martedì 14 dicembre 2010

Scelte difficili per le banche centrali europee

In Europa non è solo la BCE a vedere le proprie scelte di politica monetaria nel corso dei prossimi mesi complicate dalla crisi dei paesi periferici, che potrebbe mettere in pericolo la crescita economica dell’area Euro nel corso dei prossimi mesi. Anche le banche centrali di Svezia, Norvegia e Svizzera che si riuniranno in settimana (le prime due oggi mentre la Banca Centrale Svizzera si riunirà giovedì) si trovano ora ad affrontare una situazione complicata. Se da una parte, infatti, le loro economie stanno vivendo un momento positivo che richiederebbe un’ulteriore rimozione dello stimolo fiscale che era stato deciso nel corso dei momenti peggiori della crisi del 2008/2009, dall’altra le incertezze che riguardano lo scenario economico internazionale, ed in particolare quello dell’area Euro, rendono difficile prendere una decisione in tal senso. Le economie di questi paesi, infatti, sono molto orientate verso le esportazioni, che rappresentato più del 40% del Pil nel caso della Norvegia e più del 50% per Svezia e Svizzera. Inoltre, con Fed, BCE e Bank of England che non dovrebbero alzare i tassi ancora per diversi mesi, un rialzo dei tassi potrebbe avere l’effetto di rafforzare ulteriormente le valute di questi paesi, che si sono già notevolmente apprezzate nel corso del 2010.
Nonostante tutte le incertezze, un ulteriore rialzo dei tassi sembra essere molto probabile in Svezia già da oggi, mentre in Norvegia e Svizzera, dove i tassi sono ampiamente attesi restare invariati, saranno soprattutto le dichiarazioni rilasciate al termine delle riunioni da analizzare con attenzione.
La Banca Centrale Svedese (Riksbank) al termine della riunione di politica monetaria di ottobre ha aumentato i tassi di 25bp per la terza volta dallo scorso mese di luglio portandoli all’1%. Nel corso delle ultime settimane i dati economici pubblicati in Svezia sono stati generalmente molto forti, con il PIL cresciuto del 2,1% q/q in Q3 '10, nonostante qualche segnale di allerta giunto dall’andamento degli indici di fiducia di imprese e consumatori, aumentando le possibilità che la Riksbank possa alzare ulteriormente i tassi di 25bp al termine della riunione di politica monetaria di oggi. Non a caso ben 17 dei 22 economisti raccolti nel consensus di Bloomberg si attendono un rialzo di 25bp oggi nonostante l’inflazione sia sotto l’obiettivo del 2% e due membri del comitato esecutivo abbiano votato contro anche il rialzo di ottobre. A spingere la Banca centrale ad alzare i tassi dovrebbe essere soprattutto la dinamica del mercato immobiliare, con i prezzi delle case saliti negli ultimi 18 mesi, raggiungendo una variazione annualizzata del 5% nei tre mesi sino ad ottobre.
Da valutare saranno anche le previsioni della Riksbank sull’andamento dei tassi nel corso dei prossimi trimestri. In ottobre la Banca centrale aveva stimato che i tassi potrebbero salire sino al 2% entro la fine del 2011: una modifica di tale previsione potrebbe rivelarsi più significativa per gli investitori della stessa decisione sull’andamento dei tassi.
Nonostante il mercato immobiliare sia una fonte di preoccupazione anche per la Banca Centrale Norvegese (Norges Bank), con i prezzi delle case saliti del 6.2% y/y in ottobre, un rialzo dei tassi non è atteso almeno sino alla fine del primo trimestre del prossimo anno, in linea con quanto detto dalla Banca lo scorso mese di ottobre. I dati economici pubblicati nelle ultime settimane non dovrebbero avere cambiato la visione della Norges Bank sulle prospettive economiche. Tuttavia la necessità di rallentare la crescita del mercato immobiliare, dei crediti al settore privato e dei consumi privati potrebbero spingere la Norges bank, secondo Frank Jullum di Fokus Bank, ad alzare i tassi nel 2011 nel più di quanto previsto dalla stessa banca centrale (tassi al 2.5% a dicembre 2011).
Non è, invece, imminente una rimozione della politica monetaria espansiva da parte della Banca centrale Svizzera. La Banca, infatti, al termine della riunione di politica monetaria di giovedì dovrebbe lasciare la fascia obiettivo per il Libor a 3 mesi invariata a 0,0-0,75% con l'intenzione di mantenere il Libor attorno allo 0,25%. A preoccupare la BNS dovrebbero essere sia le prospettive economiche sia l'andamento dei prezzi al consumo, pericolosamente vicino allo 0%, a causa del rialzo del Franco Svizzero. Con la valuta quasi invariata rispetto all’Euro da settembre, la BNS dovrebbe confermare le sue preoccupazioni indicando che "prenderà le misure necessarie per assicurare la stabilità dei prezzi" nel caso di "una nuova minaccia di deflazione", aumentando la possibilità di interventi sul mercato valutario nei prossimi mesi.

giovedì 11 novembre 2010

Quanto preoccupa l’inflazione cinese

Se la Fed ha ampliato a inizio mese la propria politica monetaria espansiva per contrastare i timori di un’entrata in deflazione, la Cina potrebbe ben presto dovere intensificare i propri sforzi per combattere il pericolo opposto: una crescita troppo accentuata dell’inflazione. I dati relativi al mese di ottobre pubblicati ieri hanno, infatti, evidenziato come i prezzi al consumo siano saliti del 4.4% y/y, contro il 4% atteso dal consensus e il 3.6% del mese di settembre, mentre i prezzi alla produzione sono addirittura balzati del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, contro il 4.3% y/y del mese precedente ed il 4.5% y/y delle attese.
Tali dati hanno aumentato le possibilità che la politica monetaria della Banca Popolare Cinese possa farsi ancora più restrittiva nei prossimi mesi, anche se l’inflazione è attesa scendere nel 2011 sulla scia del rallentamento della crescita economica. In particolare i rialzi dei tassi nel 2011 potrebbero essere più dei due che il consensus si aspettava dopo l’annuncio della Banca Popolare Cinese dello scorso 19 ottobre del rialzo sia dei tassi sui depositi (dal 2.25% al 2.5%) sia di quelli sui prestiti a un anno (dal 5.31% al 5.56%). Ad esempio il tasso swap sui titoli a due anni sconta un rialzo dei tassi di 100 punti base nel corso del 2011, sulla base dei calcoli dell’analista di Deutsche Bank Liu Linan. Un'altra alternativa a disposizione delle autorità monetarie cinesi è aumentare la percentuale di riserve da tenere presso la Banca Centrale, in linea con quanto già deciso nel corso della settimana: a partire dal 16 novembre, infatti, queste aumenteranno di 50 punti base, in una mossa che dovrebbe permettere di ritirare dal mercato circa 300 miliardi di Yuan. Infine, un’ultima azione che potrebbe essere decisa dalle autorità di Pechino è permettere un apprezzamento più rapido dello Yuan, dopo che la valuta cinese ha guadagnato il 2.8% contro il Dollaro statunitense a partire dallo scorso mese di giugno. Tale eventualità non è ignorata dai mercati, anche se il progresso del 3.2% atteso dai trader nei tassi forward non sembra essere in grado di avere un impatto sull’andamento dell’inflazione interna cinese.
Tuttavia, la decisione di alzare i tassi in maniera marcata non dovrebbe essere presa a cuor leggero dalle autorità cinesi. In primo luogo perché questa potrebbe aumentare i flussi di capitale speculativi in entrata nel paese, anche se l’annuncio in settimana di una serie di misure per raffreddarli potrebbe contribuire a contenere i pericoli che deriverebbero da un eccesso d’investimenti stranieri nel paese. In secondo luogo perché potrebbe avere un effetto molto negativo sul settore immobiliare, su cui si teme la presenza di una bolla speculativa e che nei prossimi mesi potrebbe già dovere subire le conseguenze di una minore crescita dei crediti per comprare casa se il Governo cinese dovesse confermare, come appare certo al momento attuale, gli obiettivi che erano stati fissati ad inizio anno in termini di crescita totale dei crediti nel 2010.
L’orientamento della politica monetaria dipenderà dall’andamento dei prezzi delle commodities nei prossimi mesi, alla luce della stretta correlazione tra la crescita dell’inflazione cinese e delle materie prime.
Si capisce, in questo modo, l’astio delle autorità cinesi nei confronti della decisione della Fed di incrementare la propria politica espansiva. La causa del rialzo di oltre il 20% registrato dalle quotazioni delle commodities a partire dallo scorso mese di agosto è stata, infatti, attribuita dagli esperti di mercato alle attese, dimostratesi poi corrette, per un incremento della politica monetaria espansiva da parte della Fed. Questa, infatti, ha sia aumentato la liquidità sui mercati sia indebolito il Dollaro, valuta in cui le commodities sono quotate sui mercati.
In tal senso, però, la risposta migliore alla Cina l’ha data il Governatore della Bank of England Mervyn King durante la conferenza stampa a margine della pubblicazione dell’inflation report lo scorso mercoledì 10. Interrogato sulla questione, King ha evidenziato come la scelta di ancorare la propria valuta al Dollaro sia una libera scelta da parte di un paese, che deve perciò essere pronto a subirne le conseguenze. L’alternativa sarebbe permettere un regime di tassi cambi variabili.
In questo scenario, quindi, le politiche monetarie e gli interessi delle due maggiori economie mondiali dovrebbero essere sempre più divergenti nei mesi a venire.

mercoledì 10 novembre 2010

La Bank of England allontana (ma non cancella) un incremento del quantitative easing

