venerdì 23 settembre 2011

La Bank of England è pronta ad intervenire

Dopo che il Comitato di Politica monetaria della Bank of England aveva deciso al termine della riunione dell’8 settembre di lasciare inalterato sia i tassi allo 0.5% sia il programma di acquisto di asset a GBP200bn, la pubblicazione delle minute prevista ieri era attesa da analisti ed investitori con impazienza per capire quali potrebbero essere le prossime mosse di politica monetaria. Dalle minute è chiaramente emerso come un ulteriore intervento di politica monetaria espansiva sia praticamente certo, pur rimanendo delle incertezze sulla sua tempistica. I membri del Comitato di politica monetaria hanno evidenziato come “sia sempre più probabile che ulteriori acquisti di asset siano necessari prima o poi per rendere più espansiva la politica monetaria”. A giustificare un nuovo intervento espansivo è il peggioramento del quadro economico nel corso delle ultime settimane. Il Fondo monetario internazionale, ad esempio, ha rivisto al ribasso le proprie stime sulla crescita economica inglese nel suo World Economic Outlook di settembre all’1.1% nel 2011 e all’1.6% nel 2012 rispetto all’1.5% e al 2.3% rispettivamente che erano stati stimati solo lo scorso mese di giugno. Con la politica fiscale che dovrebbe restare restrittiva, come evidenziato dalla volontà del Governo Cameron di continuare nel suo piano di austerity nonostante il rallentamento economico, solo la politica monetaria potrebbe fornire uno stimolo all’economia nei prossimi mesi.
A frenare un intervento già nella riunione di settembre è stato l’elevato livello dell’inflazione. In agosto l’inflazione si è attestata al 4.5% y/y, più del doppio rispetto all’obiettivo del 2% della BoE, ed un incremento fino al 5% è atteso nei prossimi mesi a causa dell’andamento dei prezzi nel settore delle utility. Tuttavia una frenata delle pressioni inflazionistiche sembra molto probabile nel 2012, con una discesa verso l’obiettivo della Banca Centrale che è considerato quasi certo da parte degli osservatori. L’inflazione, salita principalmente per l’incremento dell’IVA e per il balzo dei prezzi del petrolio degli scorsi mesi, potrebbe scendere non solo per il venire meno di un effetto confronto sfavorevole ma anche per le conseguenze di una crescita economica che le autorità monetarie inglesi prevedono sarà più debole di quello che era stato preventivato solo lo scorso mese di agosto. I membri del Comitato di politica monetaria hanno, però, giudicato conveniente aspettare per valutare l’evoluzione del quadro economico, incluse le prossime mosse delle autorità straniere pur sottolineando come i rischi al ribasso sull’inflazione siano notevolmente aumentati nelle ultime settimane.
Solo Adam Posen, come avviene regolarmente dalla riunione di ottobre ‘10, ha votato a favore di un incremento del programma di acquisto di asset di GBP50bn.
Proprio un incremento del programma di acquisto di asset appare la misura che più facilmente possa essere implementata. I membri del comitato, infatti, hanno analizzato anche misure alternative quali un’ulteriore riduzione dei tassi, l’impegno a mantenerli bassi per un determinato periodo temporale o un incremento della duration di portafoglio, concludendo che nessuno avrebbe un impatto sull’economia maggiore rispetto alla prima alternativa.
Il programma di acquisto di asset ha, del resto, avuto dei risultati brillanti secondo uno studio della Bank of England. Nel proprio bollettino trimestrale pubblicato lo scorso lunedì, la BoE ha evidenziato come il programma di acquisto di asset iniziato a marzo 2009 e concluso all’inizio del 2010 possa avere un impatto positivo sul Pil pari all’1.5%/2%, un risultato equivalente ad un taglio dei tassi pari a 150/300 punti base.
Quello che le minute non hanno specificato è la tempistica con cui un nuovo intervento espansivo possa essere deciso. L’indicazione di alcuni membri secondo cui una continuazione delle condizioni viste nell’ultimo mese potrebbero essere sufficienti per un’espansione della politica monetaria, è il segnale che questa potrebbe essere decisa prima della fine dell’anno. Novembre, in coincidenza con la pubblicazione del nuovo Inflation Report trimestrale, è considerata la data più probabile dagli economisti che ritengono elevate le possibilità di un intervento a breve. In tale occasione, infatti, la Bank of England potrebbe rivedere al ribasso in maniera sostanziale le proprie stime su crescita economica ed inflazione, giustificando un nuovo intervento espansivo. Possibile, anche se meno probabile, è l’alternativa che un intervento possa essere deciso già in ottobre.
Tuttavia, con alcuni membri del Comitato che hanno sottolineato come sia necessario evitare il rischio di fare aumentare le aspettative sull’inflazione, con riflessi al rialzo sulla dinamica dei salari, i prossimi dati sull’inflazione saranno di fondamentale importanza. Nel caso in cui questi dovessero ancora una volta sorprendere negativamente, l’alleggerimento della politica monetaria potrebbe essere rimandato al 2012. Il rischio che questo, favorendo un indebolimento della Sterlina, possa ulteriormente aumentare le pressioni inflazionistiche sarebbe troppo alto per essere corso nel breve.

