mercoledì 31 agosto 2011

ISM manifatturiero e mercato del lavoro. Inizio settembre da brivi per l'economia USA

È stato un mese di agosto pieno di preoccupazioni per l’economia e i mercati finanziari statunitensi che sono stati in balia delle discussioni al Congresso per l’incremento della soglia del debito pubblico, del downgrade di Standard & Poor’s e dei primi segnali di rallentamento del ciclo economico.
Anche l’inizio di settembre non promette di essere di relax per gli investitori: nei primi due giorni del mese la pubblicazione dell’indice di fiducia delle imprese ISM manifatturiero, in calendario oggi, e del rapporto sul mercato del lavoro di agosto, domani, sono attesi dare indicazioni molto importanti sulle prospettive dell’economia a stelle e strisce da qui a fine anno, se non oltre.
Le maggiori indicazioni negative dovrebbero arrivare dall’ISM manifatturiero. In linea con l’andamento degli indici di fiducia delle imprese a livello regionale sinora pubblicati nel corso del mese, tutti risultati peggiori delle attese di consensus con l’eccezione del Chicago PMI, il maggiore indice di fiducia a livello nazionale dovrebbe registrare una contrazione da 50.9 a 48.5, scendendo sotto la soglia di 50 che demarca espansione da recessione per la prima volta dal luglio 2009.
L’indice segnalerebbe, così, una contrazione del settore manifatturiero nei prossimi 2/3 mesi, anche se per indicare una recessione sarebbe necessaria una contrazione ancora maggiore. Sulla base delle stime dell’Institute of Supply Management che prepara l’indice, solo una discesa sotto 42.5 ha storicamente portato ad una recessione dell’intera economia statunitense.
Una prosecuzione del trend al ribasso dell’ISM – a febbraio l’indice si trovava a 61.4 – avrebbe delle negative conseguenze sull’andamento sia del mercato obbligazionario che di quello azionario. Una discesa della fiducia delle imprese, infatti, è stata storicamente associata a performance negative del mercato azionario e ad un ribasso dei rendimenti obbligazionari. Con il calo dell’indice che potrebbe proseguire anche nei mesi a venire, in linea con la sua tendenza a muoversi in trend ben definiti, le premesse per i mercati finanziari non sarebbero positive.




Notizie confortanti non sono attese neanche con riferimento all’andamento del mercato del lavoro. In agosto il numero di posti di lavoro creati secondo le stime di consensus dovrebbe essere di 75 mila, un valore inferiore ai 117 mila di luglio e non in grado di portare ad un miglioramento sostanziale del quadro occupazionale. Il dato sarebbe in linea con l’andamento delle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, rimaste sopra la soglia critica delle 400 mila unità nelle ultime settimane. Il tasso di disoccupazione dovrebbe, così, restare invariato al 9.1%, mentre il tasso di partecipazione dovrebbe restare sotto la soglia del 64% segnalando come una fetta sempre maggiore di popolazione stia rinunciando a cercare un’occupazione.
Quel che è più preoccupante è che anche le prospettive di medio periodo del mercato del lavoro restano deboli. Un segnale negativo è giunto dall’andamento della voce job hard to get all’interno dell’indice di fiducia dei consumatori del Conference Board pubblicato martedì 30: l’indice è salito da 44.1 a 49.1, il valore più alto da novembre 2009, evidenziando come i consumatori vedano un peggioramento del mercato del lavoro nel breve.
A pesare sulle prospettive del quadro occupazionale è anche il rallentamento dell’economia USA. La crescita annua del Pil reale, infatti, anticipa l’andamento del mercato del lavoro di un trimestre. Con il tasso di crescita in netto indebolimento in Q2 (il dato rivisto pubblicato la scorsa settimana ha evidenziato una crescita limitata all’1.5% y/y) appare utopistico attendersi un miglioramento del mercato del lavoro nel breve.
La debolezza del mercato del lavoro potrebbe pesare sull’andamento delle spese personali, da cui dipende oltre il 70% del Pil, nei prossimi trimestri. Con il processo di deleveraging ancora ben lontano dall’essere finito, il ribasso dei prezzi delle case che ha colpito la ricchezza delle famiglie, il potere d’acquisto fiaccato dal balzo dell’inflazione e la crescita del reddito disponibile penalizzata dalla debole creazione di posti di lavoro è difficile immaginare che le spese personali possano tornare a crescere al ritmo pre-crisi nel breve. Un motivo in più per attendersi una crescita contenuta dell’economia statunitense nei trimestri a venire.

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martedì 30 agosto 2011

Povero Robinson Crusoe!