La pubblicazione dell’inflation report trimestrale della Bank of England e la seguente conferenza stampa del Governatore Mervyn King sono gli appuntamenti chiave per capire le prospettive della politica monetaria nel Regno Unito nel corso dei mesi successivi. Per questo motivo i mercati attendevano la pubblicazione del report prevista ieri con grande trepidazione, in particolare dopo che le minute della riunione dello scorso mese di ottobre avevano evidenziato come la BoE fosse divisa in tre fazioni (situazione che dovrebbe essere confermata dalle minute della riunione di novembre che saranno pubblicate mercoledì 17): la maggioranza del Comitato di politica monetaria che ha votato per mantenere invariati sia i tassi allo 0.5% sia il programma di quantitative easing a GBP200bn, un membro, Andrew Sentance, che avrebbe preferito alzare i tassi di 25 punti base e un altro membro, Adam Posen, che aveva votato di aumentare il programma di quantitative easing di GBP50bn.
La risposta che i mercati sembrano avere tratto dagli appuntamenti di ieri è chiara: un incremento del programma di quantitative easing da parte della BoE non è imminente nonostante la Fed abbia deciso di ampliare il proprio stimolo monetario a inizio novembre. Non si spiegherebbe altrimenti il contemporaneo rialzo di Sterlina e tassi a lungo termine nelle fasi seguenti la conferenza stampa di King.
Ad allontanare le ipotesi di un ulteriore stimolo monetario nel breve è stata la revisione delle proiezioni sull’andamento dei prezzi al consumo nel corso dei prossimi mesi da parte della Bank of England. Queste, infatti, sono state riviste al rialzo rispetto allo scorso mese di agosto, con l’inflazione che dovrebbe rimanere ben sopra l’obiettivo del 2% sino alla fine del 2011. Solo dopo l’inflazione dovrebbe scendere sotto il 2% a causa della capacità inutilizzata presente nel sistema. Lo scenario dell’inflazione appare, però, quanto mai incerto a detta della stessa Banca Centrale. Per quanto molti dei fattori che dovrebbero sostenere l’inflazione nei prossimi mesi siano temporanei (rialzo dell’IVA, dei prezzi energetici e la debolezza della Sterlina), questi potrebbero aumentare le aspettative sull’andamento dei prezzi al consumo nel medio periodo, rendendo l’inflazione più resistente di quanto anticipato dalle autorità monetarie britanniche.
Del resto, con l’inflazione attesa ben sopra il livello obiettivo del 2% e un tasso di crescita che è stimato rimanere robusto nel corso dei prossimi trimestri, un incremento della politica monetaria espansiva da parte della BoE sembrerebbe difficilmente giustificabile adesso. Le nuove proiezioni della Bank of England, infatti, vedono la crescita continuare ad un ritmo medio del 3% annuo per tutto il periodo di previsione. L’effetto negativo dovuto alla politica fiscale restrittiva che sarà adottata a partire dal 2011 sembra, quindi, essere considerato limitato, contrariamente a quanto detto dal Fondo monetario internazionale il giorno prima.
Per questo motivo la Bank of England dovrebbe confermare un atteggiamento attendista almeno sino alla pubblicazione del prossimo inflation report, prevista nel mese di febbraio, considerando che anche un incremento dei tassi a causa delle pressioni inflazionistiche elevate appare improbabile per tutte le incertezze sulle prospettive dell’economia. Solo allora, sulla base dell’andamento dei dati economici che saranno pubblicati nelle prossime settimane, le autorità monetarie britanniche potrebbero dare una direzione più netta al proprio orientamento. Lo stesso King, infatti, ha confermato come l’analisi dei singoli dati che saranno nelle prossime settimane sarà quanto mai importante per capire quale indirizzo prenderà la politica monetaria.
Tuttavia, più che i singoli dati economici potrebbe essere l’andamento della Sterlina a determinare l’andamento della politica monetaria nel corso dei prossimi trimestri. Nella conferenza stampa, infatti, King ha evidenziato come un riequilibrio nei conti con l’estero tramite un incremento delle esportazioni ed una crescita più moderata dei consumi sia fondamentale per assistere ad una crescita più equilibrata negli anni a venire. Allo stesso tempo, King ha anche evidenziato come un rallentamento delle altre maggiori economie internazionali sia il rischio maggiore per le prospettive di crescita britanniche. In questo scenario, e con il calo della Sterlina nel corso degli ultimi anni che ha avuto un effetto inferiore alle attese sull’andamento delle esportazioni, ogni incremento della valuta sarebbe guardato con preoccupazione dalla Bank of England.
Insomma, King che, fu il primo a propugnare un calo della valuta per migliorare la crescita economica, non ha ancora cambiato idea: puntare su un rialzo della Sterlina nei prossimi mesi potrebbe, quindi, essere quanto mai arrischiato.

martedì 2 novembre 2010

La Fed inizia un nuovo quantitative easing

Il FOMC è ampiamente atteso annunciare un nuovo ciclo di allentamento quantitativo (QE2) al termine della riunione di politica monetaria di oggi e domani, come indicato dal presidente della Fed Bernanke e da altri membri del comitato di politica monetaria nelle ultime settimane. Molte, però, sono le incertezze per quanto riguarda le dimensioni del programma. È molto improbabile che il nuovo programma superi la dimensione di QE1 (USD1.7trn), con una possibilità concreta che la Fed possa decidere di adottare misure graduali secondo gli sviluppi economici. Una chiara possibilità è che la Fed possa annunciare l'acquisto di titoli di Stato a lungo termine per un controvalore di USD300/500bn nei prossimi sei mesi. Nel comunicato che sarà pubblicato al termine della riunione, il FOMC dovrebbe confermare che "le misure dell'inflazione sono attualmente a livelli di poco inferiori a quelli che i membri del comitato ritiene coerenti con il suo mandato di promuovere la massima occupazione e la stabilità dei prezzi "e che il tasso sui Fed Fund è destinato a rimanere su livelli eccezionalmente bassi per un" lungo periodo ".

venerdì 15 ottobre 2010

La Banca Centrale Canadese ferma il rialzo dei tassi

Il rallentamento della crescita economica statunitense nel corso dell’estate, con i timori di un double dip dell’economia che hanno portato la Fed a programmare un nuovo programma di allentamento quantitativo probabilmente già a partire dal mese di novembre, sta iniziando a farsi sentire anche sulle decisioni delle altre banche centrali. Un primo esempio in tal senso è stata la decisione dello scorso 5 ottobre della Banca centrale giapponese di abbassare i tassi dallo 0.1% ad un target compreso tra lo 0 e lo 0.1% e di acquistare asset sul mercato, compresi ETF e fondi immobiliari, per un controvalore di 5 mila miliardi di Yen. Ma un esempio più lampante dell’effetto del rallentamento economico statunitense e della nuova politica della Fed si avrà la prossima settimana con la riunione della Banca centrale Canadese. Le autorità monetarie canadesi, infatti, sono ampiamente attese lasciare i tassi invariati all’1% al termine della riunione di martedì 19 (nessun economista nel consensus di Bloomberg stima una variazione dei tassi di interesse), interrompendo la fase di riduzione dello stimolo monetario che era iniziata lo scorso giugno e che aveva finora visto tre rialzi consecutivi dei tassi dello 0.25%.
Nel corso del comunicato pubblicato lo scorso 8 settembre dopo la decisione di alzare i tassi dallo 0.75% all’1%, la Bank of Canada aveva, infatti, evidenziato come ogni ulteriore riduzione dello stimolo monetario avrebbe dovuto essere considerata attentamente alla luce delle straordinarie incertezze che circondano lo scenario economico. L’interruzione della fase di rialzo dei tassi appare, quindi, del tutto giustificata alla luce non solo del rallentamento statunitense ma anche dei segnali di incertezza provenienti dall’economia canadese. Gli ultimi dati economici pubblicati hanno, infatti, evidenziato come le vendite al dettaglio siano scese nel corso del mese di luglio dello 0.1% m/m, favorendo una contrazione del Pil mensile sempre dello 0.1% m/m, i permessi per costruzione siano scesi del 9.2% m/m in Agosto e come l’occupazione sia inaspettatamente diminuita di oltre sei mila unità in settembre. Inoltre, gli ultimi dati sui prezzi al consumo relativi al mese di agosto (quelli di settembre saranno pubblicati la prossima settimana e non sono attesi evidenziare particolari novità) hanno sottolineato come le pressioni inflazionistiche siano molto contenute, con il CPI che, all’1.7% y/y, rimane ben al di sotto dell’obiettivo della Banca di un’inflazione al 2%.
Ma il principale motivo dietro la decisione di mantenere i tassi fermi potrebbe essere quello di non volere vedere il Dollaro canadese continuare a rafforzarsi in maniera sostenuta nei confronti del Biglietto verde. Gli Stati Uniti, infatti, rappresentano circa il 75% delle esportazioni canadesi e un nuovo rafforzamento del Dollaro canadese nei confronti della valuta statunitense potrebbe essere un duro colpo per le società esportatrici. Nel corso del 2010, infatti, il Loonie (nome con cui è comunemente chiamato il Dollaro canadese) è già avanzato di quasi il 5% contro il Dollaro statunitense e si trova ora a ridosso dei minimi dell’anno. Un ulteriore rialzo dei tassi, infatti, avrebbe molto probabilmente la conseguenza di spingere al rialzo il Dollaro canadese poiché gli renderebbe il differenziale sui tassi di interesse sempre più favorevole: con tassi all’1.25%, infatti, solo Australia, Nuova Zelanda e Norvegia all’interno dei paesi maggiori avrebbero tassi di interesse maggiori. Nelle operazioni di carry trade, quindi, il Loonie rischierebbe di diventare una valuta da acquistare, contribuendo a spingerla ulteriormente al rialzo.
Per questi motivi, quindi, la Banca centrale Canadese potrebbe decidere di mantenere i tassi fermi non solo nel corso della riunione della prossima settimana, ma anche in quella del 7 dicembre e del 18 gennaio. Salvo il caso di una forte contrazione dell’economia, la fase di normalizzazione dei tassi di interesse potrebbe ricominciare a partire dal mese di marzo, considerando che il rialzo dei prezzi delle commodities dovrebbe sostenere l’attività economica canadese nei prossimi mesi. Ad esempio, gli economisti della Royal Bank of Canada stimano che i tassi saranno alzati al 2.25% per la fine del 2011. Con queste premesse le prospettive del Dollaro canadese sembrano restare positive in un’ottica di medio periodo.

venerdì 1 ottobre 2010

Banca Centrale Australiana pronta ad un rialzo dei tassi

La Banca Centrale Australiana si smarca dalle altre principali banche centrali. Se, infatti, tutte le maggiori banche centrali internazionali hanno iniziato a valutare nel corso delle ultime settimane l’eventualità di intervenire nuovamente a sostegno delle proprie economie in senso espansivo, la Reserve Bank of Australia è chiamata a decidere nel corso della riunione che si terrà il prossimo martedì 5 ottobre se alzare nuovamente i tassi di interesse, portandoli dal 4.5% al 4.75%, o lasciarli invariati per il quinto mese consecutivo. Per la RBA si tratterebbe del settimo rialzo dei tassi a partire dallo scorso mese di ottobre, quando è iniziata la fase di rimozione della politica monetaria espansiva.
Ad alimentare le aspettative di un rialzo dei tassi sono state prima le dichiarazioni del Governatore Glenn Stevens e poi le minute della riunione dello scorso mesi di settembre. In particolare queste ultime hanno evidenziato come il momento molto favorevole delle economie asiatiche stia favorendo una forte crescita dell’economia australiana grazie al boom degli investimenti nel settore minerario, i cui effetti positivi si estenderanno al resto dell’economia. La RBA stima, quindi, un’accelerazione della crescita economica nel 2011, dopo che già i dati del 2010 si stanno rivelando migliori delle attese. La crescita del Pil nel secondo trimestre sì è, ad esempio, assestata all’1.2% q/q ed al 3.3% y/y, il numero degli occupati è salito di 30 mila unità nel mese di agosto, con il tasso di disoccupazione in calo dal 5.3% al 5.1% e anche il numero di prestiti concessi per l’acquisto di case è tornato a salire in agosto.
Gli ultimi dati sulla bilancia commerciale pubblicati in settembre hanno evidenziato come il surplus di bilancia commerciale si mantenga a ridosso dei massimi storici grazie, prevalentemente, alle esportazioni di materie prime nei paesi asiatici (le esportazioni verso la Cina rappresentano il 25% delle esportazioni totali).
L’elevato utilizzo della capacità produttiva, inoltre, potrebbe incrementare le pressioni al rialzo sui prezzi mettendo in pericolo il raggiungimento dell’obiettivo della banca Centrale Australiana di un’inflazione compresa tra il 2 ed il 3%. Per questo motivo, hanno concluso le minute della riunione di settembre “qualora i rischi derivanti dal rallentamento dell’economia statunitense e dai suoi effetti su quella asiatica dovessero essere contenuti, un livello più alto dei tassi di interesse sarebbe necessario per contenere le pressioni inflazionistiche”. Il cambiamento di tono della RBA nelle ultime settimana si è fatto sentire sulle quotazioni del Dollaro Australiano, che nel corso delle ultime sedute si è portato ai massimi storici sia contro l’Euro sia contro il Dollaro ed è avanzato anche nei confronti dello Yen giapponese. Infatti, molti investitori che durante l’estate avevano iniziato a scontare le possibilità che la RBA avrebbe potuto iniziare una fase di ribasso dei tassi entro la fine hanno dovuto rivedere tale aspettativa e prendere coscienza che il differenziale sui tassi di interesse diventerà ancora più favorevole alla valuta australiana nei prossimi mesi.
Un rialzo dei tassi di 25 bp è ampiamente scontato dal mercato, con 13 su 21 economisti interpellati da Bloomberg che prevedono un rialzo nel corso della riunione di settimana prossima. Gli economisti di Barclays si spingono addirittura a stimare due interventi restrittivi entro la fine dell’anno: la loro tesi è che l’enorme liquidità in circolazione sui mercati finanziari possa spingere al rialzo i prezzi delle commodities, amplificando il trend positivo dell’economia australiana.
Tuttavia, un rialzo dei tassi nel corso della prossima settimana non è assolutamente certo. Ad esempio Adam Carr, economista di ICAP Australia, ha evidenziato come le minute non abbiano evidenziato alcuna urgenza per la RBA nell’alzare i tassi. Il forte calo dei permessi per costruzione nel mese di agosto (-4.7% m/m) dovrebbe ridurre le possibilità di assistere ad un rialzo dei tassi già nel corso della riunione della prossima settimana. Non a caso, sulla base dei calcoli di Bloomberg, i tassi di mercato scontavano ieri un rialzo dei tassi di 25bp nel corso della prossima settimana con il 48% di possibilità contro il 56% del giorno prima. Un’opzione per la RBA potrebbe essere quella di aspettare la pubblicazione dei dati sull’inflazione, che in Australia sono diffusi su base trimestrale, il prossimo 27 ottobre per valutare l’entità delle pressioni inflazionistiche. Ad ogni modo, qualora la crescita economica cinese dovesse continuare a buon ritmo nei prossimi mesi, favorendo un rialzo dei prezzi delle commodities, tassi più alti in Australia sembrano inevitabili.