mercoledì 14 settembre 2011

Il mio ultimo articolo su seekingalpha

Questo è il link al mio ultimo articolo su seekingalpha.

martedì 13 settembre 2011

Inflazione ostacolo alle politiche espansive

È convinzione ormai comune a tutti gli investitori ed esperti di mercato che il rallentamento delle principali economie internazionali porterà nei prossimi mesi ad un aumento delle politiche monetarie espansive da parte delle maggiori banche centrali internazionali. Gli economisti considerano sicuro un nuovo allentamento quantitativo in USA (il cosiddetto QE3) ed in UK (QE2), mentre la BCE è attesa tagliare i tassi nei prossimi mesi per riportarli almeno all’1%, livello precedente ai due rialzi dei tassi dello 0.25% decisi nel 2011.
Più incerta è la tempistica con cui questi interventi potrebbero essere decisi. Se, infatti, un intervento espansivo da parte della Fed è considerato possibile, se non molto probabile, già nel corso della riunione del Fomc in calendario settimana prossima (martedì 20 e mercoledì 21), più difficile è immaginare quando BCE e BoE possano intervenire.
A condizionare le scelte di politica monetaria potrebbe essere l’andamento dell’inflazione. Per quanto un rallentamento nel corso del 2012 sia proiettato sia dalla BCE sia dalla BoE, la sua dinamica nel breve periodo potrebbe essere maggiore delle attese, frenando gli interventi espansivi. Un’indicazione in tale senso è giunta dal dato sull’inflazione inglese nel mese di agosto, che ha visto un’accelerazione dal 4.4% del mese precedente al 4.5% y/y. Il rialzo è stato in linea con le attese di consensus, ma l’andamento delle singole voci del dato ha sorpreso gli economisti. Le tariffe energetiche, infatti, hanno contribuito meno delle attese all’incremento del dato generale, mentre abbigliamento e arredamento sono saliti al ritmo più elevato dal 1997. L’incremento delle tariffe energetiche potrebbe pesare sul dato nei prossimi mesi, spingendo il tendenziale sopra il 5% prima di un calo nella prima parte del prossimo anno grazie al venire meno dell’effetto confronto negativo per il rialzo dell’IVA entrato in vigore dal gennaio ’11.
Con un’inflazione superiore più del doppio rispetto all’obiettivo del 2%, la BoE potrebbe avere bisogno di segnali più concreti di un venire meno delle pressioni inflazionistiche o di una contrazione più forte dell’economia prima di poter intervenire in senso espansivo: un QE2 in Inghilterra, dunque, sempre improbabile prima del 2012. Il richiamo di ieri di Adam Posen, l’unico membro del Comitato di politica monetaria della BoE a votare a favore di un’espansione del programma di allentamento quantitativo sin dall’ottobre ‘10, sulla necessità di incrementare di GBP100bn il programma di acquisto di asset dovrebbe, così, cadere nel vuoto ancora per qualche mese.
Allo stesso modo anche per la BCE potrebbe essere difficile giustificare un taglio dei tassi prima del 2012 agli occhi dei politici del blocco Nord dell’area Euro, seguaci di una politica monetaria concentrata solo sul contenimento dell’inflazione, ancora più che al mercato. Il finale sui prezzi al consumo di agosto che sarà pubblicato giovedì 15 dovrebbe vedere confermato il 2.5% y/y della stima flash, anche se c’è il pericolo di una revisione al rialzo al 2.6% a seguito del balzo dell’inflazione francese al 2.5% y/y, massimo degli ultimi 3 anni.
A favorire un taglio dei tassi della BCE prima della fine dell’anno potrebbe essere la dinamica dell’inflazione core: se, infatti, in UK il CPI core è sopra il 3% y/y, in area Euro si dovrebbe mantenere stabile all’1.2% y/y in agosto. Tuttavia, con il focus delle autorità di monetarie di Francoforte sull’inflazione generale e con un cambio della guardia al comando della BCE ormai prossimo, un taglio dei tassi prima del 2012 sembra improbabile.
Ma è soprattutto in USA che i dati sull’inflazione che saranno pubblicati in settimana potrebbero cambiare le prospettive di politica monetaria nel breve. Nei suoi ultimi interventi, infatti, Bernanke ha sempre evidenziato come la maggiore differenza con agosto dello scorso anno, quando il QE2 fu annunciato, sia un livello d’inflazione decisamente più alto: in luglio il CPI si è attestato al 3.6% ed il CPI core all’1.8% contro l’1.2% e lo 0.9% rispettivamente dello scorso anno. I dati di agosto che saranno pubblicati giovedì dovrebbero vedere, sulla base delle stime di consensus, il CPI rimanere stabile al 3.6% y/y, con il CPI core dall’1.8% y/y all’1.9% y/y. In caso si sorprese negative, sulla falsariga del dato sui prezzi all’importazione pubblicati ieri che hanno visto un calo limitato allo 0,4% m/m contro attese di -0.8% m/m, le possibilità di un intervento espansivo già la prossima settimana da parte della Fed diminuirebbero. Con il balzo dei prezzi delle commodity che è considerato uno dei principali effetti del QE2, la Fed non dovrebbe correre il rischio di vedere le pressioni inflazionistiche aumentare ulteriormente nel breve a causa delle proprie mosse. Solo conferme del venire meno delle spinte al rialzo dell’inflazione potrebbero portare la Fed ad aumentare il proprio sostegno all’economia.