Vi segnalo questo bellissimo post tratto da finanza.com: "Le iperboli capitalistiche e le parabole finanziarie di Robinson Crusoe"


Fiducia dei consumatori americani in picchiata. Segnale negativo per le spese personali

Nel blog di ieri “Mai puntare contro il consumatore statunitense?” avevamo segnalato come le spese personali statunitensi nel mese di luglio avessero sorpreso positivamente registrando un rialzo dello 0.8% m/m. L’entusiasmo generato da tale dato è stato immediatamente smorzato oggi dalla pubblicazione dell’indice di fiducia dei consumatori del Conference Board di agosto: l’indice è sceso da 59.2 a 44.5, il valore più basso dall’aprile ’09. Le attese di consensus erano per un calo a 52.5. Particolarmente preoccupante per l’andamento del mercato del lavoro (il rapporto sul mercato del lavoro sarà pubblicato il prossimo venerdì 2 settembre) è il balzo da 44.8 a 49.1 della voce Job hard to get, segnale di come le condizioni sul mercato del lavoro si stiano deteriorando. Il calo della fiducia dei consumatori anticipa una crescita molto moderata delle spese personali, da cui dipende oltre il 70% del Pil statunitense, nei prossimi mesi. L’attenzione si sposta ora sull’andamento dell’ISM manifatturiero (giovedì 1) e del mercato del lavoro (venerdì 2).

Italia: Modifiche alla manovra finanziaria. Intanto i rendimenti salgono

Ieri sera il Governo ha annunciato delle modifiche alla manovra finanziaria che era stata annunciata ad inizio agosto. Le principali novità sono presentate in questo articolo del Corriere della Sera. Il ministro Tremonti ha evidenziato come le modifiche sono state fatte a saldi invariati, cioè il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013 è stato confermato. Non sono, però, state introdotte nuove misure per cercare di dare un impulso alla crescita economica: i rischi che il Pil possa crescere ad un ritmo inferiore all’1% nel 2012 sembrano essere notevolmente aumentati nel breve a causa dei segnali di rallentamento a livello internazionale mettendo a rischio il raggiungimento di tali obiettivi. La stessa Banca d’Italia ha messo in guardia dagli effetti restrittivi che la manovra potrebbe avere sulla crescita economica. A livello europeo segnali negativi sono giunti settimana scorsa dall’indice di fiducia delle imprese IFO, come evidenziato dal nostro articolo “Indice IFO peggiore delle attese

In questo scenario è difficile immaginare che i rendimenti dei Governativi italiani possano fare a meno del sostegno della BCE ancora per diversi mesi. Le aste di titoli del tesoro, dove la BCE non può intervenire per mandato, tenutesi oggi hanno visto i rendimenti a 10 anni salire al 5.22% con una domanda in calo rispetto all’asta tenutasi il 28 luglio (quando i rendimenti furono al 5.77%): il bid to cover ratio è sceso da 1.38 a 1.27. Lo spread tra il decennale italiano e quello tedesco è salito a 295 punti base, il più alto dal 9 agosto. Un segnale che i mercati non sono pienamente convinti dall’indirizzo preso dai conti pubblici.

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lunedì 29 agosto 2011

Mai puntare contro il consumatore statunitense?

Le spese personali statunitensi sono state migliori delle attese di consensus nel mese di luglio: +0.8% m/m contro attese a +0.5% m/m. In linea con le attese è stato l’andamento del reddito personale, salito dello 0.3% m/m, mentre il tasso di risparmio è sceso dal 5.5% al 5%. Le spese reali sono aumentate dello 0.5% m/m, evidenziando un forte rimbalzo dopo la debolezza del secondo trimestre quando erano rimaste praticamente invariate. Quest’ultimo dato, anche se tale ritmo di crescita non è sostenibile nei prossimi mesi, segnala come le spese personali potrebbero rimbalzare nel terzo trimestre, guidando l’intera economia statunitense (le spese personali rappresentano oltre il 70% del Pil). In ottica prospettica sarà da valutare l’andamento dell’indice di fiducia dei consumatori che sarà pubblicato domani e dal quale non sono attese indicazioni confortanti: l’indice, infatti, è atteso scendere da 59.5 a 52, minimo dal dicembre ’10, valore che segnalerebbe una crescita contenuta delle spese nei prossimi 2/3 mesi.