martedì 28 settembre 2010

Fiducia dei consumatori in Usa: segnali di una crescita dei consumi moderata nei prossimi mesi

L’indice di fiducia dei consumatori del Conference Board è rimbalzato in agosto da 50,4 a 53,5, ma è rimasto ben al di sotto sia della media a lungo termine (96) sia della media del periodo aprile-giugno (58,03). Nonostante le indicazioni negative arrivate dalla lettura preliminare dell’indice di fiducia dei consumatori dell'Università del Michigan a settembre (l'indice è sceso inaspettatamente da 68,9 a 66,6), ci aspettiamo che il leggero miglioramento del mercato del lavoro nel corso delle ultime settimane, come indicato dalla diminuzione delle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, possano spingere verso l'alto la fiducia dei consumatori nella lettura del Conference Board: la nostra stima è che l'indice salga a 54. Tuttavia, l'indice rimarrebbe su livelli storicamente bassi, indicando un tasso di crescita moderato per le spese dei consumatori nei prossimi mesi.

martedì 21 settembre 2010

Federal Reserve: riunione del FOMC di oggi

Il FOMC è ampiamente atteso lasciare invariato il tasso sui Fed Fund allo 0/0.25% al termine della riunione di politica monetaria della prossima settimana. Dopo la decisione di agosto di reinvestire i proventi derivanti dai titoli delle agenzie di debito garantiti da mutui ipotecari in titoli del Tesoro a lungo termine e di reinvestire i titoli del Tesoro alla loro scadenza sempre in titoli del Tesoro, la Fed è ampiamente attesa attuare un ulteriore processo di allentamento quantitativo nei prossimi mesi. Tuttavia, non ci aspettiamo che la Fed possa implementare tale nel corso della riunione di politica monetaria di oggi. Maggiori informazioni sulle prospettive della politica monetaria della Fed sono presenti nel Global strategy weekly di questa settimana.

lunedì 20 settembre 2010

Spunti per la settimana: Fomc, mercato immobiliare USA, IFO tedesco e minute della BoE

• USA: dati economici pubblicati la scorsa settimana (ossia vendite al dettaglio e produzione industriale) hanno confermato che lo scenario più probabile per l'economia statunitense nei prossimi mesi è per un tasso di crescita moderato . Nel corso della prossima settimana l'attenzione sarà sulla riunione di politica monetaria del FOMC. L'inizio di un nuovo ciclo di allentamento quantitativo non è previsto nella prossima riunione, ma ogni indicazione sarà attentamente monitorato. I dati sul mercato immobiliare dovrebbero confermare che una svolta non è imminente;



• Area Euro: l'indice della fiducia economica Zew è sceso a settembre, segnalando un indebolimento della crescita economica nei prossimi mesi. L'indice di fiducia delle imprese IFO che sarà pubblicato Venerdì dovrebbe conferemare che la crescita del settore industriale nei prossimi mesi sarà più debole;



• UK: Il verbale della riunione di politica monetaria del 09/09 dovrebbe confermare che la BoE ha visto argomenti sia a favore di un aumento dei tassi sia di un ulteriore allentamento dell'orientamento dipolitica monetaria. Nonostante le pressioni inflazionistiche più elevate del previsto  ci aspettiamo che la Bank of England mantenga una posizione attendista nei prossimi mesi;



• Svizzera: la Banca nazionale svizzera ha lasciato il target di riferimento per il Libor a 3 mesi invariato a 0,0-0,75% e confermato la volontà di tenere il Libor nella parte inferiore di questo intervallo, intorno allo 0,25%. La BNS è sembrata preoccupata per quanto riguarda prospettive economiche e di inflazione, aumentando la possibilità di un intervento sul mercato valutario nei prossimi mesi.

mercoledì 15 settembre 2010

Il Giappone interviene sul mercato dei cambi per deprezzare lo Yen

Nel corso della notte il Giappone è intervenuto sul mercato in maniera unilaterale per indebolire lo Yen nei confronti delle principali valute internazionali ed in particolare delo Dollaro USA, contro cui era recentemente salito al massimo degli ultimi 15 anni. Lo Yen sta perdendo al momento attuale più del 2% contro tutte le valute principali ed il Nikkei ha chiuso in rialzo di oltre il 2%. Da valutare, ora, è se tali interventi avranno un effetto duraturo sul mercato dei cambi o solo temporaneo. La letteratura accademica è giunta a risultati contrastanti sui risultati degli interventi delle banche centrali sul mercato dei cambi ed il recente fallimento della Banca Nazionale Svizzera nel fermare l'apprezzamento del Franco Svizzero è un esempio negativo in tal senso. Ad ogni modo, considerando tutti i problemi dell'economia giapponese che abbiamo sottolineato in un nostro articolo dello scorso mese di maggio, non investiremmo nella valuta giapponese in questo momento.

lunedì 13 settembre 2010

Economia cinese: motore di crescita o freno per l'economia globale?

Dopo essersi concentrata sulle prospettive economiche di Stati Uniti ed Area Euro, alla luce dei segnali di rallentamento che sono emersi nel corso delle ultime settimane, l’attenzione di investitori ed economisti si è focalizzata nel corso delle ultime giornate sull’economia cinese. Tra venerdì e sabato, infatti, sono stati diffusi una serie di dati economici molto importanti con riferimento alla seconda economia mondiale, che hanno rafforzato le convinzioni che il destino della crescita economica globale dipenderà sempre più nel corso dei prossimi anni dall’andamento di quella cinese. Tanto più se si dovesse realizzare la stima dell’ex capo economista di Goldman Sachs di un raddoppio del Pil cinese nell’arco di un decennio.
In tal senso segnali positivi sono giunti dall’andamento di produzione industriale e vendite al dettaglio nel corso del mese di agosto. La produzione industriale, infatti, è cresciuta del 13.9% y/y, superando le attese di consensus per un incremento del 13%% y/y e registrando un’accelerazione rispetto al 13.4% y/y di luglio. Ancora più forte è stata la crescita delle vendite al dettaglio: +18.4% y/y contro attese di mercato del 18% y/y e un precedente nel mese di luglio del 17.9% y/y. La crescita più sostenuta delle vendite al dettaglio rispetto alla produzione è stata anche interpretata come il segnale che l’economia cinese si sta lentamente ribilanciando verso una maggiore crescita della domanda interna, elemento giudicato fondamentale da molti esperti per vedere una crescita più equilibrata negli anni a venire. Il calo del surplus di bilancia da USD28.73bn a USD20.3bn nel mese di agosto, grazie al balzo del 35.2% y/y delle importazioni, è stato un’ulteriore importante indicazione di una crescita della domanda interna. Il forte balzo delle importazioni di materie prime, inoltre, evidenzia come le preoccupazioni per un rallentamento dell’economia cinese dopo alcuni dati incerti emersi nelle ultime settimane, in particolare la discesa del PMI manifatturiero a ridosso di 50 (51.2 in luglio, seguito da un rialzo a 51.7 in agosto), potessero essere esagerate. Per quanto un rallentamento del ritmo di crescita del Pil rispetto ai primi due trimestri dell’anno (11.9% y/y e 10.3% y/y rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre dell’anno) sia molto probabile, questa dovrebbe restare sostenuta: ad esempio Bank of America-Merrill Lynch stima una crescita del 9.4% y/y in Q3 ’10 e del 9% in Q4 ’10.
I positivi dati economici pubblicati nel fine settimana potrebbero avere l’effetto di ridurre i timori delle autorità politiche cinesi su un’accelerazione dell’apprezzamento dello Yuan contro il Dollaro statunitense. Tuttavia, il rialzo della valuta cinese continua a restare modesto da quando la Banca Centrale cinese ha eliminato lo scorso 19 giugno l’ancoraggio contro il Dollaro Usa (+1%), e nella seduta di lunedì è stato limitato allo 0,12%, anche se questo ha portato il tasso di cambio Dollaro Usa/Yuan al minimo storico.
In un’ottica di medio periodo, però, una prosecuzione del trend al rialzo dello Yuan nei confronti del Dollaro statunitense sembra inevitabile. Ad esempio, i contratti forward sullo Yuan stimano un incremento dell’1.7% nell’arco di 12 mesi. A giocare a favore di un apprezzamento dello Yuan è anche il rialzo dell’inflazione, che in agosto è salita del 3.5% y/y: un incremento dello Yuan, infatti, rallenterebbe le pressioni inflazinistiche.
Il balzo dell’inflazione è, inoltre, un segnale molto preoccupante per l’economia cinese, poiché rischia di aggravare la maggiore fonte di pericolo per l’economia cinese in questo momento: la forte crescita del mercato immobiliare.
Con l’inflazione al 3.5% y/y, infatti, e il tasso sui depositi al 2.25%, i tassi reali cinesi sono negativi per l’1.25%, situazione che spinge sempre di più i risparmiatori verso forme d’investimento alternative a quella dei depositi bancari, con il settore immobiliare in primo piano. Il rialzo del 9.3% y/y dei prezzi delle case in Agosto ne è una chiara conferma, così come il balzo del 15% del valore delle transazioni. Tali dati indicano chiaramente che i tentativi fatti dal Governo per raffreddare il mercato immobiliare, quali criteri di accesso al credito più stringenti per l’acquisto di seconde e terze case, non hanno per il momento avuto i risultati sperati.
La soluzione più facile per le autorità cinesi per placare un’inflazione in rialzo e un mercato immobiliare in forte crescita con il rischio di una bolla immobiliare sembrerebbe quella di alzare i tassi, come hanno del resto già fatto in Asia Sud Corea, Malesia e India.
Tuttavia, la situazione per le autorità cinesi è più complicata. Il boom del mercato immobiliare, infatti, è stato creato anche da una forte crescita dei crediti, che però potrebbe ben presto a finire. Dopo l’incremento di 545 miliardi di Yuan registrato in Agosto, il totale dei crediti concessi da inizio anno ha raggiunto quota 5694 miliardi, contro un obiettivo stabilito dalle autorità cinesi per l’intero anno di 7500 miliardi. Salvo il caso di una revisione di tale target, che ci sembra improbabile per l’enfasi posta sulla necessità di limitare l’espansione del credito negli scorsi mesi, il totale dei crediti concessi dovrebbe ampiamente diminuire nell’ultima parte del 2010, favorendo una moderazione della crescita dei prezzi. Fintanto che non sarà evidente l’effetto del rallentamento della crescita dei crediti sul mercato immobiliare, le autorità cinesi difficilmente prenderanno una decisione sui tassi di interesse per non correre il rischio di provocare una forte discesa dei prezzi delle case, salvo in caso di una forte accelerazione dei prezzi al consumo. Qualora il mercato immobiliare rallentasse in maniera troppo marcata, infatti, ci sarebbero forti rischi per il sistema finanziario cinese alla luce della forte esposizione del settore sul mercato immobiliare (circa la metà dei nuovi prestiti sarebbero stati usati per investimenti nel settore immobiliare), come evidenziato dal responsabile della Commissione di vigilanza sulle banche Liu Mingkang in una recente intervista. La maggiore sfida per l’economia cinese, quindi, è ora quella di favorire un rallentamento del mercato immobiliare evitando un crollo che ne metterebbe in pericolo la stabilità finanziaria. Dalla riuscita di questa missione dipenderà non solo l’andamento dell’economia cinese ma di quella globale.