giovedì 8 settembre 2011

BCE pronta a tagliare, ma non ora

BCE pronta a tagliare i tassi, ma non subito. Questo è il messaggio emerso dalla conferenza stampa che il presidente Trichet ha tenuto ieri al termine dell’incontro di politica monetaria del Consiglio direttivo. Nel suo discorso introduttivo, infatti, Trichet ha evidenziato come le prospettive dell’economia dell’area Euro siano peggiorate nel corso delle ultime settimane, sottolineando come la crescita economica dovrebbe essere moderata nei prossimi trimestri, con le incertezze aumentate in maniera notevole ed i rischi al ribasso. Tali maggiori incertezze sono state evidenziate dalla netta revisione al ribasso delle stime dell’Eurostaff sulla crescita del Pil del 2012: mentre in giugno la crescita era attesa assestarsi all’1.7% l’anno prossimo, ora è attesa all’1.3%. Quello che più salta all’occhio è che qualora la crescita economica dovesse portarsi nella parte bassa della forchetta di previsione (0.4%), l’economia si troverebbe ad un passo dalla recessione.
Trichet ha, però, anche ribadito come l’inflazione, al 2.5% in agosto sulla base della stima flash, rimanga ben sopra il proprio obiettivo di vicino ma sotto il 2% e come questa situazione dovrebbe perdurare anche nei prossimi mesi. Solo nel 2012 l’inflazione dovrebbe tornare sotto questa soglia, in linea con l’atteso calo dei prezzi del petrolio. Contrariamente alle nostre aspettative, però, l’Eurostaff non ha rivisto al ribasso la propria stima sulla crescita dei prezzi al consumo nel 2012, lasciandola invariata all’1.7%: un segnale di come il rallentamento economico non dovrebbe avere effetti immediati sull’andamento dei prezzi. Un segnale importante, però, è arrivato dalla revisione delle prospettive dell’inflazione: mentre fino ad agosto i rischi sui prezzi erano considerati al rialzo, ora Trichet ha dichiarato che i rischi sono bilanciati. Quest’ultimo può essere considerato un primo passo nell’aprire le porte ad un taglio dei tassi.
Il permanere dell’inflazione sopra il 2% nei prossimi mesi e le attese di un’inflazione resistente nonostante il rallentamento dell’economia dovrebbero costituire un freno alla politica espansiva della BCE negli ultimi mesi del 2011: un taglio dei tassi, quindi, non dovrebbe essere deciso prima dell’inizio del 2012. In realtà nulla di nuovo per i mercati, con i futures sul tasso Euribor che continuano a non ritenere probabile un taglio dei tassi quest’anno ma a scontare come sicuro un ritorno dei tassi all1% entro la fine del primo semestre del 2012. Questo a patto che le banche centrali non decidano di sorprendere i mercati nel corso del fine settimana: il report di una famosa casa d’investimento internazionale ha lasciato trapelare che le quattro maggiori banche centrali internazionali – Fed, BCE, BoE e BoJ – possano attuare un intervento coordinati al termine del riunione del G7 di fine settimana, contribuendo a dare slancio ai mercati ieri e a spingere all’insù il prezzo dell’oro.
La reazione più immediata sui mercati al cambiamento di orientamento della BCE sulla dinamica dell’inflazione è stato il calo dell’Euro nei confronti del Dollaro, con gli investitori che hanno scontato un differenziale dei tassi di interesse meno favorevole alla valuta unica europea, mentre i mercati finanziari hanno annullato i guadagni della mattinata, prima di tornare a recuperare grazie all’apertura positiva di Wall Street, più per il balzo delle richieste di sussidi di disoccupazione in USA che per le parole di Trichet.
Come da copione, Trichet ha ribadito l’importanza di risanare i conti e di rilanciare la crescita per quei paesi più coinvolti nella crisi del debito, pur non dando alcuna indicazione sul programma di acquisto di asset. Con riferimento all’Italia, Trichet ha evidenziato che, con l'approvazione della manovra di bilancio in Senato, il governo italiano ha confermato l'impegno di risanamento preso a inizio agosto e che è molto importante che l'Italia stia mettendo in atto quanto annunciato. Trichet ha anche sottolineato come la BCE non abbia imposto alcuna misura all’Italia.
Infine la BCE, sotto accusa da parte di molti politici ed economisti per i suoi interventi sul mercato dei bond, si è difesa tramite le parole di Trichet dichiarando di essere di essere indipendente e per questo di prendere anche decisioni che possono non piacere ai Governi. Trichet ha detto che “La decisione di comprare titoli di stato nel mercato secondario è legata al miglioramento dei meccanismi di trasmissione della politica monetaria” e ha concluso con una stilettata: “Mi aspetto che tutte le altre autorità, governi nazionali compresi, siano capaci di assumersi pienamente le loro responsabilità''.

