giovedì 11 novembre 2010

Quanto preoccupa l’inflazione cinese

Se la Fed ha ampliato a inizio mese la propria politica monetaria espansiva per contrastare i timori di un’entrata in deflazione, la Cina potrebbe ben presto dovere intensificare i propri sforzi per combattere il pericolo opposto: una crescita troppo accentuata dell’inflazione. I dati relativi al mese di ottobre pubblicati ieri hanno, infatti, evidenziato come i prezzi al consumo siano saliti del 4.4% y/y, contro il 4% atteso dal consensus e il 3.6% del mese di settembre, mentre i prezzi alla produzione sono addirittura balzati del 5% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, contro il 4.3% y/y del mese precedente ed il 4.5% y/y delle attese.
Tali dati hanno aumentato le possibilità che la politica monetaria della Banca Popolare Cinese possa farsi ancora più restrittiva nei prossimi mesi, anche se l’inflazione è attesa scendere nel 2011 sulla scia del rallentamento della crescita economica. In particolare i rialzi dei tassi nel 2011 potrebbero essere più dei due che il consensus si aspettava dopo l’annuncio della Banca Popolare Cinese dello scorso 19 ottobre del rialzo sia dei tassi sui depositi (dal 2.25% al 2.5%) sia di quelli sui prestiti a un anno (dal 5.31% al 5.56%). Ad esempio il tasso swap sui titoli a due anni sconta un rialzo dei tassi di 100 punti base nel corso del 2011, sulla base dei calcoli dell’analista di Deutsche Bank Liu Linan. Un'altra alternativa a disposizione delle autorità monetarie cinesi è aumentare la percentuale di riserve da tenere presso la Banca Centrale, in linea con quanto già deciso nel corso della settimana: a partire dal 16 novembre, infatti, queste aumenteranno di 50 punti base, in una mossa che dovrebbe permettere di ritirare dal mercato circa 300 miliardi di Yuan. Infine, un’ultima azione che potrebbe essere decisa dalle autorità di Pechino è permettere un apprezzamento più rapido dello Yuan, dopo che la valuta cinese ha guadagnato il 2.8% contro il Dollaro statunitense a partire dallo scorso mese di giugno. Tale eventualità non è ignorata dai mercati, anche se il progresso del 3.2% atteso dai trader nei tassi forward non sembra essere in grado di avere un impatto sull’andamento dell’inflazione interna cinese.
Tuttavia, la decisione di alzare i tassi in maniera marcata non dovrebbe essere presa a cuor leggero dalle autorità cinesi. In primo luogo perché questa potrebbe aumentare i flussi di capitale speculativi in entrata nel paese, anche se l’annuncio in settimana di una serie di misure per raffreddarli potrebbe contribuire a contenere i pericoli che deriverebbero da un eccesso d’investimenti stranieri nel paese. In secondo luogo perché potrebbe avere un effetto molto negativo sul settore immobiliare, su cui si teme la presenza di una bolla speculativa e che nei prossimi mesi potrebbe già dovere subire le conseguenze di una minore crescita dei crediti per comprare casa se il Governo cinese dovesse confermare, come appare certo al momento attuale, gli obiettivi che erano stati fissati ad inizio anno in termini di crescita totale dei crediti nel 2010.
L’orientamento della politica monetaria dipenderà dall’andamento dei prezzi delle commodities nei prossimi mesi, alla luce della stretta correlazione tra la crescita dell’inflazione cinese e delle materie prime.
Si capisce, in questo modo, l’astio delle autorità cinesi nei confronti della decisione della Fed di incrementare la propria politica espansiva. La causa del rialzo di oltre il 20% registrato dalle quotazioni delle commodities a partire dallo scorso mese di agosto è stata, infatti, attribuita dagli esperti di mercato alle attese, dimostratesi poi corrette, per un incremento della politica monetaria espansiva da parte della Fed. Questa, infatti, ha sia aumentato la liquidità sui mercati sia indebolito il Dollaro, valuta in cui le commodities sono quotate sui mercati.
In tal senso, però, la risposta migliore alla Cina l’ha data il Governatore della Bank of England Mervyn King durante la conferenza stampa a margine della pubblicazione dell’inflation report lo scorso mercoledì 10. Interrogato sulla questione, King ha evidenziato come la scelta di ancorare la propria valuta al Dollaro sia una libera scelta da parte di un paese, che deve perciò essere pronto a subirne le conseguenze. L’alternativa sarebbe permettere un regime di tassi cambi variabili.
In questo scenario, quindi, le politiche monetarie e gli interessi delle due maggiori economie mondiali dovrebbero essere sempre più divergenti nei mesi a venire.

