martedì 28 settembre 2010

Fiducia dei consumatori in Usa: segnali di una crescita dei consumi moderata nei prossimi mesi

L’indice di fiducia dei consumatori del Conference Board è rimbalzato in agosto da 50,4 a 53,5, ma è rimasto ben al di sotto sia della media a lungo termine (96) sia della media del periodo aprile-giugno (58,03). Nonostante le indicazioni negative arrivate dalla lettura preliminare dell’indice di fiducia dei consumatori dell'Università del Michigan a settembre (l'indice è sceso inaspettatamente da 68,9 a 66,6), ci aspettiamo che il leggero miglioramento del mercato del lavoro nel corso delle ultime settimane, come indicato dalla diminuzione delle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, possano spingere verso l'alto la fiducia dei consumatori nella lettura del Conference Board: la nostra stima è che l'indice salga a 54. Tuttavia, l'indice rimarrebbe su livelli storicamente bassi, indicando un tasso di crescita moderato per le spese dei consumatori nei prossimi mesi.

martedì 21 settembre 2010

Federal Reserve: riunione del FOMC di oggi

Il FOMC è ampiamente atteso lasciare invariato il tasso sui Fed Fund allo 0/0.25% al termine della riunione di politica monetaria della prossima settimana. Dopo la decisione di agosto di reinvestire i proventi derivanti dai titoli delle agenzie di debito garantiti da mutui ipotecari in titoli del Tesoro a lungo termine e di reinvestire i titoli del Tesoro alla loro scadenza sempre in titoli del Tesoro, la Fed è ampiamente attesa attuare un ulteriore processo di allentamento quantitativo nei prossimi mesi. Tuttavia, non ci aspettiamo che la Fed possa implementare tale nel corso della riunione di politica monetaria di oggi. Maggiori informazioni sulle prospettive della politica monetaria della Fed sono presenti nel Global strategy weekly di questa settimana.

lunedì 20 settembre 2010

Spunti per la settimana: Fomc, mercato immobiliare USA, IFO tedesco e minute della BoE

• USA: dati economici pubblicati la scorsa settimana (ossia vendite al dettaglio e produzione industriale) hanno confermato che lo scenario più probabile per l'economia statunitense nei prossimi mesi è per un tasso di crescita moderato . Nel corso della prossima settimana l'attenzione sarà sulla riunione di politica monetaria del FOMC. L'inizio di un nuovo ciclo di allentamento quantitativo non è previsto nella prossima riunione, ma ogni indicazione sarà attentamente monitorato. I dati sul mercato immobiliare dovrebbero confermare che una svolta non è imminente;



• Area Euro: l'indice della fiducia economica Zew è sceso a settembre, segnalando un indebolimento della crescita economica nei prossimi mesi. L'indice di fiducia delle imprese IFO che sarà pubblicato Venerdì dovrebbe conferemare che la crescita del settore industriale nei prossimi mesi sarà più debole;



• UK: Il verbale della riunione di politica monetaria del 09/09 dovrebbe confermare che la BoE ha visto argomenti sia a favore di un aumento dei tassi sia di un ulteriore allentamento dell'orientamento dipolitica monetaria. Nonostante le pressioni inflazionistiche più elevate del previsto  ci aspettiamo che la Bank of England mantenga una posizione attendista nei prossimi mesi;



• Svizzera: la Banca nazionale svizzera ha lasciato il target di riferimento per il Libor a 3 mesi invariato a 0,0-0,75% e confermato la volontà di tenere il Libor nella parte inferiore di questo intervallo, intorno allo 0,25%. La BNS è sembrata preoccupata per quanto riguarda prospettive economiche e di inflazione, aumentando la possibilità di un intervento sul mercato valutario nei prossimi mesi.