venerdì 10 settembre 2010

Spunti per la prossima settimana: fiducia delle imprese e del consumatori in Usa, indice Zew in Germania, riunioni delle banche centrali in Svizzera e Nuova Zelanda

USA: il Beige Book della Fed pubblicato la scorsa settimana ha confermato che l'economia Usa sta rallentando e che un nuovo ciclo di quantitative easing da parte della Fed è una chiara possibilità, anche se non nel breve termine. Nel corso della prossima settimana i dati sulla produzione industriale di agosto e gli indici della fiducia di imprese e consumatori dovrebbero ridurre preoccupazione su un double dip dell’economia degli Stati Uniti, confermando che lo scenario più probabile nei prossimi mesi è di un tasso di crescita moderato. L'inflazione è probabile che continui ad essere moderata;

Area Euro: L'indice di fiducia di analisti ed investitori istituzionali Zew dovrebbe scendere per il quinto mese consecutivo in agosto, anticipando una discesa anche dell’indice di fiducia delle imprese IFO nei prossimi mesi. Il CPI dell’area Euro di agosto dovrebbe confermare che le pressioni inflazionistiche sono limitate;

Regno Unito: la Banca d'Inghilterra ha deciso di mantenere il tasso ufficiale di sconto allo 0,5% e di mantenere lo stock di acquisti di asset a GBP200bn. Nel corso della prossima settimana, il CPI dovrebbe tornare sotto la soglia del 3% per la prima volta dal gennaio scorso;

Svizzera: Nel corso della riunione di politica monetaria della settimana prossima, la BNS è attesa lasciare la fascia obiettivo per il Libor a 3 mesi invariata a 0,0-0,75%. Il punto di maggiore interesse sarà la visione della BNS sull’andamento del Franco Svizzero;

Canada: La Banca del Canada ha deciso di alzare i tassi dallo 0,75% al 1% al termine della riunione di politica monetaria della settimana scorsa;

Nuova Zelanda: la RBNZ dovrebbe alzare di 25bp al 3,25%.

Per maggiori approfondimenti prova il report Top Down Outlook

giovedì 9 settembre 2010

La Norvegia compra bond Greci

Il fondo pensione norvegese - che gestisce i proventi derivati dall'estrazione di petrolio e gas ed è il secondo per dimensioni a livello mondiale con USD450bn in gestione dopo quello di Abu Dhabi - ha annunciato di avere comprato titoli Governativi di Grecia, Spagna, Portogallo e Italia. In particolare è andata contro corrente la scelta di comprare titoli Greci. Considerando le difficoltà del paese (Eurostat ha recentemente dichiarato di non avere ricevuto importanti documenti sul debito pubblico) e la maggiore capacità del fondo norvegese rispetto alla maggior parte degli investitori retail di assorbire eventuali perdite, seguire l'esempio del fondo ci sembra particolarmente rischioso nonostante il suo track record molto positivo nel corso degli anni.

giovedì 2 settembre 2010

Banca Centrale Svizzera in trappola: Franco Svizzero ai massimi contro l'Euro

Forse, a tornare indietro quel riferimento nel comunicato rilasciato al termine dell’incontro di politica monetaria dello scorso 17 giugno al fatto che i rischi di deflazione siano scomparsi grazie al miglioramento dello scenario economico la Banca Centrale Svizzera non lo farebbe più. Questo, infatti, è stato giustamente interpretato dagli investitori come il segnale che le autorità monetarie svizzere non sarebbero più intervenute per rallentare l’apprezzamento del Franco Svizzero nei confronti dell’Euro. E il risultato è stato che il tasso di cambio EUR/CHF ha rafforzato il proprio trend al ribasso, andando a registrare nel corso delle ultime sedute il proprio minimo storico sotto 1.30, grazie anche al calo dei mercati azionari che ha favorito il movimento di fly to safety da parte degli investitori istituzionali. L’apprezzamento del Franco Svizzero contro l’Euro dal giorno dell’ultima riunione della BNS è di oltre il 5% mentre nel 2010 il guadagno della valuta elvetica è di oltre il 12%.
La situazione per la SNB a questo punto è molto delicata: da una parte, infatti, la Banca Centrale Svizzera deve fare i conti con il forte incremento delle riserve in valuta estera nel proprio attivo di bilancio. Queste, infatti, sono salite da CHF94.680bn di fine 2009 a CHF226.657 di fine giugno e costituiscono oltre l‘81% dell’attivo della Banca. Questo la sta esponendo a forti perdite in conto capitale: la SNB ha stimato in CHF14bn la perdita registrata sui tassi di cambio in H1’10.
Dall’altra parte i pericoli di deflazione sembrano essere tutt’altro che spariti, considerando che l’inflazione è scesa per tre mesi consecutivi e rispetto allo stesso periodo dello scorso anno l’incremento è di un modesto 0.4%. In tal senso un appuntamento importante è la pubblicazione venerdì 3 settembre dei dati sull’inflazione di agosto. Le attese di consensus sono per un dato invariato su base mensile con la variazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno stabile allo 0.4%. Da valutare sarà, però, soprattutto l’andamento dell’inflazione core, che in luglio era scesa allo 0.1% y/y e potrebbe vedere un ulteriore calo in agosto.
La discesa dell’inflazione core potrebbe richiedere nuovi interventi espansivi da parte della SNB che sembrano, però, difficili da attuare con tassi praticamente a 0 e interventi sui cambi di difficile attuazione a meno di volere ampliare ulteriormente la quota di valuta estera nel bilancio della SNB (che a quel punto avrebbe tutto il bilancio in Euro). La Banca centrale Svizzera si potrebbe, quindi, trovare in un vicolo cieco con poche frecce al suo arco.
In questo scenario solo un forte recupero dei mercati azionari, che ridurrebbe i movimenti di fly to safety, segnali di forte rallentamento dell’economia svizzera, che renderebbe gli investimenti in svizzera poco attraenti, o un forte incremento dell’inflazione a livello globale, che spingerebbe al rialzo i tassi a livello internazionale rafforzando le altre valute, sembrano essere in grado di invertire in maniera sostenuta il trend di rafforzamento del Franco. Tutti questi scenari, però, al momento attuale sembrano essere poco probabili, in particolare per quel che riguarda la crescita economica svizzera. I dati sul Pil del secondo trimestre che saranno pubblicati giovedì 2 settembre, infatti, dovrebbero mostrare una crescita dello 0.8% q/q e del 2.6% y/y, evidenziando come l’economia elvetica sia una delle principali beneficiarie della ripresa economica internazionale. Inoltre i principali indicatori anticipatori dell’economia svizzera (l’indice KOF, il PMI manifatturiero e l’indice sui consumi elaborato da UBS) continuano ad indicare una prosecuzione della crescita economica nel corso dei prossimi mesi.
Le pressioni al rialzo sui Franco sembrano, così, essere destinate a continuare nel breve termine o almeno sino a quando la BNS non prenderà una nuova posizione sulle politiche di cambio. Il prossimo appuntamento ufficiale della Banca centrale è il prossimo 16 settembre, ma non è da escludere che, qualora il Franco continuasse a rafforzarsi con tale velocità, la BNS possa prendere posizione in una delle prossime giornate.
Dopo i recenti rialzi il Franco Svizzero risulta decisamente sopravvalutato rispetto alla PPP calcolata dall’OCSE: +57% contro il Dollaro USA e +64% contro l’Euro. Questo potrebbe avere effetti negativi sulla crescita economica svizzera, aumentando le pressioni deflazionistiche, anche se per ora questa rimane sostenuta. Ad ogni modo, un rallentamento dell’economia svizzera a partire dai prossimi mesi è una chiara possibilità.

mercoledì 1 settembre 2010

ISM manifatturiero di agosto allontana i timori di recessione. Le borse volano

L'indice ISM manifatturiero è sorprendentemente salito nel mese di agosto da 55,5 a 56,3 contro attese di mercato per un calo a 52,8. L'indice della produzione è salito dal da 57a 59,9 mentre l'indice dei nuovi ordini è sceso da 53,5 a 53,1. L'indice relativo all'occupazione è salito da 58,6 a 60,4, segnalando che l'occupazione nel settore manifatturiero potrebbe continuare a crescere a buon ritmo nei prossimi mesi. L'andamento dell'indice di fiducia delle imprese ISM manifatturiero nel mese di agosto ha allentato le preoccupazione sull'andamento dell'attività economica degli Stati Uniti nei prossimi mesi: i dati confermano che per quanto in rallentamento l'economia statunitense non dovrebbe entrare in recessione nel breve termine. La positiva reazione dei mercati, con lo S&P500 che a metà seduta guadagna oltre il 2.5%, è una naturale conseguenza di tale sorpresa positiva.

martedì 31 agosto 2010

Qualcosa in Europa non funziona

Nel corso delle ultime settimane i dati economici europei hanno sorpreso in positivo, specialmente in Germania, facendo pensare che l'economia europea avrebbe potuto affrontare il probabile rallentamento economico americano con tranquillità. I mercati stanno anticipando che probabilmente non sarà così. Se no come giustificare la discesa del decennale tedesco al minimo storico del 2.11% e il nuovo allargamento degli spread con i decennali dei paesi periferici? La debolezza dell'Euro sembra destinata a proseguire nelle prossime sedute...