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venerdì 26 agosto 2011

Svizzera: il KOF scende e aumenta le pressioni sulla Banca Centrale

L’indice KOF, barometro per capire lo stato dell’economia svizzera, ha registrato nel mese di agosto una brusca flessione, scendendo da 1.98 a 1.61 contro attese di consensus a 1.80. Nonostante il forte calo, l’indice è rimasto su un valore in linea con una crescita del Pil superiore alla media storica (2.2% y/y contro 1.6% y/y). Tuttavia il forte ribasso dell’indice sottolinea come la forza del Franco Svizzero (che dopo la pubblicazione del dato ha perso oltre il 2% contro l’Euro) stia iniziando ad avere un effetto negativo sull’economia elvetica attraverso una flessione delle esportazioni ed una contrazione dei margini di profitto. Dopo gli interventi già attuati nel mese di agosto le pressioni sulla Banca Centrale Svizzera per agire nuovamente nel caso di nuovi rialzi della valuta restano elevate.
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giovedì 25 agosto 2011

Cosa aspettarsi da Bernanke a Jackson Hole?

Il simposio organizzato dalla Fed di Kansas City dal 1978 a Jackson Hole, sperduta valle vicino al confine occidentale del Wyoming, è stato per anni un barboso incontro tra banchieri centrali, ministri finanziari e accademici in cui erano discussi modelli matematici e altre stregonerie simili per cercare di migliorare l’efficienza della politica monetaria. Nulla di particolarmente interessante non solo per il pubblico indistinto ma anche per la maggior parte di analisti ed investitori. Tale simposio, però, è entrato al centro del panorama finanziario internazionale lo scorso anno quando, a sorpresa, il presidente della Fed Bernanke ha indicato che un’ulteriore mossa di politica monetaria espansiva, comunemente denominata QE2, sarebbe stata possibile nei mesi a venire per ridurre i rischi di un’entrata in deflazione dell’economia statunitense.
Per questo motivo, ai primi segnali di rallentamento del ciclo economico a stelle e strisce emersi nel corso dell’estate, molti investitori hanno caricato di attese il discorso che Bernanke terrà oggi al simposio, con la speranza che sia annunciato un nuovo intervento espansivo, il cosiddetto QE3. Il rimbalzo dei mercati azionari negli ultimi giorni è il chiaro segnale di come i mercati si aspettino una nuova iniezione di liquidità da parte della Fed, che potrebbe sostenere gli indici azionari per alcuni mesi, come avvenuto in occasione del QE2.
Le attese degli investitori, però, potrebbero essersi fatte troppo ottimistiche. Bernanke, infatti, nella sua testimonianza odierna potrebbe deludere gli investitori limitandosi a mantenere le porte aperte ad un ulteriore intervento espansivo qualora la situazione economica dovesse continuare a peggiorare, senza però indicare che questo sia imminente.
Rispetto allo scorso, infatti, le condizioni economiche sembrano essere profondamente diverse. In particolare è la dinamica dell’inflazione ad essere completamente cambiata. Se l’anno scorso l’inflazione era in un chiaro trend al ribasso, con il dato generale all’1.3% y/y e il cpi core all’1%, ora le pressioni inflazionistiche sono in netto rialzo: l’inflazione, a causa anche del balzo dei prezzi delle commodity figlio del QE2, è al 3.6% y/y, mentre il cpi core è salito sino all’1.8%. Dati che evidenziano non solo come i pericoli di deflazione, che erano stati alla base del QE2, siano svaniti ma come, al contrario, nel breve dovrebbe essere l’incremento dei prezzi al consumo a preoccupare. Solo il riemergere di timori di deflazione potrebbe spingere la Fed ad agire nuovamente in maniera espansiva, considerando che l’utilità di un QE3 è messa in dubbio da molti analisti.
Lo scenario del mercato del lavoro è a sua volta in miglioramento, anche se la sua debolezza continua ad essere uno dei maggiori fattori di preoccupazione per l’economia statunitense: il tasso di disoccupazione è sceso dal 9.6% dello scorso mese di agosto al 9.1% in luglio. Inoltre la Fed ha già annunciato al termine della riunione di politica monetaria dello scorso 9 agosto un’ulteriore mossa espansiva, indicando che i tassi sui Fed Fund dovrebbero restare invariati allo 0% sino alla metà del 2013. L’indicazione esplicita di un periodo temporale in cui i tassi sarebbero rimasti a zero, andando così ad influenzare i rendimenti lungo tutti i tratti della curva, era del resto una delle opzioni indicate da Bernanke per continuare nella politica monetaria espansiva con i tassi allo 0% nel suo famoso discorso del 2002 “Deflation: Making Sure It Doesn't Happen Here”, considerato la Bibbia del pensiero Bernankiano.
La discesa nel corso dell’estate dei rendimenti a lungo termine, con il decennale portandosi nei dintorni del 2%, ha inoltre fatto venire meno uno dei principali strumenti che avrebbe potuto adottare la Fed, ossia fissare un livello basso del decennale andando a influenzare tutti gli altri tassi di mercato.
Con la discesa del decennale, gli strumenti a disposizione della Fed si sono notevolmente assottigliati. Gli esperti puntano ora sul fatto che la Banca Centrale possa modificare la composizione dei titoli nel suo portafoglio, allungandone la duration, ed assicurare che non ridurrà il totale dei propri asset in portafoglio per un determinato periodo temporale. Quest’ultima opzione eliminerebbe i timori che il mercato possa essere investito da una montagna di titoli nei prossimi mesi, con il rischio di un forte calo della liquidità.
Più difficile, invece, è immaginare che la Fed possa adottare altri due strumenti a sua disposizione: comprare titoli obbligazionari governativi di paesi stranieri, per influenzare il tasso di cambio indebolendo il Dollaro, o intervenire sul mercato azionario, sulla scia della decisione della Bank of Japan di comprare titoli azionari attraverso gli ETF. Perché questo avvenga occorrerebbe che la situazione economica precipitasse ben più di quello che gli ultimi dati lascino prevedere, con una deflazione molto forte.
Infine, a remare contro un annuncio importante nella testimonianza di oggi è la natura stessa del simposio. Questo, infatti, non è un appuntamento ufficiale di politica monetaria della Fed, che, quindi, potrebbe decidere di non caricarlo eccessivamente d’importanza.
Il discorso di Bernanke di oggi, quindi, potrebbe essere una doccia gelata per tutti quelli investitori che avevano puntato su un rialzo dei mercati azionari grazie al sostegno della Fed. Salvo il caso in cui Bernanke decidesse di volere sorprendere ancora una volta i mercati annunciando qualcosa di eclatante, ma questa non sembra l’opzione più probabile.

