Dopo un inizio di settimana senza grossi spunti, le borse
europee hanno accelerato in mattinata andando a registrare progressi tra lo
0,6% e l’1%. A dare slancio ai mercati azionari è stata la notizia riportata da
Reuters secondo cui la Spagna potrebbe chiedere un aiuto all’Unione Europea in
novembre. A comunicarlo all’agenzia di rating sarebbe stato un esponente della
Commissione Europea coinvolto nelle trattative. La decisione della Spagna farebbe
seguito alle pressioni di molti governi europei – ma non della Germania che al
contrario vorrebbe che il paese aspettasse ancora – affinché Madrid si rivolga
all’UE facendo scattare anche il piano di acquisti sul mercato secondario da
parte della BCE.
Analisi e commenti sull'andamento dei maggiori mercati finanziari e delle principali economie a livello internazionale
lunedì 15 ottobre 2012
martedì 9 ottobre 2012
Occhi puntati sulla Spagna
Un estratto dal nostro report settimanale "Top Down Outlook". Per una prova di un mese sottoscrivi qui: Top Down Outlook
Se e
quando la Spagna farà una richiesta formale di aiuto all’Unione Europea,
accettando le condizioni che questa esigerà per dare l’accesso alle risorse dell’ESM,
è in questo momento la maggiore incertezza all’interno dell’area Euro. Dalla
decisione della Spagna dipenderanno anche gli interventi sul mercato
obbligazionario della BCE. Nel corso della conferenza stampa di giovedì 4
ottobre Draghi, infatti, ha ribadito che la Banca Centrale è pronta ad
intervenire sul mercato secondario e che ora dipende dalla Spagna decidere di
attivare l’intera procedura. Allo stesso tempo, però, negli ultimi giorni sia
il primo ministro Mariano Rajoy sia il ministro delle finanze Luis de Guindos
hanno detto che una richiesta di intervento non è imminente e che questa
dipenderà dalle condizioni che saranno imposte al paese.
L’attenzione
degli investitori sarà ora focalizzata sulle riunioni dell’Eurogruppo di lunedì
8 e sul summit dei leader dell’Unione Europea del 18/19 ottobre. Difficilmente,
però, il Governo spagnolo dovrebbe fare una richiesta prima delle elezioni
regionali che si terranno il prossimo 21 ottobre in Galizia e nei paesi Baschi
e il prossimo 21 novembre in Catalogna. Dal punto di vista dell’immagine,
infatti, questa sarebbe una grave sconfitta per Rajoy che aveva vinto le
elezioni lo scorso novembre dicendo che non ci sarebbe stato bisogno di
chiedere aiuto all’Unione Europa. Non è, quindi, da escludere che il Governo
spagnolo rinvii ogni decisione in tal senso fino all’inizio del 2013. Del
resto, le dichiarazioni del ministro delle Finanze tedesche Schauble, secondo
cui la Spagna non dovrebbe chiedere aiuto adesso, e i timori che la Finlandia
possa porre condizioni molto pesanti, in particolare con riferimento ai
collaterali da offrire per avere accesso ai finanziamenti, sono per il momento
un valido deterrente a rivolgersi all’Unione Europea nonostante le
indiscrezioni che Francia e Italia stiano spingendo il paese in questa
direzione.
Tuttavia
nell’ultima settimana si sono avuti segnali che i mercati stanno diventando
nervosi sulla situazione in Spagna. L’esempio più lampante è stato il rialzo
dei rendimenti dei titoli a 3 anni nel corso dell’asta di giovedì 4. I
rendimenti sono saliti dal 3,84% dell’asta di settembre al 3,95%, mentre i
rendimenti dei titoli a 5 e 2 anni sono scesi solo perché l’asta precedente era
stata tenuta prima dell’annuncio del piano della BCE. Il tesoro spagnolo,
inoltre, è riuscito solo a sfiorare l’obiettivo massimo di titoli collocati,
3,99 miliardi contro 4 miliardi, mentre nelle aste tenute in settembre
l’obiettivo massimo era sempre stato agevolmente superato. Segnali di come
l’ottimismo seguente l’annuncio del piano della BCE si stia smorzando e come
gli investitori siano in attese delle prossime mosse di Madrid.
Nelle
prossime settimane, i rendimenti potrebbero restare in una sorte di limbo
attorno agli attuali livelli: un nuovo rialzo dovrebbe essere scongiurato per
le attese che la Spagna possa chiedere aiuto all’Unione Europea, facendo
scattare l’intervento della BCE, mentre un’ulteriore discesa sembra poco
probabile fino a quando tale richiesta non sia effettivamente fatta.
Molti
dubbi iniziano a emergere anche sul processo di aggiustamento dei conti
pubblici annunciato dal governo Spagnolo giovedì 27 settembre. Dopo i dubbi manifestati
dagli analisti di alcune investment bank, anche il Governatore della Banca di
Spagna, Luis Maria Linde, e la Commissione Europea, seppure non in maniera
ufficiale, hanno evidenziato come la stima Governativa di una contrazione
dell’economia dello 0,5% nel 2013 possa essere troppo ottimistica. La maggior
parte delle stime delle investment bank viaggiano tra il -1% ed il -2%, con
Societè Generale che si spinge a stimare una contrazione del 2,3%. In questo
scenario, per raggiungere l’obiettivo di un deficit/Pil del 4,5% potrebbero
essere necessarie nuove manovre, che rischierebbero di fare diventare la
recessione ancora più forte. Gli ultimi dati economici non hanno dato motivo di
credere che gli analisti siano troppo pessimisti. La produzione industriale è
scesa in agosto del 3,2% y/y, dodicesimo calo consecutivo, seppure meno delle
attese di consensus di una contrazione del 5,5% y/y. Gli indici di fiducia PMI
di settembre hanno evidenziato come una ripresa non sia vicina, rimanendo ben
sotto la soglia di 50. Dubbi
sono emersi anche sulla necessità di capitale delle banche. L’agenzia di rating
Moody’s ha detto che le banche avrebbero bisogno di una ricapitalizzazione tra
i 70 e i 105 miliardi di Euro contro i 59,3 stimati dalla società di consulenza
Oliver Wyman.
Per
quanto i rendimenti dei Governativi siano scesi rispetto ai massimi di agosto,
difficilmente il paese potrebbe evitare di chiedere un aiuto all’Unione
Europea. L’attuale livello dei rendimenti, infatti, è ancora insostenibile e
potrebbe pesare sulla spesa per interessi, che si dovrebbe attestare a quasi 10
miliardi di Euro nel 2013. Tanto più che la crescita del rapporto debito/Pil
sopra il 90% potrebbe avere un impatto negativo sulle prospettive di crescita
del paese. Gli economisti Rogoff e Reinhart hanno, infatti, dimostrato come un
debito superiore al 90% del Pil ha l’effetto di deprimere la crescita economica
dell’1% rispetto alla media storica.
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