Che fine ha fatto il presidente della Banca Popolare Cinese?

Ieri si sono diffuse le voci che il Presidente della Banca Popolare Cinese Zhou Xiaochuan avrebbe abbandonato il paese scappando in USA per i timori di una punizione da parte del Governo Cinese a causa delle perdite per UDS430bn accusate dalla Banca Centrale sugli investimenti in titoli delle agenzie governative statunitensi Fannie Mae e Freddie Mac (guarda qui ).
Stratfor, il sito che aveva lanciato questo rumor ha pubblicato una smentita da parte di organi di stampa cinesi, ma il mistero resta poichè Zhou Xiaochuan non è ancora ufficialmente apparso in pubblico.
Per quanto quesro rumor ci sembra poco credibile, l'evoluzione della situazione merita di essere monitorata poichè potrebbe avere implicazioni sulle relazioni Cina-USA e sugli acquisti di titoli di stato USA da parte della Cina.

lunedì 30 agosto 2010

USA: spese personali migliori del previsto

Le spese personali sono salite più del previsto nel mese di luglio: +0,4% m/m contro un consenso di mercato a 0,3% m/m. Le spese in beni durevoli sono aumentate dello 0,5% e le spese in servizi dello 0,4% m/m. Tuttavia, il reddito personale è aumentato dello 0,2%, meno delle attese di mercato (+0,3% m/m). Il risparmio personale è sceso dal 6,2% al 5,9%. I dati di luglio hanno diminuito le preoccupazioni sulle prospettive dei consumi privati e hanno rafforzato le attese che queste potrebbe crescere ad un ritmo moderato nei prossimi mesi.

domenica 29 agosto 2010

La Banca del Giappone aumenta la politica monetaria espansiva

La Fed non è l'unica Banca Centrale ad espandere la sua politica monetaria espansiva nelle ultime giornate. Oggi, al termine di una riunione d'emergenza, la Banca del Giappone ha deciso di aumentare l'importo dei fondi prestati al settore finanziario di JPY10trn per un totale di JPY30trn. Questi addizionali JPY10trn saranno offerti in crediti a sei mesi, mentre gli altri JPY20trn sano prestati a tre mesi. Il consigliere Miyako Suda ha dissentito con i suoi otto colleghi nella votazione odierna. La decisione è stata una risposta al forte balzo dello Yen nelle ultime settimane, che potrebbe indebolire ulteriormente la crescita economica, ma è altamente improbabile che possa avere un impatto significativo sul mercato valutario nel breve termine. Molti investitori si aspettavano l'annuncio di interventi diretti sul mercato da parte della BoJ.

sabato 28 agosto 2010

Bernake conferma maggiori stimoli monetari in futuro

Nel suo discorso al simposio organizzato dalla Fed di Kansas City, il presidente della Fed Bernanke ha detto che la Fed prenderà in considerazione l’eventualità di estendere il programma di acquisto di titoli di stato sul mercato qualora l’economia dovesse peggiorare e i rischi di deflazione aumentare. Altre alternative per attuare una politica espansiva sono la modifica delle modalità di comunicazione del Fomc e la riduzione degli interessi pagati sulle riserve in eccesso. Tuttavia, nonostante il recente rallentamento dell'economia, Bernanke continua a credere che ci sarà un miglioramento della crescita nel 2011, ma non abbastanza da ridurre in modo sostanziale la disoccupazione. Nel suo discorso di Bernanke ha chiarito che l’allentamento della politica monetaria potrebbe diventare più sostenuto nei prossimi mesi qualora dovesse indebolirsi ulteriormente la crescita economica.

martedì 3 agosto 2010

Che rally i mercati azionari - attenzione ai bond dei mercati emergenti

Un estratto dal report "Top Down Outlook". Per una prova gratuita di un mese vai sul nostro sito www.matrada.it


Contrariamente alle attese medie della vigilia, luglio è stato un mese positivo per i principali mercati azionari internazionali: ad esempio lo S&P500 ed il DJ Eurostoxx hanno guadagnato più del 6%, così come i mercati emergenti, prendendo come riferimento l’indice MSCI mercati emergenti.
A dare fiducia ai mercati sono state le attese, poi rivelatesi corrette, che lo stress test delle banche europee avrebbe rivelato che il sistema finanziario europeo è solido e che non necessiti di forti iniezioni di capitali. Solo 7 (la tedesca Hypo Re, la greca Ate e 5 banche regionali spagnole) delle 91 banche esaminate, infatti, non hanno superato l’esame e richiederanno un aumento di capitale, ma nessuna di queste istituzioni ricopre un ruolo fondamentale nel panorama finanziario europeo. Il ritorno sul mercato del debito internazionale della Grecia, che ha piazzato titoli di stato a 6 mesi per un controvalore di EUR1.624bn, e il buon andamento dell’asta di titoli spagnoli a 15 anni hanno dato ulteriore fiducia al mercato.
Con riferimento ai mercati azionari statunitensi, un ruolo molto positivo è stato giocato dalla stagione delle trimestrali. Gli utili aziendali, infatti, si sono dimostrati migliori delle attese pur molto ottimistiche degli analisti: sulla base dei dati raccolti dall’agenzia di stampa Bloomberg, l’82% delle società che hanno sinora pubblicato i propri conti hanno battuto le attese di consensus, con una crescita dell’utile per azione medio del 60%.
Il positivo andamento delle trimestrali ha permesso ai mercati azionari di mettere da parte gli ultimi dati macroeconomici negativi pubblicati in USA. Nelle ultime settimane, infatti, si sono avute evidenze di un chiaro rallentamento della crescita dell’economia statunitense nel corso dei prossimi mesi. Il segnale più chiaro in tal senso è giunto dagli indici di fiducia dei consumatori di luglio: l’indice dell’Università del Michigan è sceso nella sua versione preliminare al minimo da Novembre ’09 mentre l’indice del Conference Board si è portato al minimo da febbraio ’10. Il calo della fiducia dei consumatori evidenzia come le spese per consumi dovrebbero crescere ad un ritmo molto moderato nel corso dei prossimi mesi, penalizzate da una parte dal solo debole miglioramento del mercato del lavoro nel corso degli ultimi mesi e dall’altra dalla prosecuzione del processo di deleveraging da parte delle famiglie.
Segnali di rallentamento sono, però, giunti anche dal settore industriale, con gli ordini di beni durevoli scesi dell’1% m/m e gli indici di fiducia delle imprese relativi al mese di luglio sinora pubblicati che si sono portati a ridosso dei valori che fanno da spartiacque tra espansione e contrazione all’interno del settore.
Nonostante i segnali di rallentamento della crescita economica giunti nel corso delle ultime settimane, le prospettive di medio periodo per i mercati azionari sembrano restare ancora positive. Infatti, le possibilità di una recessione dell’economia statunitense nel corso dei prossimi trimestri sembrano essere ancora minime considerando che i principali indicatori anticipatori, quali il leading indicator e l’ISM manifatturiero (il dato di luglio sarà pubblicato lunedì 2 agosto) rimangono su valori ancora in linea con una prosecuzione dell’espansione dell’economia statunitense. Solo il leading indicator settimanale calcolato dall’Economic Cycle Research Institute indica le possibilità di un’entrata in recessione dell’economia statunitense, ma tale indicatore ha fornito troppi falsi segnali in passato ed è troppo legato all’andamento del mercato azionario per trarre conclusioni definitive solo sulla base del suo andamento.
Il mercato azionario, inoltre, sembra offrire ancora spazi di crescita agli attuali livelli (S&P500 intorno a 1100). Sulla base del nostro modello di valutazione di lungo periodo che tiene in considerazione il P/e medio degli utili degli ultimi 30 anni e la crescita media degli utili negli ultimi 30 anni, il mercato sembra offrire ancora margini di crescita interessanti anche se non come ai massimi del ’74 e dell’81, cui sono poi seguiti dei mercati al rialzo che sono durati molti anni, o come a marzo ’09 livello cui è poi il successivo rally che non si può ancora considerare concluso. Agli attuali livelli, comunque, lo S&P500 promette un rendimento atteso superiore a quello medio.
Favorevole per il mercato azionario è anche la considerazione che la crescita degli utili dovrebbe proseguire ad un buon ritmo anche nei prossimi trimestri, anche se le attese del consensus degli analisti raccolto da Standard & Poor’s di una crescita del 44% quest’anno e del 16% nel 2011 potrebbero essere troppo ottimistiche sulla base della normale correlazione tra crescita degli utili e crescita economica. Le attese positive sull’andamento della redditività sono alimentate dalla pendenza della curva dei rendimenti: storicamente, infatti, una curva dei rendimenti ripida come quella attuale (il differenziale tra il Governativo a 10 anni e quello a due anni si è attestato al 2,42% a fine luglio) è stata seguita da un forte incremento degli utili nel corso dei 3 anni successivi.
Nonostante abbiano registrato performance simili nel mese di luglio, riteniamo che i mercati azionari statunitensi siano da preferire rispetto a quelli europei grazie alla possibilità che il Dollaro possa tornare a guadagnare nei confronti dell’Euro. Come abbiamo evidenziato sullo scorso numero di Milano finanza, il Dollaro dovrebbe tornare ad apprezzarsi contro la valuta unica europea nei mesi prossimi mesi sia perché ancora sottovalutato sulla base della Parità del Potere d’acquisto calcolata dall’OCSE sia perché dovrebbe attrarre gli investitori sia nel caso di una prosecuzione della crescita economica internazionale, per le possibilità di una maggiore crescita dell’economia statunitense rispetto a quella europea, sia nel caso di un suo peggioramento, per il movimento di fly to safety.
Infine, fintanto che non si avranno evidenze più nette di un marcato rallentamento dell’economia internazionale, i mercati emergenti dovrebbero offrire performance superiori a quelle dei mercati sviluppati. I tassi di crescita di questi paesi, infatti, sono decisamente superiori, come chiaramente testimoniato dalle politiche monetarie restrittive adottate da paesi quali Brasile e India per non fare surriscaldare le loro economie, e anche lo stato dei conti pubblici pare migliore di quello di tanti paesi occidentali. Inoltre, grazie ai maggiori tassi di sviluppo, verso questi paesi dovrebbero continuare a convergere gli investimenti internazionali, favorendo un apprezzamento delle rispettive valute. All’interno di un portafoglio, quindi, azioni e obbligazioni dei paesi emergenti sono da sovrappesare.
All’interno del nostro portafoglio modello i mercati azionari dei paesi emergenti sono presenti praticamente dalla sua costituzione lo scorso mese di dicembre, anche se tra maggio e luglio abbiamo ridotto le posizioni. A partire da questa settimana, in linea con la nostra analisi precedente, inseriamo in portafoglio anche i titoli obbligazionari dei mercati emergenti, prendendo come punto di riferimento l’ETF emesso da Deutsche Bank DB X-Trackers LI Emerging Marktes (simbolo Xemb) che investe in titoli di stato di paesi emergenti.