Il mio ultimo articolo su seekingalpha

mercoledì 24 agosto 2011

Indice IFO peggiore delle attese

L'indice di fiducia delle imprese tedesche IFO pubblicato in mattinata è risultato peggiore delle attese, scendendo da 112.9 a 108.7 - minimo dal luglio '10 - contro attese di consensus a 111. La voce aspettative future ha fornito l'indicazione peggiore, scendendo da 105 a 100.1, contro attese a 102.8. Come abbiamo evidenziato nell'articolo "La fiducia scende in Germania e la BCE è in trappola", il calo dell'IFO dovrebbe proseguire anche nei prossimi mesi, con le conseguenze che si dovrebbero fare sentire sia sulla politica monetaria della BCE, sia sull'andamento dei mercati finanziari.




Moody's riduce il rating sul Giappone

La principale notizia proveniente dai mercati asiatici nel corso della notte è stata la decisione di Moody's di abbassare il rating del Giappone da "Aa3" ad "Aa2". A preoccupare l'agenzia di rating, che ha tagliato anche il rating delle maggiori banche del paese, è l'elevato livello del debito pubblico giapponese, superiore al 200% del PIl. Come avevamo sottolineato nell'articolo "Mina debito pubblico in Giappone" del marzo 2010, la situazione del debito pubblico giapponese potrebbe ulteriormente peggiorare nel corso dei prossimi mesi a causa di fattori strutturali, in particolare per il ribasso del tasso di risparmio.
Il downgrade di Moody's ha, però, avuto un impatto limitato sullo Yen, così come la decisione del governo di stanziare 100 miliardi di Yen per aiutare le aziende ad affrontare la forza della valuta, che si è mantenuto forte sia contro l'Euro sia contro lo Yen. Con le politiche monetarie espansive che dovrebbero proseguire ancora a lungo sia in USA (dove un QE3, per quanto non imminente è possibile) sia in area Euro (con la BCE che potrebbe essere costretta a tagliare i tassi nel 2012 come spiegato nell'articolo "La fiducia scende in Germania e la BCE è in trappola"), la forza dello Yen potrebbe proseguire ancora a lungo considerando che gli interventi della banca Centrale Giapponese per evitare un rialzo della valuta si sono dimostrati vani nel tempo.