mercoledì 15 settembre 2010

Il Giappone interviene sul mercato dei cambi per deprezzare lo Yen

Nel corso della notte il Giappone è intervenuto sul mercato in maniera unilaterale per indebolire lo Yen nei confronti delle principali valute internazionali ed in particolare delo Dollaro USA, contro cui era recentemente salito al massimo degli ultimi 15 anni. Lo Yen sta perdendo al momento attuale più del 2% contro tutte le valute principali ed il Nikkei ha chiuso in rialzo di oltre il 2%. Da valutare, ora, è se tali interventi avranno un effetto duraturo sul mercato dei cambi o solo temporaneo. La letteratura accademica è giunta a risultati contrastanti sui risultati degli interventi delle banche centrali sul mercato dei cambi ed il recente fallimento della Banca Nazionale Svizzera nel fermare l'apprezzamento del Franco Svizzero è un esempio negativo in tal senso. Ad ogni modo, considerando tutti i problemi dell'economia giapponese che abbiamo sottolineato in un nostro articolo dello scorso mese di maggio, non investiremmo nella valuta giapponese in questo momento.

lunedì 13 settembre 2010

Economia cinese: motore di crescita o freno per l'economia globale?

Dopo essersi concentrata sulle prospettive economiche di Stati Uniti ed Area Euro, alla luce dei segnali di rallentamento che sono emersi nel corso delle ultime settimane, l’attenzione di investitori ed economisti si è focalizzata nel corso delle ultime giornate sull’economia cinese. Tra venerdì e sabato, infatti, sono stati diffusi una serie di dati economici molto importanti con riferimento alla seconda economia mondiale, che hanno rafforzato le convinzioni che il destino della crescita economica globale dipenderà sempre più nel corso dei prossimi anni dall’andamento di quella cinese. Tanto più se si dovesse realizzare la stima dell’ex capo economista di Goldman Sachs di un raddoppio del Pil cinese nell’arco di un decennio.
In tal senso segnali positivi sono giunti dall’andamento di produzione industriale e vendite al dettaglio nel corso del mese di agosto. La produzione industriale, infatti, è cresciuta del 13.9% y/y, superando le attese di consensus per un incremento del 13%% y/y e registrando un’accelerazione rispetto al 13.4% y/y di luglio. Ancora più forte è stata la crescita delle vendite al dettaglio: +18.4% y/y contro attese di mercato del 18% y/y e un precedente nel mese di luglio del 17.9% y/y. La crescita più sostenuta delle vendite al dettaglio rispetto alla produzione è stata anche interpretata come il segnale che l’economia cinese si sta lentamente ribilanciando verso una maggiore crescita della domanda interna, elemento giudicato fondamentale da molti esperti per vedere una crescita più equilibrata negli anni a venire. Il calo del surplus di bilancia da USD28.73bn a USD20.3bn nel mese di agosto, grazie al balzo del 35.2% y/y delle importazioni, è stato un’ulteriore importante indicazione di una crescita della domanda interna. Il forte balzo delle importazioni di materie prime, inoltre, evidenzia come le preoccupazioni per un rallentamento dell’economia cinese dopo alcuni dati incerti emersi nelle ultime settimane, in particolare la discesa del PMI manifatturiero a ridosso di 50 (51.2 in luglio, seguito da un rialzo a 51.7 in agosto), potessero essere esagerate. Per quanto un rallentamento del ritmo di crescita del Pil rispetto ai primi due trimestri dell’anno (11.9% y/y e 10.3% y/y rispettivamente nel primo e nel secondo trimestre dell’anno) sia molto probabile, questa dovrebbe restare sostenuta: ad esempio Bank of America-Merrill Lynch stima una crescita del 9.4% y/y in Q3 ’10 e del 9% in Q4 ’10.
I positivi dati economici pubblicati nel fine settimana potrebbero avere l’effetto di ridurre i timori delle autorità politiche cinesi su un’accelerazione dell’apprezzamento dello Yuan contro il Dollaro statunitense. Tuttavia, il rialzo della valuta cinese continua a restare modesto da quando la Banca Centrale cinese ha eliminato lo scorso 19 giugno l’ancoraggio contro il Dollaro Usa (+1%), e nella seduta di lunedì è stato limitato allo 0,12%, anche se questo ha portato il tasso di cambio Dollaro Usa/Yuan al minimo storico.
