venerdì 15 ottobre 2010

La Banca Centrale Canadese ferma il rialzo dei tassi

Il rallentamento della crescita economica statunitense nel corso dell’estate, con i timori di un double dip dell’economia che hanno portato la Fed a programmare un nuovo programma di allentamento quantitativo probabilmente già a partire dal mese di novembre, sta iniziando a farsi sentire anche sulle decisioni delle altre banche centrali. Un primo esempio in tal senso è stata la decisione dello scorso 5 ottobre della Banca centrale giapponese di abbassare i tassi dallo 0.1% ad un target compreso tra lo 0 e lo 0.1% e di acquistare asset sul mercato, compresi ETF e fondi immobiliari, per un controvalore di 5 mila miliardi di Yen. Ma un esempio più lampante dell’effetto del rallentamento economico statunitense e della nuova politica della Fed si avrà la prossima settimana con la riunione della Banca centrale Canadese. Le autorità monetarie canadesi, infatti, sono ampiamente attese lasciare i tassi invariati all’1% al termine della riunione di martedì 19 (nessun economista nel consensus di Bloomberg stima una variazione dei tassi di interesse), interrompendo la fase di riduzione dello stimolo monetario che era iniziata lo scorso giugno e che aveva finora visto tre rialzi consecutivi dei tassi dello 0.25%.
Nel corso del comunicato pubblicato lo scorso 8 settembre dopo la decisione di alzare i tassi dallo 0.75% all’1%, la Bank of Canada aveva, infatti, evidenziato come ogni ulteriore riduzione dello stimolo monetario avrebbe dovuto essere considerata attentamente alla luce delle straordinarie incertezze che circondano lo scenario economico. L’interruzione della fase di rialzo dei tassi appare, quindi, del tutto giustificata alla luce non solo del rallentamento statunitense ma anche dei segnali di incertezza provenienti dall’economia canadese. Gli ultimi dati economici pubblicati hanno, infatti, evidenziato come le vendite al dettaglio siano scese nel corso del mese di luglio dello 0.1% m/m, favorendo una contrazione del Pil mensile sempre dello 0.1% m/m, i permessi per costruzione siano scesi del 9.2% m/m in Agosto e come l’occupazione sia inaspettatamente diminuita di oltre sei mila unità in settembre. Inoltre, gli ultimi dati sui prezzi al consumo relativi al mese di agosto (quelli di settembre saranno pubblicati la prossima settimana e non sono attesi evidenziare particolari novità) hanno sottolineato come le pressioni inflazionistiche siano molto contenute, con il CPI che, all’1.7% y/y, rimane ben al di sotto dell’obiettivo della Banca di un’inflazione al 2%.
Ma il principale motivo dietro la decisione di mantenere i tassi fermi potrebbe essere quello di non volere vedere il Dollaro canadese continuare a rafforzarsi in maniera sostenuta nei confronti del Biglietto verde. Gli Stati Uniti, infatti, rappresentano circa il 75% delle esportazioni canadesi e un nuovo rafforzamento del Dollaro canadese nei confronti della valuta statunitense potrebbe essere un duro colpo per le società esportatrici. Nel corso del 2010, infatti, il Loonie (nome con cui è comunemente chiamato il Dollaro canadese) è già avanzato di quasi il 5% contro il Dollaro statunitense e si trova ora a ridosso dei minimi dell’anno. Un ulteriore rialzo dei tassi, infatti, avrebbe molto probabilmente la conseguenza di spingere al rialzo il Dollaro canadese poiché gli renderebbe il differenziale sui tassi di interesse sempre più favorevole: con tassi all’1.25%, infatti, solo Australia, Nuova Zelanda e Norvegia all’interno dei paesi maggiori avrebbero tassi di interesse maggiori. Nelle operazioni di carry trade, quindi, il Loonie rischierebbe di diventare una valuta da acquistare, contribuendo a spingerla ulteriormente al rialzo.
Per questi motivi, quindi, la Banca centrale Canadese potrebbe decidere di mantenere i tassi fermi non solo nel corso della riunione della prossima settimana, ma anche in quella del 7 dicembre e del 18 gennaio. Salvo il caso di una forte contrazione dell’economia, la fase di normalizzazione dei tassi di interesse potrebbe ricominciare a partire dal mese di marzo, considerando che il rialzo dei prezzi delle commodities dovrebbe sostenere l’attività economica canadese nei prossimi mesi. Ad esempio, gli economisti della Royal Bank of Canada stimano che i tassi saranno alzati al 2.25% per la fine del 2011. Con queste premesse le prospettive del Dollaro canadese sembrano restare positive in un’ottica di medio periodo.

