giovedì 20 ottobre 2011

Indici di fiducia in primo piano in area Euro

L’attenzione degli investitori è focalizzata in questi giorni sull’esito della riunione dei leader dell’Unione Europea che si terrà domenica 23. Le attese sono che dalla riunione, così come promesso dalla Cancelliera tedesca Merkel e dal presidente francese Sarkozy al termine dell’incontro del 9 ottobre, uscirà un piano concreto per affrontare la crisi del debito nell’area Euro, anche se le possibilità che questo possa effettivamente avvenire sembrano diminuire di giorno in giorno. Stando alle indiscrezioni di stampa, infatti, un accordo tra Francia e Germania sembra sempre più difficile da raggiungere per le diverse posizioni su come dotare il Fondo di Stabilità finanziaria europea di maggiore potere di manovra.
Tuttavia, prima di passare un fine settimana a valutare cosa decideranno le autorità politiche, gli investitori dovranno digerire oggi l’andamento di due importanti indicatori anticipatori sull’andamento delle due principali economie dell’area Euro: l’indice di fiducia delle imprese tedesche IFO e l’indice di fiducia delle imprese Francesi INSEE. Dagli indici sono attese indicazioni sulle prospettive del settore industriale in Germania e Francia negli ultimi mesi del 2011 e nella prima parte del 2012.
Il consensus degli economisti non si aspetta indicazioni confortanti: l’IFO, indice tedesco di maggiore rilievo, dovrebbe scendere da 107.5 a 106.3, minimo da giugno 2010, mentre l’INSEE da 99 a 98, minimo dal luglio 2010. Con riferimento al dato tedesco, un’anticipazione negativa è giunta in settimana dall’andamento dell’indice di fiducia di analisti ed investitori istituzionali Zew, sceso al minimo da fine 2008. Per quanto i due indici non siano sempre perfettamente correlati, il ribasso dello Zew è il segnale di come la crisi del debito dei paesi periferici dell’area Euro potrebbe iniziare a farsi sentire in maniera accentuata anche in Germania, paese che prima dell’estate sembrava crescere senza ostacoli. Qualora le attese di consensus fossero confermate, l’IFO si porterebbe su un valore in linea con una crescita del 5% y/y della produzione industriale nei prossimi 2/3 mesi sulla base della relazione di lungo termine tra l’indice di fiducia delle imprese e la produzione industriale. Un dato da valutare ancora positivamente, seppure in netto ribasso rispetto ai ritmi di crescita intorno al 10% nel corso dell’estate. A preoccupare è che l’indice potrebbe estendere il trend al ribasso nei prossimi mesi. Storicamente, infatti, l’IFO ha mostrato una netta tendenza a muoversi in trend ben definiti, la cui durata media è stata di diciannove mesi. Una discesa per buona parte del 2012, con l’indice che potrebbe scendere sotto quota 100 e spingersi fino a un minimo in area 90/95, valori che segnalerebbero una leggera contrazione su base annua della produzione industriale, è uno scenario da tenere in considerazione.
Ancora più negative dovrebbero essere le anticipazioni per il settore industriale francese provenienti dall’INSEE. L’indice francese, infatti, si porterebbe su un valore in linea con un settore industriale praticamente invariato rispetto all’anno precedente. Il rimbalzo della produzione industriale francese nel mese di agosto (+0.5% m/m e +4.4% y/y) rischierebbe, quindi, di restare un episodio isolato con un indebolimento negli ultimi mesi del 2011 e i primi del 2012 che sembra inevitabile.
I due indici, quindi, pur sottolineando la maggiore forza relativa del settore tedesco rispetto a quello francese, evidenzierebbero come il rallentamento del settore industriale potrebbe proseguire anche nei prossimi mesi nei due maggiori paesi dell'area Euro. In questo scenario, i rischi di recessione per l’economia dell’area Euro dovrebbero continuare a crescere.
Infine, data la forte relazione tra l’andamento dell’IFO e dei mercati finanziari nel corso degli ultimi anni, una prosecuzione del suo trend al ribasso segnalerebbe come i rendimenti dei governativi a 10 anni tedeschi dovrebbero rimanere su valori storicamente bassi ancora a lungo e come lo scenario per il mercato azionario continuerebbe a restare pieno d’incertezze, almeno fino a quando tale trend non si invertirà.