In un’ottica di medio periodo, però, una prosecuzione del trend al rialzo dello Yuan nei confronti del Dollaro statunitense sembra inevitabile. Ad esempio, i contratti forward sullo Yuan stimano un incremento dell’1.7% nell’arco di 12 mesi. A giocare a favore di un apprezzamento dello Yuan è anche il rialzo dell’inflazione, che in agosto è salita del 3.5% y/y: un incremento dello Yuan, infatti, rallenterebbe le pressioni inflazinistiche.
Il balzo dell’inflazione è, inoltre, un segnale molto preoccupante per l’economia cinese, poiché rischia di aggravare la maggiore fonte di pericolo per l’economia cinese in questo momento: la forte crescita del mercato immobiliare.
Con l’inflazione al 3.5% y/y, infatti, e il tasso sui depositi al 2.25%, i tassi reali cinesi sono negativi per l’1.25%, situazione che spinge sempre di più i risparmiatori verso forme d’investimento alternative a quella dei depositi bancari, con il settore immobiliare in primo piano. Il rialzo del 9.3% y/y dei prezzi delle case in Agosto ne è una chiara conferma, così come il balzo del 15% del valore delle transazioni. Tali dati indicano chiaramente che i tentativi fatti dal Governo per raffreddare il mercato immobiliare, quali criteri di accesso al credito più stringenti per l’acquisto di seconde e terze case, non hanno per il momento avuto i risultati sperati.
La soluzione più facile per le autorità cinesi per placare un’inflazione in rialzo e un mercato immobiliare in forte crescita con il rischio di una bolla immobiliare sembrerebbe quella di alzare i tassi, come hanno del resto già fatto in Asia Sud Corea, Malesia e India.
Tuttavia, la situazione per le autorità cinesi è più complicata. Il boom del mercato immobiliare, infatti, è stato creato anche da una forte crescita dei crediti, che però potrebbe ben presto a finire. Dopo l’incremento di 545 miliardi di Yuan registrato in Agosto, il totale dei crediti concessi da inizio anno ha raggiunto quota 5694 miliardi, contro un obiettivo stabilito dalle autorità cinesi per l’intero anno di 7500 miliardi. Salvo il caso di una revisione di tale target, che ci sembra improbabile per l’enfasi posta sulla necessità di limitare l’espansione del credito negli scorsi mesi, il totale dei crediti concessi dovrebbe ampiamente diminuire nell’ultima parte del 2010, favorendo una moderazione della crescita dei prezzi. Fintanto che non sarà evidente l’effetto del rallentamento della crescita dei crediti sul mercato immobiliare, le autorità cinesi difficilmente prenderanno una decisione sui tassi di interesse per non correre il rischio di provocare una forte discesa dei prezzi delle case, salvo in caso di una forte accelerazione dei prezzi al consumo. Qualora il mercato immobiliare rallentasse in maniera troppo marcata, infatti, ci sarebbero forti rischi per il sistema finanziario cinese alla luce della forte esposizione del settore sul mercato immobiliare (circa la metà dei nuovi prestiti sarebbero stati usati per investimenti nel settore immobiliare), come evidenziato dal responsabile della Commissione di vigilanza sulle banche Liu Mingkang in una recente intervista. La maggiore sfida per l’economia cinese, quindi, è ora quella di favorire un rallentamento del mercato immobiliare evitando un crollo che ne metterebbe in pericolo la stabilità finanziaria. Dalla riuscita di questa missione dipenderà non solo l’andamento dell’economia cinese ma di quella globale.

venerdì 10 settembre 2010

Spunti per la prossima settimana: fiducia delle imprese e del consumatori in Usa, indice Zew in Germania, riunioni delle banche centrali in Svizzera e Nuova Zelanda

USA: il Beige Book della Fed pubblicato la scorsa settimana ha confermato che l'economia Usa sta rallentando e che un nuovo ciclo di quantitative easing da parte della Fed è una chiara possibilità, anche se non nel breve termine. Nel corso della prossima settimana i dati sulla produzione industriale di agosto e gli indici della fiducia di imprese e consumatori dovrebbero ridurre preoccupazione su un double dip dell’economia degli Stati Uniti, confermando che lo scenario più probabile nei prossimi mesi è di un tasso di crescita moderato. L'inflazione è probabile che continui ad essere moderata;