venerdì 1 ottobre 2010

Banca Centrale Australiana pronta ad un rialzo dei tassi

La Banca Centrale Australiana si smarca dalle altre principali banche centrali. Se, infatti, tutte le maggiori banche centrali internazionali hanno iniziato a valutare nel corso delle ultime settimane l’eventualità di intervenire nuovamente a sostegno delle proprie economie in senso espansivo, la Reserve Bank of Australia è chiamata a decidere nel corso della riunione che si terrà il prossimo martedì 5 ottobre se alzare nuovamente i tassi di interesse, portandoli dal 4.5% al 4.75%, o lasciarli invariati per il quinto mese consecutivo. Per la RBA si tratterebbe del settimo rialzo dei tassi a partire dallo scorso mese di ottobre, quando è iniziata la fase di rimozione della politica monetaria espansiva.
Ad alimentare le aspettative di un rialzo dei tassi sono state prima le dichiarazioni del Governatore Glenn Stevens e poi le minute della riunione dello scorso mesi di settembre. In particolare queste ultime hanno evidenziato come il momento molto favorevole delle economie asiatiche stia favorendo una forte crescita dell’economia australiana grazie al boom degli investimenti nel settore minerario, i cui effetti positivi si estenderanno al resto dell’economia. La RBA stima, quindi, un’accelerazione della crescita economica nel 2011, dopo che già i dati del 2010 si stanno rivelando migliori delle attese. La crescita del Pil nel secondo trimestre sì è, ad esempio, assestata all’1.2% q/q ed al 3.3% y/y, il numero degli occupati è salito di 30 mila unità nel mese di agosto, con il tasso di disoccupazione in calo dal 5.3% al 5.1% e anche il numero di prestiti concessi per l’acquisto di case è tornato a salire in agosto.
Gli ultimi dati sulla bilancia commerciale pubblicati in settembre hanno evidenziato come il surplus di bilancia commerciale si mantenga a ridosso dei massimi storici grazie, prevalentemente, alle esportazioni di materie prime nei paesi asiatici (le esportazioni verso la Cina rappresentano il 25% delle esportazioni totali).
L’elevato utilizzo della capacità produttiva, inoltre, potrebbe incrementare le pressioni al rialzo sui prezzi mettendo in pericolo il raggiungimento dell’obiettivo della banca Centrale Australiana di un’inflazione compresa tra il 2 ed il 3%. Per questo motivo, hanno concluso le minute della riunione di settembre “qualora i rischi derivanti dal rallentamento dell’economia statunitense e dai suoi effetti su quella asiatica dovessero essere contenuti, un livello più alto dei tassi di interesse sarebbe necessario per contenere le pressioni inflazionistiche”. Il cambiamento di tono della RBA nelle ultime settimana si è fatto sentire sulle quotazioni del Dollaro Australiano, che nel corso delle ultime sedute si è portato ai massimi storici sia contro l’Euro sia contro il Dollaro ed è avanzato anche nei confronti dello Yen giapponese. Infatti, molti investitori che durante l’estate avevano iniziato a scontare le possibilità che la RBA avrebbe potuto iniziare una fase di ribasso dei tassi entro la fine hanno dovuto rivedere tale aspettativa e prendere coscienza che il differenziale sui tassi di interesse diventerà ancora più favorevole alla valuta australiana nei prossimi mesi.
Un rialzo dei tassi di 25 bp è ampiamente scontato dal mercato, con 13 su 21 economisti interpellati da Bloomberg che prevedono un rialzo nel corso della riunione di settimana prossima. Gli economisti di Barclays si spingono addirittura a stimare due interventi restrittivi entro la fine dell’anno: la loro tesi è che l’enorme liquidità in circolazione sui mercati finanziari possa spingere al rialzo i prezzi delle commodities, amplificando il trend positivo dell’economia australiana.
Tuttavia, un rialzo dei tassi nel corso della prossima settimana non è assolutamente certo. Ad esempio Adam Carr, economista di ICAP Australia, ha evidenziato come le minute non abbiano evidenziato alcuna urgenza per la RBA nell’alzare i tassi. Il forte calo dei permessi per costruzione nel mese di agosto (-4.7% m/m) dovrebbe ridurre le possibilità di assistere ad un rialzo dei tassi già nel corso della riunione della prossima settimana. Non a caso, sulla base dei calcoli di Bloomberg, i tassi di mercato scontavano ieri un rialzo dei tassi di 25bp nel corso della prossima settimana con il 48% di possibilità contro il 56% del giorno prima. Un’opzione per la RBA potrebbe essere quella di aspettare la pubblicazione dei dati sull’inflazione, che in Australia sono diffusi su base trimestrale, il prossimo 27 ottobre per valutare l’entità delle pressioni inflazionistiche. Ad ogni modo, qualora la crescita economica cinese dovesse continuare a buon ritmo nei prossimi mesi, favorendo un rialzo dei prezzi delle commodities, tassi più alti in Australia sembrano inevitabili.