martedì 23 agosto 2011

La fiducia scende in Germania e la BCE è in trappola

I dati economici pubblicati nelle ultime settimane hanno chiaramente evidenziato come anche l’economia tedesca inizi ad avere il fiato corto dopo la corsa del 2010. Il maggiore esempio in tal senso è stata la debolezza del Pil del secondo trimestre, che ha registrato un balzo di solo lo 0.1% q/q contro lo 0.5% atteso dal consensus e l’1.3% del primo trimestre.
Ma sono soprattutto gli indici di fiducia ad evidenziare come il forte tasso di crescita nel primo trimestre del 2011 possa non essere ripetuto per diversi trimestri. Sia il PMI manifatturiero sia il PMI servizi sono, infatti, ben lontani dai massimi registrati ad inizio anno, anche se rimangono su valori in linea con un’espansione dell’economia nella seconda metà del 2011. In particolare in agosto è stato il PMI manifatturiero a far tirare un respiro di sollievo agli esperti di mercato, restando invariato a 52, ben sopra, quindi, la soglia di 50 che delimita espansione da recessione. Tuttavia, il PMI servizi, sceso da 52.9 a 50.4, ha evidenziato come nonostante il buon momento del mercato del lavoro le spese per consumi potrebbero continuare a crescere ad un ritmo modesto anche nei prossimi mesi, facendo sì che l’economia tedesca rimanga troppo dipendente dall’andamento del ciclo economico a livello internazionale.
In forte calo in agosto è stato anche l’indice di fiducia di analisti ed investitori istituzionali Zew, sceso a -37.6, il minimo da dicembre ’08. Con il mercato azionario in calo di oltre il 20% nel periodo di riferimento, era del resto difficile immaginarsi un risultato migliore.
Il vero banco di prova per l’economia tedesca, però, sarà la pubblicazione oggi dell’indice di fiducia delle imprese IFO, ben più rappresentativo degli indici pubblicati ieri ed in grado di rappresentare con maggiore precisione le prospettive del settore industriale nei mesi a venire. L’indice, dopo avere registrato il massimo storico a 114.5 in giugno, dovrebbe estendere la correzione successiva scendendo da 112.9 a 111. Non un brusco calo e non il segnale di una forte correzione della produzione industriale nel breve: sulla base della relazione storica tra fiducia delle imprese e produzione industriale, a 111 l’IFO segnalerebbe che la produzione industriale potrebbe espandersi ad un ritmo vicino all’8% y/y nei prossimi due/tre mesi.
Più incerte, però, sono le prospettive del settore industriale nel corso dei mesi successivi. Storicamente, infatti, l’IFO ha mostrato una netta tendenza a muoversi in trend ben definiti, la cui durata media è stata di diciannove mesi. Con l’IFO che dovrebbe avere registrato in giugno il picco del trend al rialzo iniziato a dicembre ’08, le nostre attese sono che la fiducia delle imprese possa continuare a scendere non solo negli ultimi mesi del 2011 ma anche per tutto il 2012. Un minimo potrebbe essere raggiunto nell’area 90/95, valori che segnalerebbero una leggera contrazione su base annua della produzione industriale.
Le maggiori conseguenze di un trend al ribasso della fiducia delle imprese tedesche sarebbero sulla politica monetaria della BCE nel 2012. Per quanto un ulteriore rialzo dei tassi di 25 punti base all’1.75% in ottobre dopo i due rialzi di aprile e luglio sia una chiara possibilità, in particolare qualora l’inflazione tornasse a salire in agosto e settembre dopo il calo al 2.5% y/y in luglio, la BCE potrebbe essere costretta ad invertire la propria politica monetaria restrittiva nei mesi a venire. I principali punti di svolta dell’indice di fiducia delle imprese IFO, infatti, hanno puntualmente anticipato un cambiamento dell’orientamento della politica monetaria. Per questi motivi, grazie anche una discesa dell’inflazione nei prossimi mesi per il venire meno delle pressioni al rialzo provenienti dal balzo del prezzo delle commodity, la BCE potrebbe tornare sui suoi passi nel 2012 e tagliare i tassi, portandoli nuovamente all’1%, se non addirittura ad un livello più basso.
Una prosecuzione del trend al ribasso dell’IFO avrebbe anche effetti diretti sull’andamento sia dei rendimenti del mercato obbligazionario sia del mercato azionario. Storicamente un calo dell’IFO è stato seguito da un ribasso dei rendimenti dei governativi a 10 anni, come evidenziato dal grafico in pagina. Ancora più stretta è la correlazione tra le variazioni dell’indice di fiducia delle imprese e la performance annua del Dax. Un calo dell’IFO, quindi, potrebbe anticipare performance deludenti anche nei mesi a venire. Qualora il trend al ribasso dell’IFO fosse confermato, quindi, lo scenario per il mercato azionario continuerebbe a restare pieno d’incertezze, almeno fino a quando tale trend non si invertirà.