Area Euro: L'indice di fiducia di analisti ed investitori istituzionali Zew dovrebbe scendere per il quinto mese consecutivo in agosto, anticipando una discesa anche dell’indice di fiducia delle imprese IFO nei prossimi mesi. Il CPI dell’area Euro di agosto dovrebbe confermare che le pressioni inflazionistiche sono limitate;

Regno Unito: la Banca d'Inghilterra ha deciso di mantenere il tasso ufficiale di sconto allo 0,5% e di mantenere lo stock di acquisti di asset a GBP200bn. Nel corso della prossima settimana, il CPI dovrebbe tornare sotto la soglia del 3% per la prima volta dal gennaio scorso;

Svizzera: Nel corso della riunione di politica monetaria della settimana prossima, la BNS è attesa lasciare la fascia obiettivo per il Libor a 3 mesi invariata a 0,0-0,75%. Il punto di maggiore interesse sarà la visione della BNS sull’andamento del Franco Svizzero;

Canada: La Banca del Canada ha deciso di alzare i tassi dallo 0,75% al 1% al termine della riunione di politica monetaria della settimana scorsa;

Nuova Zelanda: la RBNZ dovrebbe alzare di 25bp al 3,25%.

Per maggiori approfondimenti prova il report Top Down Outlook

giovedì 9 settembre 2010

La Norvegia compra bond Greci

Il fondo pensione norvegese - che gestisce i proventi derivati dall'estrazione di petrolio e gas ed è il secondo per dimensioni a livello mondiale con USD450bn in gestione dopo quello di Abu Dhabi - ha annunciato di avere comprato titoli Governativi di Grecia, Spagna, Portogallo e Italia. In particolare è andata contro corrente la scelta di comprare titoli Greci. Considerando le difficoltà del paese (Eurostat ha recentemente dichiarato di non avere ricevuto importanti documenti sul debito pubblico) e la maggiore capacità del fondo norvegese rispetto alla maggior parte degli investitori retail di assorbire eventuali perdite, seguire l'esempio del fondo ci sembra particolarmente rischioso nonostante il suo track record molto positivo nel corso degli anni.

