare ad una discesa di 291 mila unità della forza lavoro. Il tasso di partecipazione è scesa al 65%, il più basso dall’inizio della recessione. Le imprese non sono attese iniziare ad assumere in maniera sostenuta sino a quando il tasso di utilizzo della capacità produttiva (al 70,7% in ottobre) non ritorni su valori più elevati.

giovedì 3 dicembre 2009

Riflessioni rapide sulla riunione della BCE di oggi

La BCE ha tenuto oggi la riunione mensile di politica monetaria e il Presidente Jean Claude Trichet, ha tenuto una conferenza stampa al termine della riunione. I maggiori spunti di rilievo arrivati nel corso della conferenza stampa sono stati:

1) L’operazione di rifinanziamento in calendario il 16 dicembre sarà l'ultima e il tasso cui sarà condotta sarà indicizzato al tasso minimo medio dei pronti contro termine settimanali nei prossimi 12 mesi.
2) La decisione sulle operazioni di rifinanziamento a 12 mesi non significa nulla per quanto riguarda le prospettive del tasso Refi, tenuto invariato all'1% di oggi.
3) La proiezione centrale sul Pil del 2010 è stata rivista al rialzo allo 0,8% dallo 0,2% nel mese di settembre. Il Pil del 2011 è stato previsto all’1,2%. La stima sull'inflazione per il 2010 è stata rivista leggermente al rialzo dall’1,2% all’1,3%.
4) Trichet ha confermato di credere che un Dollaro forte sia nell'interesse degli Stati Uniti, indicando in un modo sottile che la BCE non è felice per quanto riguarda l’andamento del tasso di cambio EUR/USD.



Dopo la conferenza stampa di oggi di Trichet non vediamo alcun motivo per cambiare la nostra stima che il tasso Refi potrebbe rimanere invariato almeno fino alla fine di H1 2010.
Anche se le nuove proiezioni della BCE sulla crescita economica e l'inflazione sono in linea con un rialzo del tasso Refi al 2% entro la fine del 2010, non ci aspettiamo una stretta di politica monetaria da parte della BCE prima che la Fed che implementi a sua volta una strategia di uscita dalla sua politica monetaria espansionistica.
Infatti, un rialzo prematuro dei tassi da parte della BCE può rafforzare ulteriormente la tendenza al rialzo dell'Euro rispetto al Dollaro. In uno studio pubblicato nel Voxeu.com ("Can we understand the recent moves of the euro-dollar exchange rate?"), gli economisti Brender, Gagna e Pisani hanno evidenziato come il tasso di cambio l'Euro/Dollaro si sia mosso sostanzialmente in linea con le attese sulla politica monetaria di Fed e BCE fino al fallimento di Lehman Brothers.
Con un EUR/USD già il 25% sopra il fair value, secondo la Parità del Potere di Acquisto calcolata dall'OCSE è molto difficile immaginare che la BCE possa prendere una decisione simile. Inoltre, a causa della tendenza al rialzo dell'euro nei mesi scorsi, l’indice delle condizioni monetarie della zona euro è ben sopra la media storica di lungo periodo, con un effetto negativo sulla ripresa economica della zona Euro.



Guardando al futuro, è molto improbabile che la BCE possa fare qualcosa che possa rafforzare ulteriormente l'euro.

martedì 1 dicembre 2009

Monetary policy update: l’Australia alza i tassi al 3,75% e il Giappone fa una nuova iniezione di liquidità

Oggi, la Banca Centrale Australiana (RBA) ha alzato i tassi dello 0,25% per il terzo mese consecutivo, portandoli al 3,75%. Anche se tale decisione non è stata una sorpresa (era stata prevista da 19 dei 20 economisti interpellati da Bloomberg News), era tutt'altro che sicura ed è stata criticata dal capo degli industriali Australiani Heather Ridout, che ha detto in un'intervista a Bloomberg che " (la RBA) avrebbe potuto permettersi di prendere una pausa fino al nuovo anno, quando le prospettive dell’attività economica saranno più chiare".

Nel comunicato del Governatore Steven rilasciato al termine della riunione sono stati sottolineati i motivi alla base del rialzo dei tassi. Per quanto riguarda le prospettive economiche, Steven ha detto che "le prospettive per l'espansione della domanda privata, compresa quella delle imprese, sono per un rafforzamento. Ci sono stati anche alcuni primi segnali di un miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione potrebbe ora scendere a un livello considerevolmente inferiore a quello previsto in precedenza". Per quanto riguarda l'inflazione Steven ha detto che “l'inflazione dovrebbe continuare a restare moderata nel breve termine, anche se probabilmente non dovrebbe scendere quanto stimato sei mesi fa." Steven ha anche indicato che l'aumento del Dollaro Australiano nel corso di quest'anno avrà l'effetto di diminuire sia l'inflazione sia la crescita nel medio termine.

Infine, Steven ha detto che "Questi aggiustamenti della politica monetaria dovrebbero permettere una crescita economica sostenibile di mantenere l'inflazione in linea con l'obiettivo nei prossimi anni."
Dopo aver aumentato i tassi per un terzo mese consecutivo, la RBA è probabile che attenda alcuni mesi prima di prendere altre misure restrittive di politica monetaria per vedere gli effetti dei recenti aumenti dei tassi sull'economia reale. Nonostante i recenti segnali positivi arrivati sia dal mercato del lavoro (i dipendenti sono aumentati di 24,5 mila nel mese di ottobre) e dal settore residenziale (i prezzi delle case sono aumentati del 10% quest'anno), le pressioni inflazionistiche dovrebbero restare contenute nel medio termine a causa del basso livello di utilizzo della capacità produttiva a livello mondiale. La RBA non avrà un incontro di politica monetaria fino al febbraio 2010, e i tassi possono restare invariati un po 'più a lungo, anche se i tassi sono previsti continuare a salire nel 2010.
In Giappone, la Banca del Giappone ha deciso oggi in una riunione di emergenza di fornire prestiti a breve termine alle banche commerciali a causa delle pressioni del primo ministro Yukio Hatoyama ad affrontare la caduta dei prezzi e l’aumento dello yen, salito il mese scorso al massimo degli ultimi 14 anni di 84,83 per dollaro. L'ammontare dei prestiti a breve termine è JPY10trilion, mentre gli acquisti mensili di bond governativi da parte de della Banca Centrale rimarranno invariati a JPY1, 8trilion. La decisione di oggi è un'altra mossa disperata dai responsabili di politica monetaria giapponese per portare l'economia fuori dalla deflazione e far fronte al rialzo dello Yen. Continuiamo a non vedere alcun motivo per investire in asset class giapponesi.