mercoledì 7 settembre 2011

Banca Centrale Europea e Banca d'Inghilterra pronte a politiche espansive

Con i segnali di rallentamento economico a livello internazionale che si fanno sempre più profondi, investitori ed economisti si aspettano che ben presto anche la Banca Centrale Europea e quella Inglese possano intervenire per cercare di rilanciare la crescita. Le riunioni di entrambe le banche centrali che si terranno oggi, però, ben difficilmente vedranno interventi di politica monetaria espansiva. La BCE dovrebbe, infatti, tenere i tassi fermi all’1.5% e confermare gli interventi di sostegno alla liquidità delle banche che erano stati annunciati lo scorso mese di agosto mentre la BoE dovrebbe mantenere i tassi allo 0.5% ed il programma di acquisto di asset a GBP200bn. Con un’inflazione ancora ben sopra i livelli di guardia per le due banche centrali – al 2.5% y/y in area Euro e al 4.4% y/y in UK – immaginare un’estensione della politica monetaria espansiva da parte delle due banche centrali sembra azzardato.
Tuttavia le cose potrebbero cambiare nei prossimi mesi, man mano che le pressioni inflazionistiche diminuiranno e che i segnali di rallentamento economico dovrebbero intensificarsi. Ad esempio i tassi futures sull’Euribor scontano come praticamente certo un ritorno dei tassi all’1% entro la fine del primo semestre del prossimo anno con possibilità, anche se limitate, che sono assegnate ad un taglio dei tassi entro la fine dell’anno. La BCE, del resto, tramite il proprio presidente Trichet potrebbe annunciare già nella conferenza stampa di oggi come l’orientamento della politica monetaria sia cambiato. I rischi con riferimento allo scenario dell’inflazione, proprio per il sempre più probabile rallentamento dell’economia dell’area Euro nei prossimi mesi, potrebbero non essere più considerati al rialzo, mentre le prospettive sulla crescita economica potrebbero essere considerate sempre più incerte. La BCE, quindi, potrebbe rivedere al ribasso le proprie stime rispetto allo scorso mese di giugno sia sulla crescita economica sia sull’inflazione. In particolare, se la BCE stimava tre mesi fa un tasso di espansione dell’1.7% e un’inflazione all’1.7%, ora potrebbe portare la propria proiezione sulla crescita del Pil a poco più dell’1% e quella sull’inflazione all’1.5%. Le stime sul 2011 (Pil all’1.9% e inflazione al 2.6%), invece, dovrebbero essere riviste all’ingiù in maniera minima.
Trichet non dovrebbe fornire particolari indicazioni sul programma di acquisto di titoli governativi sul mercato, anche se dovrebbe ribadire come questo sia temporaneo e come i governi dei paesi più coinvolti nella crisi del debito si debbano impegnare per riportare i conti in ordine. Un monito che, alla luce di quanto l’andamento dei rendimenti dei Governativi di paesi quali Italia e Spagna sia dipendente dagli acquisti della Banca Centrale, andrebbe ascoltato con attenzione per non correre il rischio, come dimostrato dall’Italia in settimana, di rivedere un forte rialzo dei rendimenti.
In UK, invece, oggi non sono attesi annunci importanti, con solo le minute della riunione che saranno diffuse il prossimo 21 settembre che evidenzieranno gli orientamenti di politica monetaria dei membri del Consiglio Direttivo. Tuttavia, per quanto la maggior parte degli economisti ritenga molto probabile un ampliamento del programma di acquisto di asset nei prossimi mesi, la BoE non dovrebbe dare indicazioni che questa possa avvenire nel breve. L’inflazione, infatti, rimane ben sopra il target della Banca Centrale e solo i primi segnali di un suo ritorno sotto la soglia del 3% y/y potrebbe dare il via libera alle autorità monetarie.
In un’ottica di medio periodo, però, un nuovo intervento espansivo sembra inevitabile, considerando quanto l’economia inglese potrebbe risentire del rallentamento dell’area Euro. Un chiaro segnale in tal senso è arrivato ieri dall’andamento della produzione industriale nel mese di luglio, scesa dello 0.2% m/m contro attese di un dato invariato. Anche la produzione manifatturiera si è confermata debole, con un incremento limitato allo 0.1% m/m. In questo scenario la BoE dovrebbe impedire che una manovra espansiva da parte della BCE possa rafforzare la Sterlina contro l’Euro. In coincidenza di un taglio dei tassi da parte della BCE, quindi, anche la BoE dovrebbe premere l’acceleratore sulla leva monetaria.
Sul fronte interno, inoltre, continua il trend negativo dei prezzi delle case, situazione che a sua volta dovrebbe favorire una maggiore politica espansiva. I dati di Halifax hanno evidenziato come i prezzi delle case siano scesi in Agosto dell’1.2% m/m, primo ribasso negli ultimi quattro mesi, e del 3.9% y/y. Fino a quando i prezzi delle case rimarranno in un trend negativo, infatti, difficilmente si potrà vedere una ripresa sostenuta dei consumi interni.