giovedì 2 settembre 2010

Banca Centrale Svizzera in trappola: Franco Svizzero ai massimi contro l'Euro

Forse, a tornare indietro quel riferimento nel comunicato rilasciato al termine dell’incontro di politica monetaria dello scorso 17 giugno al fatto che i rischi di deflazione siano scomparsi grazie al miglioramento dello scenario economico la Banca Centrale Svizzera non lo farebbe più. Questo, infatti, è stato giustamente interpretato dagli investitori come il segnale che le autorità monetarie svizzere non sarebbero più intervenute per rallentare l’apprezzamento del Franco Svizzero nei confronti dell’Euro. E il risultato è stato che il tasso di cambio EUR/CHF ha rafforzato il proprio trend al ribasso, andando a registrare nel corso delle ultime sedute il proprio minimo storico sotto 1.30, grazie anche al calo dei mercati azionari che ha favorito il movimento di fly to safety da parte degli investitori istituzionali. L’apprezzamento del Franco Svizzero contro l’Euro dal giorno dell’ultima riunione della BNS è di oltre il 5% mentre nel 2010 il guadagno della valuta elvetica è di oltre il 12%.
La situazione per la SNB a questo punto è molto delicata: da una parte, infatti, la Banca Centrale Svizzera deve fare i conti con il forte incremento delle riserve in valuta estera nel proprio attivo di bilancio. Queste, infatti, sono salite da CHF94.680bn di fine 2009 a CHF226.657 di fine giugno e costituiscono oltre l‘81% dell’attivo della Banca. Questo la sta esponendo a forti perdite in conto capitale: la SNB ha stimato in CHF14bn la perdita registrata sui tassi di cambio in H1’10.
Dall’altra parte i pericoli di deflazione sembrano essere tutt’altro che spariti, considerando che l’inflazione è scesa per tre mesi consecutivi e rispetto allo stesso periodo dello scorso anno l’incremento è di un modesto 0.4%. In tal senso un appuntamento importante è la pubblicazione venerdì 3 settembre dei dati sull’inflazione di agosto. Le attese di consensus sono per un dato invariato su base mensile con la variazione rispetto allo stesso periodo dello scorso anno stabile allo 0.4%. Da valutare sarà, però, soprattutto l’andamento dell’inflazione core, che in luglio era scesa allo 0.1% y/y e potrebbe vedere un ulteriore calo in agosto.
La discesa dell’inflazione core potrebbe richiedere nuovi interventi espansivi da parte della SNB che sembrano, però, difficili da attuare con tassi praticamente a 0 e interventi sui cambi di difficile attuazione a meno di volere ampliare ulteriormente la quota di valuta estera nel bilancio della SNB (che a quel punto avrebbe tutto il bilancio in Euro). La Banca centrale Svizzera si potrebbe, quindi, trovare in un vicolo cieco con poche frecce al suo arco.
In questo scenario solo un forte recupero dei mercati azionari, che ridurrebbe i movimenti di fly to safety, segnali di forte rallentamento dell’economia svizzera, che renderebbe gli investimenti in svizzera poco attraenti, o un forte incremento dell’inflazione a livello globale, che spingerebbe al rialzo i tassi a livello internazionale rafforzando le altre valute, sembrano essere in grado di invertire in maniera sostenuta il trend di rafforzamento del Franco. Tutti questi scenari, però, al momento attuale sembrano essere poco probabili, in particolare per quel che riguarda la crescita economica svizzera. I dati sul Pil del secondo trimestre che saranno pubblicati giovedì 2 settembre, infatti, dovrebbero mostrare una crescita dello 0.8% q/q e del 2.6% y/y, evidenziando come l’economia elvetica sia una delle principali beneficiarie della ripresa economica internazionale. Inoltre i principali indicatori anticipatori dell’economia svizzera (l’indice KOF, il PMI manifatturiero e l’indice sui consumi elaborato da UBS) continuano ad indicare una prosecuzione della crescita economica nel corso dei prossimi mesi.
Le pressioni al rialzo sui Franco sembrano, così, essere destinate a continuare nel breve termine o almeno sino a quando la BNS non prenderà una nuova posizione sulle politiche di cambio. Il prossimo appuntamento ufficiale della Banca centrale è il prossimo 16 settembre, ma non è da escludere che, qualora il Franco continuasse a rafforzarsi con tale velocità, la BNS possa prendere posizione in una delle prossime giornate.
Dopo i recenti rialzi il Franco Svizzero risulta decisamente sopravvalutato rispetto alla PPP calcolata dall’OCSE: +57% contro il Dollaro USA e +64% contro l’Euro. Questo potrebbe avere effetti negativi sulla crescita economica svizzera, aumentando le pressioni deflazionistiche, anche se per ora questa rimane sostenuta. Ad ogni modo, un rallentamento dell’economia svizzera a partire dai prossimi mesi è una chiara possibilità.

mercoledì 1 settembre 2010

ISM manifatturiero di agosto allontana i timori di recessione. Le borse volano

L'indice ISM manifatturiero è sorprendentemente salito nel mese di agosto da 55,5 a 56,3 contro attese di mercato per un calo a 52,8. L'indice della produzione è salito dal da 57a 59,9 mentre l'indice dei nuovi ordini è sceso da 53,5 a 53,1. L'indice relativo all'occupazione è salito da 58,6 a 60,4, segnalando che l'occupazione nel settore manifatturiero potrebbe continuare a crescere a buon ritmo nei prossimi mesi. L'andamento dell'indice di fiducia delle imprese ISM manifatturiero nel mese di agosto ha allentato le preoccupazione sull'andamento dell'attività economica degli Stati Uniti nei prossimi mesi: i dati confermano che per quanto in rallentamento l'economia statunitense non dovrebbe entrare in recessione nel breve termine. La positiva reazione dei mercati, con lo S&P500 che a metà seduta guadagna oltre il 2.5%, è una naturale conseguenza di tale sorpresa positiva.