martedì 3 agosto 2010

Che rally i mercati azionari - attenzione ai bond dei mercati emergenti

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Contrariamente alle attese medie della vigilia, luglio è stato un mese positivo per i principali mercati azionari internazionali: ad esempio lo S&P500 ed il DJ Eurostoxx hanno guadagnato più del 6%, così come i mercati emergenti, prendendo come riferimento l’indice MSCI mercati emergenti.
A dare fiducia ai mercati sono state le attese, poi rivelatesi corrette, che lo stress test delle banche europee avrebbe rivelato che il sistema finanziario europeo è solido e che non necessiti di forti iniezioni di capitali. Solo 7 (la tedesca Hypo Re, la greca Ate e 5 banche regionali spagnole) delle 91 banche esaminate, infatti, non hanno superato l’esame e richiederanno un aumento di capitale, ma nessuna di queste istituzioni ricopre un ruolo fondamentale nel panorama finanziario europeo. Il ritorno sul mercato del debito internazionale della Grecia, che ha piazzato titoli di stato a 6 mesi per un controvalore di EUR1.624bn, e il buon andamento dell’asta di titoli spagnoli a 15 anni hanno dato ulteriore fiducia al mercato.
Con riferimento ai mercati azionari statunitensi, un ruolo molto positivo è stato giocato dalla stagione delle trimestrali. Gli utili aziendali, infatti, si sono dimostrati migliori delle attese pur molto ottimistiche degli analisti: sulla base dei dati raccolti dall’agenzia di stampa Bloomberg, l’82% delle società che hanno sinora pubblicato i propri conti hanno battuto le attese di consensus, con una crescita dell’utile per azione medio del 60%.
Il positivo andamento delle trimestrali ha permesso ai mercati azionari di mettere da parte gli ultimi dati macroeconomici negativi pubblicati in USA. Nelle ultime settimane, infatti, si sono avute evidenze di un chiaro rallentamento della crescita dell’economia statunitense nel corso dei prossimi mesi. Il segnale più chiaro in tal senso è giunto dagli indici di fiducia dei consumatori di luglio: l’indice dell’Università del Michigan è sceso nella sua versione preliminare al minimo da Novembre ’09 mentre l’indice del Conference Board si è portato al minimo da febbraio ’10. Il calo della fiducia dei consumatori evidenzia come le spese per consumi dovrebbero crescere ad un ritmo molto moderato nel corso dei prossimi mesi, penalizzate da una parte dal solo debole miglioramento del mercato del lavoro nel corso degli ultimi mesi e dall’altra dalla prosecuzione del processo di deleveraging da parte delle famiglie.
Segnali di rallentamento sono, però, giunti anche dal settore industriale, con gli ordini di beni durevoli scesi dell’1% m/m e gli indici di fiducia delle imprese relativi al mese di luglio sinora pubblicati che si sono portati a ridosso dei valori che fanno da spartiacque tra espansione e contrazione all’interno del settore.
Nonostante i segnali di rallentamento della crescita economica giunti nel corso delle ultime settimane, le prospettive di medio periodo per i mercati azionari sembrano restare ancora positive. Infatti, le possibilità di una recessione dell’economia statunitense nel corso dei prossimi trimestri sembrano essere ancora minime considerando che i principali indicatori anticipatori, quali il leading indicator e l’ISM manifatturiero (il dato di luglio sarà pubblicato lunedì 2 agosto) rimangono su valori ancora in linea con una prosecuzione dell’espansione dell’economia statunitense. Solo il leading indicator settimanale calcolato dall’Economic Cycle Research Institute indica le possibilità di un’entrata in recessione dell’economia statunitense, ma tale indicatore ha fornito troppi falsi segnali in passato ed è troppo legato all’andamento del mercato azionario per trarre conclusioni definitive solo sulla base del suo andamento.
Il mercato azionario, inoltre, sembra offrire ancora spazi di crescita agli attuali livelli (S&P500 intorno a 1100). Sulla base del nostro modello di valutazione di lungo periodo che tiene in considerazione il P/e medio degli utili degli ultimi 30 anni e la crescita media degli utili negli ultimi 30 anni, il mercato sembra offrire ancora margini di crescita interessanti anche se non come ai massimi del ’74 e dell’81, cui sono poi seguiti dei mercati al rialzo che sono durati molti anni, o come a marzo ’09 livello cui è poi il successivo rally che non si può ancora considerare concluso. Agli attuali livelli, comunque, lo S&P500 promette un rendimento atteso superiore a quello medio.
Favorevole per il mercato azionario è anche la considerazione che la crescita degli utili dovrebbe proseguire ad un buon ritmo anche nei prossimi trimestri, anche se le attese del consensus degli analisti raccolto da Standard & Poor’s di una crescita del 44% quest’anno e del 16% nel 2011 potrebbero essere troppo ottimistiche sulla base della normale correlazione tra crescita degli utili e crescita economica. Le attese positive sull’andamento della redditività sono alimentate dalla pendenza della curva dei rendimenti: storicamente, infatti, una curva dei rendimenti ripida come quella attuale (il differenziale tra il Governativo a 10 anni e quello a due anni si è attestato al 2,42% a fine luglio) è stata seguita da un forte incremento degli utili nel corso dei 3 anni successivi.
Nonostante abbiano registrato performance simili nel mese di luglio, riteniamo che i mercati azionari statunitensi siano da preferire rispetto a quelli europei grazie alla possibilità che il Dollaro possa tornare a guadagnare nei confronti dell’Euro. Come abbiamo evidenziato sullo scorso numero di Milano finanza, il Dollaro dovrebbe tornare ad apprezzarsi contro la valuta unica europea nei mesi prossimi mesi sia perché ancora sottovalutato sulla base della Parità del Potere d’acquisto calcolata dall’OCSE sia perché dovrebbe attrarre gli investitori sia nel caso di una prosecuzione della crescita economica internazionale, per le possibilità di una maggiore crescita dell’economia statunitense rispetto a quella europea, sia nel caso di un suo peggioramento, per il movimento di fly to safety.
Infine, fintanto che non si avranno evidenze più nette di un marcato rallentamento dell’economia internazionale, i mercati emergenti dovrebbero offrire performance superiori a quelle dei mercati sviluppati. I tassi di crescita di questi paesi, infatti, sono decisamente superiori, come chiaramente testimoniato dalle politiche monetarie restrittive adottate da paesi quali Brasile e India per non fare surriscaldare le loro economie, e anche lo stato dei conti pubblici pare migliore di quello di tanti paesi occidentali. Inoltre, grazie ai maggiori tassi di sviluppo, verso questi paesi dovrebbero continuare a convergere gli investimenti internazionali, favorendo un apprezzamento delle rispettive valute. All’interno di un portafoglio, quindi, azioni e obbligazioni dei paesi emergenti sono da sovrappesare.
All’interno del nostro portafoglio modello i mercati azionari dei paesi emergenti sono presenti praticamente dalla sua costituzione lo scorso mese di dicembre, anche se tra maggio e luglio abbiamo ridotto le posizioni. A partire da questa settimana, in linea con la nostra analisi precedente, inseriamo in portafoglio anche i titoli obbligazionari dei mercati emergenti, prendendo come punto di riferimento l’ETF emesso da Deutsche Bank DB X-Trackers LI Emerging Marktes (simbolo Xemb) che investe in titoli di stato di paesi emergenti.

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