martedì 6 settembre 2011

La Banca Centrale Svizzera frena la corsa del Franco

“La Banca Centrale Svizzera ha tracciato una linea nella sabbia”. Così molti esperti di mercato hanno commentato l’annuncio della Banca Centrale Svizzera di non volere più tollerare un tasso di cambio Euro/Franco Svizzero sotto la soglia di 1.20. Non a caso il Franco ha immediatamente guadagnato oltre l’8% nei confronti dell’Euro portandosi sopra tale quota.
L’affermazione della SNB secondo cui è pronta a comprare una quantità illimitata di valuta estera per raggiungere il proprio obiettivo dovrebbe fare sì che nel breve la valuta difficilmente dovrebbe scendere sotto questo livello.
La Banca centrale svizzera si é vista costretta ad intervenire in maniera massiccia sui mercati dopo che le azioni precedenti decise nel mese di agosto avevano avuto un impatto solo temporaneo sul Franco Svizzero: dopo essere salito da un minimo a 1,02 di inizio agosto a quasi 1,20 a fine agosto, la valuta elvetica era tornata a scendere nelle prime sedute di settembre portandosi ad un passo dalla soglia di 1,1. Lo scorso 3 agosto la SNB aveva comunicato di aver ridotto la forchetta del Libor dallo 0-0,75% allo 0-0,25%, il 10 era stato deciso di incrementare la liquidità sul mercato monetario portando i depositi a vista da 80 a 120 miliardi di franchi svizzeri ed il 17 agosto l’asticella era stata ulteriormente innalzata a 200 miliardi.
A pensare male, che, come ci ha insegnato qualcuno, sì fa peccato ma ci si azzecca quasi sempre, la SNB non ha potuto aspettare la riunione di politica monetaria in calendario giovedì 15 perché pressata dal governo federale: il ministro dell’economia svizzera Johann Schneider Ammann aveva invitato lunedì le autorità monetarie a fare qualcosa per bloccare l’ascesa del Franco.
Tuttavia a preoccupare le autorità monetarie sono anche stati i dati economici pubblicati nelle ultime settimane, in particolare l’ultimo dato sull’inflazione diffuso ieri poco prima dell’annuncio della decisione della Banca centrale. L’inflazione è sorprendentemente scesa nel mese di agosto dello 0.2% m/m contro attese di consensus a +0.3% m/m, con la variazione annua allo 0.2%, in discesa dallo 0.5% del mese precedente. Tali dati hanno aumentato i timori che l’economia svizzera possa entrare in deflazione nei prossimi mesi, tanto più che l’inflazione core è allo 0% y/y.
Negativi erano stati anche gli ultimi dati economici. Più che la discesa nel secondo trimestre del tasso di crescita del Pil al minimo da inizio del 2010, a preoccupare è stato il ribasso dell’indice KOF al minimo dal settembre 2009, segnale di come il ciclo economico potrebbe subire una forte battuta d’arresto nei prossimi mesi.
La mossa della SNB potrebbe, così, dare ora fiato alle società esportatrici, i cui margini sono scesi in maniera preoccupante negli ultimi mesi a causa del rialzo della valuta e le cui prospettive erano già peggiorate a causa dei segnali di rallentamento provenienti dal ciclo economico dell’area Euro.