Pending home sales preview: un rimbalzo non risolutore

Pending home sales - Dopo essere crollate del 30% m/m in maggio, le pending home sales potrebbero registrare un leggero rimbalzo nel mese di giugno, salendo del 7% m/m. Nonostante il miglioramento nel mese di giugno, le pending home sales continuerebbero a indicare che il mercato immobiliare continuerà a rimanere debole nel breve termine.

sabato 31 luglio 2010

Banca centrale della Nuova Zelanda: possibili meno rialzi dei tassi del previsto in futuro

Come previsto, la Banca Centrale della Nuova Zelanda ha alzato i tassi di 25bp al 3% alla fine della riunione della politica monetaria della settimana scorsa. Nel comunicato diffuso al termine della riunione, la RBNZ ha sottolineato che "mentre le prospettive di crescita economica si sono un po’ ridotte, è comunque opportuno continuare a ridurre il livello straordinario di politica monetaria espansiva implementato durante la recessione del 2008/09". Nella dichiarazione la RBNZ anche detto che "il ritmo e la portata degli aumenti dei tassi potrebbero essere più moderati rispetto a quanto previsto nella dichiarazione di giugno". Mentre il nostro scenario di base resta che la RBNZ possa alzare i tassi al 3,5% entro fine anno, diamo atto che, con la RBNZ apparsa scettica sulla ripresa economica mondiale, le possibilità che la fase di rialzo dei tassi sia meno accentuata sono chiaramente aumentate.

domenica 25 luglio 2010

Bernanke di fronte al Senato e debolezza del mercato immobiliare

Nella testimonianza di fronte alla commissione sulle attività bancarie del Senato, il presidente della Federal Reserve Ben Bernanke ha confermato l'indicazione che "le condizioni economiche sono tali da giustificare livelli eccezionalmente bassi dei tassi sui Fed Fund per un periodo prolungato". Anche se ha riconosciuto che "a un certo punto il Comitato dovrà cominciare a rimuovere la politica monetaria espansiva per evitare la formazione di pressioni inflazionistiche", Bernanke ha sottolineato che "le prospettive economiche rimangono insolitamente incerte". Per questo motivo la Fed "rimane pronta ad adottare ulteriori azioni di politica monetaria dovessero essere necessarie per favorire un ritorno alla piena utilizzazione del potenziale produttivo statunitense in un contesto di stabilità dei prezzi". Tra gli strumenti che la Fed può utilizzare per continuare a stimolare l'economia Bernanke ha indicato una riduzione del tasso pagato sulle riserve che le banche detengono presso la Fed e l’utilizzo del bilancio della banca centrale. Nella sua testimonianza, Bernanke è sembrato prudente sulle prospettive di recupero economico a breve termine degli Stati Uniti, sottolineando che la ripresa economica può vacillare nei prossimi mesi, ed ha anticipato che un nuovo stimolo di politica monetaria potrebbe essere necessario. Tuttavia, riteniamo che decisioni su nuovi stimoli monetari non dovrebbero essere prese nel breve, con la Fed che potrebbe ritenere necessaria un'ulteriore prova della crisi economica prima di attuare nuovi stimoli.
I dati pubblicati la scorsa settimana hanno confermato che il mercato immobiliare si è indebolito in maniera consistente dopo la scadenza del credito d'imposta governativo lo scorso 30 aprile. Le costruzioni di nuove case sono diminuite del 5% in giugno a 549 mila unità - il livello più basso da ottobre '09. Le stime di consensus erano per un calo a 577 mila. Le vendite di case esistenti sono scese da 5.66m a 5.37m (consensus a 5.1m). L'indice di fiducia dei costruttori NAHB è sceso nel mese di luglio da 17 a 14 - il valore più basso dall'aprile del 2009 - contro le attese di mercato per un calo a 16. Con il mercato del lavoro ancora debole, le condizioni sul mercato del credito ancora restrittive e la concorrenza sul mercato delle case pignorate che sono vendute ad un prezzo inferiore al costo di costruzione, ci aspettiamo che il mercato immobiliare possa restare debole nei prossimi mesi.
Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione sono scese da 427 mila (rivisto da 429 mila) a 464 mila contro attese di consenso a 445 mila. La media mobile a 4 settimane è salita da 454,75 a 456. Le richieste iniziali di sussidi di disoccupazione per la settimana al 17 luglio hanno indicato che il recupero del mercato del lavoro nel mese di luglio sarà probabilmente molto debole.

martedì 13 luglio 2010

USA: dalle vendite al dettaglio importanti indicazioni per i consumi

Le vendite al dettaglio hanno registrato una forte correzione in maggio, scendendo dell’1,2% m/m (-1,1% m/m ex-auto) con le vendite di auto, materiali da costruzione e presso le stazioni di servizio che sono diminuite in maniera accentuata. Nel mese di giugno le vendite di auto dovrebbero registrare un nuovo forte ribasso, scendendo del 2% m/m. Ci aspettiamo che le vendite al dettaglio perdano lo 0,3% m/m mentre il dato ex-auto dovrebbe rimanere invariato su base mensile. Qualora la nostra stima si rivelasse corretta, le vendita al dettaglio del mese di giugno dovrebbero confermare che la spesa dei consumatori è destinata ad aumentare ad un ritmo solo moderato nei prossimi mesi.

venerdì 9 luglio 2010

La BCE non dà indicazioni sugli stress test

Dal nostro report settimanale Top Down Outlook:

Come ampiamente previsto, la BCE ha lasciato i tassi invariati all'1% al termine della riunione di politica monetaria della settimana scorsa. Dalla conferenza stampa del presidente della BCE Trichet non sono giunte particolari indicazioni sulle mosse future della BCE. Trichet ha ribadito le prospettive economiche presentate nel meeting di politica monetaria del mese scorso. Trichet ha detto che ”l'economia dell'area dell'Euro dovrebbe crescere a un ritmo moderato e irregolare, in un contesto di elevata incertezza" e che "la crescita dei prezzi dovrebbe rimanere moderata nell'orizzonte temporale rilevante per la politica monetaria, beneficiando di basse pressioni interne sui prezzi ". Per quanto riguarda le banche Trichet ha dichiarato: "La sfida rimane per le banche di ampliare la disponibilità del credito al settore non finanziario quando la domanda crescerà. Se necessario, per affrontare questa sfida, le banche dovrebbero trattenere gli utili, ricorrere al mercato per rafforzare ulteriormente il loro capitale o sfruttare appieno le misure di sostegno Governativo per ricapitalizzarsi". La BCE ha inoltre accolto con favore la decisione del Consiglio europeo di pubblicare i singoli risultati degli stress test che saranno effettuati dal comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria (CEBS) in collaborazione con la BCE per le banche dell'Unione europea. Tuttavia, Trichet ha rifiutato di fornire dettagli sulle variabili che saranno prese in considerazione negli stress test e non ha commentato le voci di mercato circolate nei giorni scorsi. Trichet ha detto che le variabili saranno rese pubbliche al momento della pubblicazione dei risultati dello stress test e non prima.

martedì 6 luglio 2010

Cina: crollo o rallentamento del mercato immobiliare?

Che qualcosa dell’economia cinese non convinca gli investitori è evidente guardando la performance della borsa di Shangai, con l’indice Composite che accusa una perdita da inizio anno di oltre il 25%. Gli investitori hanno, così, continuato a guardare la forte crescita registrata nel corso degli ultimi trimestri, con il primo trimestre del 2010 che ha visto un’espansione dell’11.9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, con timore. Tali timori hanno preso corpo nel corso delle ultime giornate con i segnali di rallentamento dell’economia giunti dalla revisione al ribasso, a causa di un errore di calcolo, del leading indicator del Conference Board di aprile e dal ribasso maggiore delle attese del PMI manifatturiero di giugno, sceso da 53.9 a 52.1. Entrambi i dati hanno evidenziato come il ritmo di crescita dell’economia cinese potrebbe rallentare nel corso dei prossimi mesi. Nel corso delle ultime settimane, quindi, si è assistito ad una revisione al ribasso delle stime sulla crescita del Pil cinese per il 2010 da parte di numerose investment bank, tra cui BNP Paribas e Goldman Sachs. Ad esempio Goldman Sachs ha rivisto al ribasso la propria stima per il 2010 dall’11.4% al 10.1%, mentre la stima per il 2011 è al 10%.
Il motivo principale alla base del rallentamento dell’economia cinese dovrebbe essere una minore vivacità nel settore immobiliare a causa delle misure adottate dal Governo per diminuirne il passo di crescita ed evitare il rischio di un surriscaldamento dell’economia. Il mercato immobiliare, infatti, è cresciuto ad un ritmo talmente consistente negli ultimi mesi da fare ritenere a tutti i maggiori esperti dell’economia cinese che questi si trovi all’interno di una bolla speculativa. Unica voce contraria in tal senso è quella del Presidente di Morgan Stanley Asia Stephen Roach, che ha dichiarato che una bolla è presente solo nella parte alta del mercato, mentre quello residenziale classico dovrebbe continuare a beneficiare della migrazione dalle campagne verso le città.
La parte più consistente dei provvedimenti governativi per frenare il comparto immobiliare è stata quella di rendere più stringenti i criteri di accesso al credito per l’acquisto di seconde e terze case. Nelle aree più coinvolti dai rialzi delle case il Governo ha inoltre impedito alle banche di concedere prestiti per l’acquisto di terze case e alcuni organi di stampa hanno anche iniziato a paventare la possibilità dell’introduzione di una tassa di proprietà.
Ma soprattutto a pesare sul comparto immobiliare nella seconda parte dell’anno potrebbe essere il fatto che l’obiettivo di crescita dei crediti fissato dal Governo per l’intero 2010 potrebbe ben presto essere raggiunto, facendo venire meno al mercato un importante motore di crescita: il ricorso alla leva. I dati di maggio, infatti, hanno visto una crescita dei nuovi prestiti di Yuan639bn, con il totale da inizio anno che ha raggiunto Yuan4013bn. L’obiettivo annuo è di Yuan7500bn. Per quanto alcuni economisti, ad esempio Qing Wang di Morgan Stanley, stiano iniziando a considerare l’eventualità che tale soglia sia alzata, le possibilità che questo possa avvenire ci sembrano limitate considerando che la forte espansione del credito è considerata una delle maggiori fonti di pericolo per l’economia cinese, ed in particolare per il sistema bancario.
In maggio si sono visti i primi segnali che tale politica restrittiva con riferimento al comparto immobiliare stia iniziando ad avere qualche effetto sul mercato. Se, infatti, i prezzi sono cresciuti di un robusto 12.4% y/y, seppure in ribasso rispetto al 12.8% y/y di aprile, il controvalore delle transazioni è diminuito del 25%. L’economia cinese si trova ora in un momento molto critico. Per quanto un rallentamento del comparto immobiliare sia fondamentale per non vedere un ulteriore incremento degli squilibri economici, sarà ora molto importante valutare se tale rallentamento sarà ordinato o, al contrario, ci sarà un vero e proprio crollo.
Pessimista sulle prospettive di un rallentamento ordinato del comparto immobiliare cinese è Kenneth Rogoff, professore dell’Università di Harvard ed ex-capo economista del Fondo monetario internazionale. L’economista stima che il mercato immobiliare possa rallentare in maniera molto forte a seguito dell’espansione incontrollata precedente, andando a colpire il sistema bancario.
Un possibile fattore di sostegno per il mercato immobiliare dovrebbe arrivare dall’andamento dei tassi di interesse. Dopo la decisione dello scorso 19 giugno della Banca Popolare Cinese di tornare ad un sistema di cambio dello Yuan più flessibile contro un paniere di valute eliminando l’ancoraggio contro il Dollaro a 6,83 che era stato introdotto nel 2008, la valuta cinese dovrebbe rivalutarsi (in queste settimane è salita dello 0.9% contro il Dollaro), smorzando le pressioni inflazionistiche e rendendo meno pressante la necessità di alzare i tassi di interesse. Ad esempio, gli economisti di Morgan Stanley hanno rivisto la loro stima sull’andamento dei tassi nel corso del 2010, ritenendo che questi rimarranno invariati contro una precedente stima di un rialzo entro la fine dell’anno.
La pubblicazione nel corso della prossima settimana di tutti i principali dati macroeconomici cinesi promette, quindi, di essere un appuntamento molto importante per i mercati. L’andamento del mercato immobiliare, dei nuovi crediti e dei prezzi al consumo sono i dati da guardare con maggiore attenzione poiché determineranno le prossime mosse della Banca Popolare Cinese, in particolare con riferimento ai tassi di interesse.