La scommessa della Banca d’Inghilterra sull’inflazione

Le minute della riunione del Comitato di politica monetaria della Bank of England dello scorso 5/6 ottobre, in cui era stato deciso di incrementare il programma di acquisto di asset di 75 miliardi di Sterline portandolo a 275 miliardi, hanno messo ancora di più in risalto il paradosso in cui si trovano le autorità monetarie di Sua Maestà. A fronte di un balzo dell’inflazione al 5.2% y/y in settembre, ben oltre quindi le attese di mercato di un incremento al 4.9% y/y, e di un obiettivo per la Banca Centrale del 2%, la BoE ha deciso di attuare una manovra espansiva per evitare il rischio che l’inflazione possa scendere troppo sotto tale obiettivo al termine del periodo di previsione di due anni. Il rialzo dei prezzi al consumo, che era stato anticipato nella riunione di inizio ottobre, è stato considerato momentaneo e dovuto ad elementi temporanei come l’incremento dell’IVA ed il balzo dei prezzi delle commodities di inizio anno. Anche l’impennata dei prezzi core al 3.3% è considerata momentanea, sebbene giudicata più preoccupante dagli economisti. La tesi dei banchieri centrali è che nel 2012 i prezzi dovrebbero tornare a scendere una volta venuti meno questi fattori a causa della debolezza della domanda interna e dell’elevato livello della capacità produttiva inutilizzata all’interno del sistema economico inglese.
Le minute della riunione hanno evidenziato come l’orientamento all’interno della BoE sia fortemente espansivo. In primo luogo perché alcuni membri hanno evidenziato come sulla base dello scenario economico prevalente anche un intervento più massiccio sarebbe stato giustificabile. L’ipotesi di incrementare il programma di acquisto di asset di 100 miliardi di Sterline è stata presa in considerazione anche se per il momento scartata.
In secondo luogo perché non è stato ritenuto utile neanche aspettare novembre per un intervento, scelta che alla vigilia era considerata la più probabile dal consensus degli economisti, per far sì che il Governatore spiegasse nel corso della conferenza stampa per la presentazione dell’Inflation Report trimestrale il perché della necessità di una nuova politica monetaria espansiva.
Tale orientamento espansivo rafforza le ipotesi di quegli economisti che stimano che la BoE possa ulteriormente intervenire nei prossimi mesi per sostenere la crescita economica. Ad esempio Michael Sunders di Citigroup ha stimato che il programma di acquisto di asset possa essere portato a 500 miliardi di Sterline. In quel caso la Bank of England arriverebbe a detenere i due terzi del debito pubblico britannico. Appare quindi possibile che un eventuale prossimo intervento espansivo possa avere altre categorie di attività, iniziando ad acquistare titoli del settore privato.
Una prosecuzione della fase espansiva nei prossimi mesi appare possibile alla luce delle negative indicazioni provenienti dal fronte macroeconomico nel corso delle ultime settimane. Ad esempio, gli ultimi dati sulla produzione manifatturiera hanno registrato un calo dello 0.3% m/m nel mese di agosto con un progresso rispetto allo stesso periodo dello scorso anno limitato all’1.5%, mentre il tasso di disoccupazione è salito all’8.1%, massimo degli ultimi 17 anni. I dati sulle vendite al dettaglio di settembre che saranno pubblicati oggi dovrebbero evidenziare come la domanda interna rimanga debole, con un incremento dello 0.2% m/m e dello 0.6% y/y. Lo scenario più probabile per l’economia inglese è quello di una debolezza che si dovrebbe protrarre ancora per diversi trimestri. Appare veramente difficile immaginare cosa possa dare una scossa positiva all’economia. Le spese personali dovrebbero continuare a crescere ad un ritmo moderato per la debolezza del mercato del lavoro e per l’opera di riduzione del debito da parte delle famiglie che, secondo i dati contenuti nell’ultimo Financial Stability Report del FMI, ammonta al 101% del Pil. Le spese governative dovrebbero risentire del piano di austerity lanciato dal Governo mentre le esportazioni dovrebbero essere penalizzate dalla crisi del debito in area Euro. Gli investimenti, infine, saranno limitati dall’elevato livello della capacità inutilizzata.
Con la Bank of England che dovrebbe continuare nella propria politica espansiva inondando di liquidità il sistema economico, le maggiori conseguenze dovrebbero essere sentite dalla Sterlina. In tal caso investire in attività denominate nella valuta inglese potrebbe essere quanto mai rischioso. Sebbene la Sterlina sia attualmente leggermente sottovalutata nei confronti sia del Dollaro sia dell’Euro sulla base della Parità del Potere d’Acquisto calcolata dall’OCSE, il suo giusto valore potrebbe allinearsi con le attuali quotazioni, se non addirittura portarsi sotto, nel caso in cui il trend al rialzo dell’inflazione, che l’attuale politica monetaria espansiva potrebbe ulteriormente rafforzare, dovesse proseguire.
In particolare la situazione appare critica con riferimento ai titoli obbligazionari, che offrono in questo momento rendimenti molto contenuti: ad esempio il decennale inglese rende intorno al 2.5% contro il 2.1% di quello tedesco ed il 5.9% di quello italiano. Solo nel caso la crisi del debito in area Euro dovesse peggiorare, con l’effetto contagio per la crisi in Grecia che si propagasse in maniera sempre più forte non solo in Italia e Spagna anche in Belgio e Francia, sarebbero da riconsiderare gli investimenti in Sterline ed in titoli Governativi inglese. Il Regno Unito, infatti, può contare sulla possibilità stampare moneta per evitare un default.
 