Non a caso il mercato azionario elvetico ha festeggiato la decisione della SNB con un rialzo superiore al 3% guidato da società quali Swatch e Richemont che realizzano la maggior parte del proprio fatturato fuori dai confini svizzeri.
Tuttavia, se la decisione della SNB di tenere il franco svizzero sopra 1.2 contro l’euro dovrebbe essere un successo nei prossimi mesi, più incerta è la sua riuscita nel medio periodo. In primo luogo perché il destino del cambio Euro/Franco dipenderà principalmente dai fondamentali della valuta unica europea, che adesso non sembrano dei migliori considerando che la crisi del debito dei paesi periferici è lontana dall’essersi conclusa a causa delle incertezze su come risolverla da parte dei Governi. In secondo luogo per l’azione della Banca centrale svizzera potrebbe essere meno forte di quanto le autorità monetarie svizzere vogliono fare credere. La SNB, infatti, si era vista costretta a interrompere gi interventi nel giugno del 2010 dopo che questi si erano rivelati poco efficaci ed avevano incrementato a dismisura la quota di valuta estera tra i propri asset. Questo sta già esponendo la banca centrale a delle forti perdite poiché le riserve sono contabilizzate con il metodo del mark to market: nel 2010 la SNB ha perso oltre 20 miliardi di dollari e nel 2011 le perdite sono già ammontate a 10 miliardi. Per quanto una soluzione tampone a tale problema potrebbe essere trovata, come evidenziato dagli economisti di Deutsche Bank, sospendendo il mark to market o spostando le riserve valutarie al di fuori dei conti della Banca Centrale, solo un’inversione duratura del trend del Franco risolverebbe il problema dei conti della banca.
Inoltre, nel caso la SNB dovesse immettere una forte quantità di liquidità sul mercato per ottenere il proprio obiettivo, l’inflazione potrebbe crescere più di quanto desiderato. In tal caso per la Banca centrale sarebbe impossibile alzare i tassi e difendere un livello della valuta contemporaneamente.
Un problema che non si dovrebbe presentare nel breve, ma che fa sì che tra qualche mese scommettere sul Franco potrebbe tornare interessante.

giovedì 1 settembre 2011

ISM manifatturiero migliore delle attese

Nel nostro articolo di ieri "ISM manifatturiero e mercato del lavoro. Inizio settembre da brivi per l'economia USA" avevamo evidenziato come le attese per l'ISM manifatturiero fossero negative, con l'indice atteso scendere sotto la soglia di 50 per la prima volta dal luglio 2009. Il dato ufficiale, invece, è stato migliore delle attese rimanendo sopra la soglia di 50, segnalando che la crescita del settore industriale dovrebbe proseguire nel corso dei prossimi mesi. L'andamento delle singole voci all'interno del sondaggio ha visto i nuovi ordini rimane sotto la soglia di 50 (49.6), la produzione scendere a 48.6 e l'occupazione rimanese sopra 50 (51.8). Il focus è ora sul mercato del lavoro in calendario domani.