domenica 4 luglio 2010

USA: mercato del lavoro più debole delle attese

I dati pubblicati nel corso dell’ultima settimana sono stati generalmente peggiori delle attese, aumentando i timori sulle prospettive di crescita dell’economia statunitense. In particolare sono stati dati sul mercato del lavoro a deludere le attese, con la creazione di posti di lavoro nel settore privato limitata a 83 mila unità contro attese di consensus di +110 mila (nel complesso sono stati persi 125 mila posti a causa dei licenziamenti legati al censimento decennale). Il tasso di disoccupazione è sceso dal 9.7% al 9.5% solo per la discesa della forza lavoro, a dimostrazione di come esista ancora un grande numero di persone che stanno rinunciando a cercare un posto di lavoro perché scoraggiati. Le ore lavorate settimanali sono scese dello 0.3% m/m e i salari orari dello 0.1% m/m.
L’indice di fiducia dei consumatori pubblicato nel corso della settimana è stato più basso del previsto, aumentando le preoccupazioni sulla forza della crescita economica Usa nel secondo semestre del 2010, in particolare per quel che riguarda le prospettive dei consumatori.
Sia il Chicago PMI sia l'ISM manifatturiero sono scesi in giugno, rispettivamente a 59,1 e 56,2. Nonostante i dati si siano confermati su un valore coerente con un proseguimento della tendenza al rialzo della produzione manifatturiera nei prossimi mesi, gli indici hanno rafforzato le attese che la crescita economica statunitense possa rallentare in H2 '10 e che possa essere inferiore a quanto precedentemente previsto.
Il dato sulle pending home sales ha confermato che il mercato immobiliare è crollato in maggio per la scadenza del credito fiscale del governo lo scorso 30 aprile: -30% m/m. Il mercato immobiliare è destinato a rimanere debole ancora per molti mesi. L'aumento dei prezzi delle case evidenziato dall’indice dei prezzi delle case S&P/Case-Shiller (+0,4% m/m su base destagionalizzata) dovrebbe rivelarsi un rimbalzo solo temporaneo.

lunedì 28 giugno 2010

Cosa è successo in USA: Riunione della Fed, mercato immobiliare, Pil e fiducia dei consumatori

Al termine della riunione di politica monetaria della scorsa settimana, il FOMC ha rafforzato le attese che un aumento dei tassi non è probabile almeno fino alla fine del 2010. Il FOMC ha confermato, con il voto contrario di Thomas Hoening come nelle tre precedenti riunioni, l'opinione che "il basso tasso di utilizzo delle risorse, le tendenze dell’inflazione sotto controllo, e le aspettative di inflazione stabili, sono tali da giustificare livelli eccezionalmente bassi dei tassi sui Fed Fund per un periodo esteso ". La principale novità nel comunicato rilasciato al termine della riunione è che il FOMC, contrariamente a quanto dichiarato da Bernanke davanti alla commissione bilancio della Camera dei Rappresentanti il 9 giugno, ha indicato che la crisi europea potrebbe danneggiare la crescita economica americana, sottolineando che "le condizioni finanziarie sono diventate meno favorevoli della crescita economica, rispecchiando l'evoluzione sui mercati esteri ". La Fed ha anche indicato che la ripresa economica è destinata a proseguire ad un ritmo moderato nei prossimi mesi e che l'inflazione sarà probabilmente modesta per qualche tempo.
I dati sul mercato immobiliare pubblicati la scorsa settimana hanno confermato che il settore è stato influenzato negativamente dalla scadenza del credito d'imposta il 30 aprile. Le vendite di case esistenti sono diminuite del 2,2% m/m e vendite di case nuove del 32,7% m/m a 300k - il minimo storico della serie. Il settore è destinato a rimanere debole per i prossimi mesi.
Rassicuranti indicazioni sulle prospettive economiche degli Stati Uniti sono arrivate dagli ordini di beni durevoli di maggio, dalle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione e dall’indice di fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan. Gli ordini di beni durevoli sono risultati in linea con le attese di consensus in maggio (+0,9% m/m nella versione ex-trasporti), anticipando che il recupero del settore industriale dovrebbe proseguire nei prossimi mesi. Le richieste settimanali di sussidi di disoccupazione sono scese un po’ più del previsto durante la settimana scorsa, indicando che il recente aumento delle richieste potrebbe rivelarsi temporaneo, rafforzando la nostra opinione che il mercato del lavoro statunitense dovrebbe avere continuato a migliorare in giugno anche se a ritmo lento. L’indice di fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan è salito nella versione finale a 76 dal preliminare a 75.5 e da 73,6 di maggio. L’indice ha evidenziato come le spese personali potrebbero migliorare nel corso dei prossimi mesi anche se a un ritmo moderato. L’indice rimane, infatti, ben al di sotto della media storica di lungo periodo a 90, segnalando come il processo di deleveraging da parte delle famiglie e l’elevato livello del tasso di disoccupazione dovrebbero pesare a lungo sul settore.
Infine la stima finale sul Pil di Q1 ’10 ha visto una revisione al ribasso dal 3% al 2.7%, con sia le spese personali sia gli investimenti che hanno registrato un andamento peggiore di quanto pensato in precedenza. Questo potrebbe portare ad una revisione al ribasso delle stime per il 2010 ed il 2011 delle stime degli economisti.

venerdì 25 giugno 2010

La Banca d'Inghilterra teme l'andamento dell'inflazione

Le minute della riunione di politica monetaria della BoE del 9/10 giugno hanno contenuto una grande sorpresa: un membro del Comitato (Andrew Sentance) ha votato contro la decisione di mantenere i tassi invariati allo 0,5%, preferendo un aumento allo 0,75%. Il motivo dietro il suo voto è stato l’andamento superiore alle attese dell'inflazione nei mesi scorsi. Tuttavia, in base alle minute, l'andamento dell'inflazione sta preoccupando l'intero comitato di politica monetaria. Le minute hanno sottolineato che l'inflazione è stata maggiore del previsto negli ultimi mesi e che potrebbe rimanere al di sopra del target se le aspettative sull’inflazione del settore privato dovessero salire. I maggiori rischi sulle prospettive di inflazione sono stati considerati i provvedimenti che saranno annunciati nel piano di correzione del deficit pubblico e le "notevoli incertezze circa il margine di capacità inutilizzata e la forza della sua influenza sull'inflazione". Nonostante il voto di un membro a favore di un rialzo dei tassi, riteniamo che la costruzione di un consenso all'interno della BoE verso una rimozione della politica monetaria espansiva sarà difficile nel breve termine a causa della crescita economica moderata. Solo nel caso l’inflazione dovesse rivelarsi superiore alle attese nella seconda parte del 2010 la BoE potrebbe considerare di alzare i tassi.

mercoledì 23 giugno 2010

La Norges Bank dovrebbe lasciare i tassi invariati al 2%

Dal nostro report settimanale "Top Down Outlook"

Norges Bank, decisione sui tassi di interesse (Mercoledì 23) - Come previsto, la Norges Bank ha deciso nel corso dell'ultima riunione di politica monetaria dello scorso 5 maggio di aumentare i tassi di 25bp al 2%. Tuttavia, l'alternativa di lasciare i tassi invariati all'1.75% era stata presa in considerazione in quanto le prospettive di inflazione e crescita economica sono state in linea con le previsioni ma "il rischio di una recessione rinnovata in Europa può suggerire che sarebbe opportuno lasciare i tassi d'interesse invariati a questo incontro ". La Norges Bank aveva anche detto che i tassi resteranno probabilmente invariati "sino alla pubblicazione del prossimo rapporto sulla politica monetaria, il 23 giugno 20". Con l'attività economica che cresce a un ritmo moderato (il PIL totale nel 1° trimestre è cresciuto dello 0,1% q/q e il PIL continentale dello 0,6% q/q) e le pressioni inflazionistiche contenute (a maggio il CPI-ATE è salito dell’1,5% y/y, in calo dall’1,7% y/y in aprile), riteniamo che la Norges Bank possa lasciare i tassi invariati al 2% alla fine della riunione di politica monetaria della settimana prossima. Le incertezze sulle prospettive economiche europee contribuiranno a mantenere i tassi invariati. Nel rapporto di politica monetaria che sarà pubblicato alla fine della riunione, la Norges Bank diffonderà le sue nuove proiezioni sull’andamento dei tassi nei prossimi mesi. Nella relazione del 22 marzo la Norges Bank aveva previsto che i tassi sarebbero cresciuti al 2,5% circa entro la fine dell'anno per poi aumentare ulteriormente al 3,5% entro la fine del 2011. Ci aspettiamo che la Banca Norges lasci le proiezioni per il 2010 invariate ma riteniamo possibile una revisione al ribasso delle stime per il 2011: il tasso chiave potrebbe aumentare al 3% entro la fine del 2011.

lunedì 21 giugno 2010

La Cina permette una rivalutazione dello Yuan

La People's Bank of China  ha dichiarato nel corso del fine settimana di abbandonare il tasso di cambio fisso a 6,83 dello Yuan nei confronti del Dollaro che era stato adottato durante la crisi globale, per proteggere gli esportatori. La banca centrale ha detto che, mentre non c'è alcuna base per un forte rialzo della valuta, sarà consentita "una maggiore flessibilità" del tasso di cambio. La PBOC ha detto in una dichiarazione che una moneta più flessibile porterà vantaggi alla domanda interna e contribuirà a contenere una eccessiva dipendenza delle esportazioni. Prima di essere congelato nel luglio 2008 il tasso di cambio si era apprezzato del 21% contro il dollaro nei tre anni precedenti.