sabato 15 ottobre 2011

Il mio ultimo articolo su seekingalpha

Ecco il link al mio articolo su seekingalpha

venerdì 14 ottobre 2011

Produzione industriale in Italia e Francia migliore delle attese

La settimana appena conclusa è stata caratterizzata dall’inatteso rimbalzo della produzione industriale in Italia e Francia nel mese di agosto. In Italia il rimbalzo è stato del 4.3% m/m (le attese di consensus erano per un modesto incremento dello 0.2% m/m), con il tendenziale al 4.7%, mentre in Francia il rimbalzo è stato dello 0.5% m/m (+4.4% y/y) contro attese di consensus di un calo dello 0.5% m/m. L’andamento della produzione in Italia e Francia ha permesso di controbilanciare il calo della produzione tedesca nello stesso periodo (-1% m/m), permettendo al dato totale dell’area Euro di salire dell’1.2% m/m e del 5.3% y/y. Sfortunatamente i progressi del settore industriale dovrebbero essere temporanei, con gli indici di fiducia delle imprese che anticipano un forte rallentamento nei prossimi mesi.

Per altri commenti economici sottoscrivi una prova di un mese del Top Down Outlook

martedì 11 ottobre 2011

La stagione delle trimestrali in USA

Ecco il mio ultimo articolo su seekingalpha sulla stagione delle trimestrali in USA.