Mercato del lavoro Usa in difficoltà

Dal nostro report settimanale Top Down Outlook

I dati pubblicati nel corso della scorsa settimana hanno avuto un andamento contrastato. Mentre i dati sulla produzione industriale di maggio hanno confermato che nel breve periodo le prospettive per il settore rimangono positivo, salendo dell’1,2% m/m (produzione manifatturiera a 0,9% m/m), l'aumento delle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione (salite da 460K a 472K) è stato un ulteriore segnale che il miglioramento del mercato del lavoro in maggio potrebbe essere molto contenuto. In caso di miglioramento del mercato del lavoro ad un ritmo moderato, la crescita della spesa dei consumatori potrebbe rimanere debole nei mesi a venire.
Per quanto riguarda il settore immobiliare, il forte rallentamento delle costruzioni di nuove case in maggio e l’indice di fiducia dei costruttori di giugno hanno indicato come il settore potrebbe rallentare in maniera molto marcata nel breve termine a causa della scadenza lo scorso 30 aprile del credito d'imposta governo.
Infine, i dati sui prezzi al consumo di maggio hanno confermato che le pressioni inflazionistiche sono praticamente inesistenti negli Stati Uniti in questo momento, rafforzando l'opinione che la Fed non avrà alcuna urgenza dell’alzare i tassi. I prezzi al consumo sono scesi dello 0,2% m/m (2% y/y) mentre il CPI core è aumentato dello 0,1% m/m (0,9% y/y).

giovedì 17 giugno 2010

Stop della Banca Centrale Svizzera agli interventi sul forex. Positivo per il Franco Svizzero

Come ampiamente previsto, la BNS ha lasciato la fascia obiettivo per il Libor a tre mesi invariato a 0,00-0,75%, con l'obiettivo di tenere il Libor nella parte inferiore di questo intervallo, intorno allo 0,25%. Nel comunicato rilasciato alla fine della riunione di politica monetaria, la BNS ha indicato di essere molto ottimista sulle prospettive dell’economia interna. La proiezione sulla crescita del PIL per il 2010 è stata rivista al rialzo dal 1,5% al 2%. La BNS ha detto che "Anche se l'indebolimento dell'Euro rispetto al Franco Svizzero sta smorzando l’andamento delle esportazioni, queste sono sostenute dalla crescita della domanda estera". Ma la vera sorpresa nel comunicato è stata che la BNS ha detto che i rischi di deflazione sono scomparsi, nonostante il declino del CPI core allo 0,2% y/y in maggio. La BNS ha rivisto al rialzo le sue previsioni per il 2010 e il 2011 (dallo 0,7% allo 0,9% e dallo 0,9% all'1%, rispettivamente) e l'inflazione è stata prevista al 2,2% nel 2012. Dovesse l'inflazione evolversi in linea con le previsioni della BNS, un rialzo dei tassi il prossimo anno sarebbe inevitabile. Il ridimensionamento da parte della BNS dei rischi di deflazione, con l'indicazione che solo in caso di una nuova minaccia di deflazione la BNS adotterebbe tutte le misure necessarie per garantire la stabilità dei prezzi, e le proiezioni di inflazione per i prossimi anni sono un segno che l'intervento della BNS sui mercati valutari per limitare l'apprezzamento del Franco svizzero potrebbe essere conclusi. Nonostante la sua sopravvalutazione secondo la PPP dell'OCSE, il Franco svizzero potrebbe continuare ad apprezzarsi nel breve termine.

martedì 15 giugno 2010

Bernanke chiede maggiore rigore fiscale ad Obama

Questo è un estratto del nostro report settimanale "Top Down Outlook"

Dalla testimonianza del Presidente della Fed Bernanke davanti alla commissione sul bilancio della Camera dei rappresentanti non sono emerse particolari novità né per quanto riguarda le prospettive economiche né sull’inflazione. Bernanke ha detto che la crescita economica dovrebbe proseguire ad un ritmo moderato, con il tasso di disoccupazione che dovrebbe rimanere su livelli elevati per il prossimo futuro e che l'inflazione dovrebbe rimanere contenuta. Per quanto riguarda l'outlook fiscale Bernanke ha detto che " il bilancio federale sembra essere su un sentiero insostenibile". Bernanke ha indicato che è importante pianificare un percorso fiscale sostenibile nei prossimi anni per ridurre il disavanzo. Bernanke ha concluso "Il raggiungimento nel lungo termine della sostenibilità fiscale sarà difficile. Ma se tale sforzo non sarà fatto, nel lungo periodo, non avremo né stabilità finanziaria né una crescita economica sana". Bernanke ha anche detto che la riduzione del disavanzo pubblico avrà un effetto positivo sulla crescita economica, portando ad una riduzione dei tassi di interesse.
La Fed ha anche pubblicato il Beige Book. Il rapporto ha indicato che l'attività economica ha continuato a migliorare, ma che in molti distretti il tasso di crescita è stato modesto. Le spese dei consumatori e gli investimenti aziendali sono aumentati, così come gli investimenti residenziali sulla scia della scadenza del credito d'imposta. I prezzi sono stati in gran parte stabili. Il Beige Book è in linea con il discorso di Bernanke e ha confermato che un aumento dei tassi non è sulla carta per molti mesi.
I dati pubblicati nel corso della settimana hanno evidenziato una discesa delle richieste di sussidi di disoccupazione inferiore alle attese e una forte contrazione delle vendite al dettaglio (-1.2% m/m) in maggio. L’indice di fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan è, invece, salito più delle attese (da 73.6 a 75.5, consensus a 74), indicando che le spese dei consumatori dovrebbero crescere ad un ritmo moderato nel corso dei mesi a venire.

venerdì 11 giugno 2010

Una Joint Venture tra il NY Times ed il Sole 24 ore?

Edward Hugh per gli amanti della blogosfera è uno degli economisti più famosi avendo tenuto per anni diversi blog sull'andamento delle principali economie internazionali (questo è quello sull'Italia). Ora che le sue previsioni negative sull'andamento dell'Euro si stanno avverando, Hugh è salito alla ribalta della cronaca, tanto che il Sole 24 ore ne ha parlato Giovedì 10 in un interessantissimo articolo (la versione online L'Euro così non va, parola di mister nessuno). Molto interessante l'anedotto dei soldi presi a prestito per comprare un vestito e quello dei soldi rifiutati dal Milken istitute. Ma, un attimo, dove le ho già lette queste notizie? forse sull'articolo del NY times di martedì 8 (The Blog Prophet of Euro zone Doom). Che dire, Mr Hugh è proprio il tuo momento di gloria!

giovedì 10 giugno 2010

BoE e BCE, banche centrali sotto assedio e poche cartucce da sparare

Area Euro e Regno Unito sono in questo momento le due regioni maggiormente al centro dell’attenzione degli investitori internazionali per i timori sulla sostenibilità dei loro conti pubblici. Se, infatti, i problemi dei paesi periferici dell’area Euro sono ben noti al mercato da diverse settimane e tali da portare alla creazione di un fondo da EUR750 miliardi per salvare i paesi più indebitati, nel corso della settimana sono state le dichiarazioni dell’agenzia di rating Fitch ad evidenziare come la situazione in UK sia molto delicata. Fitch ha, infatti, evidenziato come il Regno Unito sia in ritardo rispetto alle altre nazioni europee nell’implementare misure per ridurre il deficit e ha sottolineato come lo sforzo per riportare i conti sotto controllo sarà enorme. Il deficit britannico dovrebbe, infatti, salire sopra l’11% del Pil nell’anno in corso dal 10.5% nel 2009 e scendere solo leggermente sotto il 10% nel 2011. Al termine del periodo di riferimento il debito pubblico del Regno Unito dovrebbe salire all’88% del Pil. Per quanto il nuovo primo ministro Cameron abbia annunciato l’imminente presentazione di un piano di riduzione del deficit, che dovrebbe avere conseguenze negative sulla vita di tutti i cittadini del Regno come da lui stesso dichiarato, questo non è stato ancora reso pubblico aumentando le incertezze sulla sua efficacia.
In questo scenario si terranno oggi le riunioni di politica monetaria di BCE e Bank of England. Da entrambe le riunioni non sono attese variazioni di politica monetaria, ma indicazioni importanti dovrebbero emergere in particolare con riferimento alla conferenza stampa che il presidente della BCE Trichet terrà al termine dell’incontro del Consiglio Direttivo. Durante la conferenza stampa, il Presidente Trichet avrà la possibilità di discutere gli ultimi avvenimenti che la BCE ha dovuto affrontare, a partire dalla decisione di acquistare Titoli di Stato. Trichet spiegherà le motivazioni della decisione, che era stata negata durante l’ultima conferenza stampa per poi deciderne l’adozione dopo due giorni, portando ad una frattura all’interno della BCE. Il presidente della Bundesbank Webber ha, infatti, dimostrato di non approvare tale decisione ritenendola pericolosa per il futuro della BCE e ha dichiarato di sperare che tali acquisti terminino nel più breve tempo possibile. Trichet, inoltre, potrebbe fornire un aggiornamento sul programma: sulla base degli ultimi dati disponibili la BCE ha acquistato sul mercato titoli per EUR40.5bn.
L’aspetto più importante della conferenza stampa dovrebbe, però, essere la pubblicazione da parte della BCE delle nuove proiezioni sulla crescita del PIL e dell'inflazione. Queste permetteranno di valutare l'impatto che la BCE pensi possa avere sull'economia della zona euro nel suo insieme la crisi del debito nei paesi periferici. Nel mese di marzo gli esperti della BCE avevano previsto una crescita del PIL dello 0,8% e dell’1,5% nel 2010 e nel 2011 rispettivamente e l’inflazione all’1,2% nel 2010 e all’1,5% nel 2011. A nostro avviso la BCE potrebbe apportare solo modifiche leggere alle stime precedenti, considerando che la debolezza dell’Euro potrebbe compensare l'impatto negativo della crisi del debito. I primi dati pubblicati con riferimento al mese di maggio, del resto, hanno evidenziato come il settore industriale possa continuare a beneficiare nel breve termine dalla forza della ripresa a livello globale. Ad esempio, l’indice di fiducia delle imprese tedesche IFO di maggio è rimasto sostanzialmente invariato a ridosso dei massimi degli ultimi due anni mentre la fiducia degli imprenditori francesi e italiani è addirittura aumentata in maggio. Solo l’indice di fiducia di analisti ed investitori istituzionali Zew è sceso più delle attese, ma tale ribasso appare comprensibile alla luce del forte ribasso dei mercati azionari nelle ultime settimane. Infine, la BCE dovrebbe confermare che i tassi non dovrebbero spostarsi dall’1% per diversi mesi e almeno per tutto il 2010.
Con riferimento alla Bank of England, la riunione di oggi non dovrebbe portare novità di rilievo. Nonostante l’inflazione sia stata superiore alle attese negli ultimi mesi, la BoE non dovrebbe modificare nel breve termine né il livello dei tassi di interesse (0,5%), né la dimensione del programma di allentamento quantitativo (GBP200bp). Infatti, le proiezioni della BoE continuano a vedere un calo delle pressioni inflazionistiche nella seconda metà dell'anno, a causa dell’elevato livello della capacità produttiva inutilizzato e, a meno che tale diminuzione non si materializzi, la BoE dovrebbe lasciare i tassi invariati allo 0,5% almeno fino alla fine dell'anno. Inoltre, la possibilità che il Governo possa implementare un piano di riduzione del debito, che potrebbe andare a colpire le prospettive di crescita dell’economia, favorirebbe un’estensione della politica monetaria espansiva per non andare a penalizzare ulteriormente la crescita economica.

Solo una nuova recessione potrebbe, invece, spingere la BoE ad estendere il programma di acquisto di asset. Nonostante la ripresa economica inglese appaia ancora molto fragile, le possibilità di una nuova recessione nel breve sembrano piuttosto basse. Lo scenario più probabile, quindi, appare quello che la BoE lasci sia i tassi sia il programma di QE invariato fino al 2011.