giovedì 6 ottobre 2011

Mercato del lavoro USA: possibili sorprese negative

Al termine di una settimana in cui i dati macroeconomici pubblicati negli USA sono stati generalmente migliori delle attese, con l’inaspettato rialzo dell’ISM manifatturiero di settembre che ha dato le indicazioni più confortanti, l’attenzione degli investitori si focalizzerà oggi sulla pubblicazione del rapporto sul mercato del lavoro di settembre. La mancanza di un miglioramento consistente del quadro occupazionale è stata uno dei punti critici della ripresa economica iniziata nel giugno ’09 – degli oltre otto milioni e mezzo di posti di lavoro persi nel corso della recessione ne sono stati recuperati finora solo 1.8 milioni – e la preoccupazione degli investitori è che questo possa pesare sull’andamento delle spese personali nei mesi a venire.
Il dato di agosto ha aumentato i timori che il mercato del lavoro possa non solo non migliorare ma addirittura peggiorare nel breve: il numero di posti di lavoro creati è stato pari a 0, anche se sul dato ha avuto un impatto negativo lo sciopero dei dipendenti di Verizon, pari a circa 50 mila, che sono stati conteggiati come disoccupati.
I dati sinora pubblicati con riferimento al mese di agosto hanno evidenziato come un forte rimbalzo potrebbe non essere imminente. Ad esempio, le richieste di sussidi di disoccupazione, pur essendo scese nella settimana sino al 24 settembre al minimo da aprile, in media si sono attestate in settembre a 417 mila settimanali, contro le 411 mila di agosto. L’indicazione più negativa è arrivata dall’inaspettato ribasso della voce occupazione all’interno dell’ISM non-manifatturiero sotto la soglia di 50 per la prima volta dall’agosto 2010. Tale indice ha dimostrato in passato di essere molto correlato con l’andamento del numero di posti di lavoro creati e la sua discesa a 48.7 in settembre sarebbe in linea con un calo di 22 mila posti di lavoro nel periodo di riferimento contro una stima di consensus di un rialzo di 90 mila. Il rimbalzo della voce occupazione all’interno dell’ISM manifatturiero di settembre da 51.8 a 53.8 contribuisce solo in parte a smorzare i timori di una forte sorpresa negativa al momento della pubblicazione del dato di oggi: gli impiegati nel settore manifatturiero sono, infatti, meno del 9% del totale degli occupati: anche un loro forte rimbalzo, che comunque appare improbabile alla luce dei timori sulle prospettive dell’economia mondiale emersi nel corso dell’estate, non sarebbe in grado di compensare una debolezza nel settore dei servizi. Quindi, nonostante l’ADP employment report abbia stimato che il settore privato potrebbe avere creato in settembre 90 mila posti di lavoro, le possibilità di una sorpresa negativa sembrano essere elevate. In tal caso la reazione dei mercati potrebbe essere molto negativa, considerando l’ottimismo con cui i mercati avevano accolto negli ultimi giorni le ipotesi di una possibile risoluzione della crisi del debito nei paesi periferici dell’area Euro e che lo scenario economico statunitense possa essere migliore di quanto atteso in precedenza.
Anche nel medio periodo le prospettive del mercato del lavoro non sono particolarmente incoraggianti. Il terzo rialzo consecutivo della voce job hard to get all’interno dell’indice di fiducia dei consumatori del Conference Board, salita al massimo da maggio ’83, è il segnale di come i consumatori vedano peggiorare le condizioni sul mercato del lavoro. In queste circostanze stimare un calo sostenuto del tasso di disoccupazione, al 9.1% in agosto, nei prossimi mesi appare utopistico.
Ulteriore indicazione negativa è arrivata dalla pubblicazione sui licenziamenti di massa registrati dalla società statunitense Challenger, Gray and Christmas. Questi sono aumentati a 115 mila nel mese di settembre a causa principalmente della programmata riduzione del numero dei militari e del taglio del personale annunciato da Bank of America. Quest’ondata di licenziamenti, pur essendo considerata positiva da alcuni economisti perché porterebbe a ridurre il numero dei dipendenti pubblici e di conseguenza il peso dello stato sull’economia, dovrebbe avere un impatto negativo sul mercato del lavoro.
I segnali di rallentamento economico giunti negli ultimi mesi sono un ulteriore segnale di come il mercato del lavoro difficilmente possa crescere ad un ritmo tale da portare ad una diminuzione del tasso di disoccupazione in maniera stabile. Anche il piano per il lavoro recentemente presentato dal Presidente Obama, che deve tra l’altro ancora essere approvato dal Congresso, può limitare un peggioramento del quadro occupazionale ma difficilmente dovrebbe portare ad un miglioramento consistente considerando che si tratta principalmente della conferma di alcune misure che sarebbero altrimenti scadute nei prossimi mesi.
Dal mercato del lavoro, quindi, non sono attese notizie positive ancora per molto tempo.

mercoledì 5 ottobre 2011

PMI servizi sotto 50 in area Euro: aumentano i rischi di recessione

I PMI servizi di settembre pubblicati oggi sono stati inferiori alle attese, segnalando che il peggioramento delle prospettive economiche nei prossimi mesi potrebbe essere ancora più forte di quanto atteso. Il PMI servizi dell'intera area Euro è sceso da 51.5 a 48.8 - con un'ulteriore revisione al ribasso rispetto alla stima flash di 49.1 - il livello più basso dall'agosto '09. L'indice si è posizionato sotto 50, anticipando una contrazione del comparto, sia in Germania sia in Italia mentre è rimasto sopra tale soglia in Francia. Il calo dell'indice sotto 50 in Germania è un segnale che le spese per consumi potrebbero indebolirsi ulteriormente nei prossimi mesi, riducendo le aspettative che un miglioramento della domanda interna possa sostenere l'attività economica e controbilanciare il possibile indebolimento delle esportazioni. Il dato sui PMI servizi aumenta le possibilità che l'area Euro possa entrare in recessione nell'ultimo trimestre dell'anno.