mercoledì 10 novembre 2010

La Bank of England allontana (ma non cancella) un incremento del quantitative easing

La pubblicazione dell’inflation report trimestrale della Bank of England e la seguente conferenza stampa del Governatore Mervyn King sono gli appuntamenti chiave per capire le prospettive della politica monetaria nel Regno Unito nel corso dei mesi successivi. Per questo motivo i mercati attendevano la pubblicazione del report prevista ieri con grande trepidazione, in particolare dopo che le minute della riunione dello scorso mese di ottobre avevano evidenziato come la BoE fosse divisa in tre fazioni (situazione che dovrebbe essere confermata dalle minute della riunione di novembre che saranno pubblicate mercoledì 17): la maggioranza del Comitato di politica monetaria che ha votato per mantenere invariati sia i tassi allo 0.5% sia il programma di quantitative easing a GBP200bn, un membro, Andrew Sentance, che avrebbe preferito alzare i tassi di 25 punti base e un altro membro, Adam Posen, che aveva votato di aumentare il programma di quantitative easing di GBP50bn.
La risposta che i mercati sembrano avere tratto dagli appuntamenti di ieri è chiara: un incremento del programma di quantitative easing da parte della BoE non è imminente nonostante la Fed abbia deciso di ampliare il proprio stimolo monetario a inizio novembre. Non si spiegherebbe altrimenti il contemporaneo rialzo di Sterlina e tassi a lungo termine nelle fasi seguenti la conferenza stampa di King.
Ad allontanare le ipotesi di un ulteriore stimolo monetario nel breve è stata la revisione delle proiezioni sull’andamento dei prezzi al consumo nel corso dei prossimi mesi da parte della Bank of England. Queste, infatti, sono state riviste al rialzo rispetto allo scorso mese di agosto, con l’inflazione che dovrebbe rimanere ben sopra l’obiettivo del 2% sino alla fine del 2011. Solo dopo l’inflazione dovrebbe scendere sotto il 2% a causa della capacità inutilizzata presente nel sistema. Lo scenario dell’inflazione appare, però, quanto mai incerto a detta della stessa Banca Centrale. Per quanto molti dei fattori che dovrebbero sostenere l’inflazione nei prossimi mesi siano temporanei (rialzo dell’IVA, dei prezzi energetici e la debolezza della Sterlina), questi potrebbero aumentare le aspettative sull’andamento dei prezzi al consumo nel medio periodo, rendendo l’inflazione più resistente di quanto anticipato dalle autorità monetarie britanniche.
Del resto, con l’inflazione attesa ben sopra il livello obiettivo del 2% e un tasso di crescita che è stimato rimanere robusto nel corso dei prossimi trimestri, un incremento della politica monetaria espansiva da parte della BoE sembrerebbe difficilmente giustificabile adesso. Le nuove proiezioni della Bank of England, infatti, vedono la crescita continuare ad un ritmo medio del 3% annuo per tutto il periodo di previsione. L’effetto negativo dovuto alla politica fiscale restrittiva che sarà adottata a partire dal 2011 sembra, quindi, essere considerato limitato, contrariamente a quanto detto dal Fondo monetario internazionale il giorno prima.
Per questo motivo la Bank of England dovrebbe confermare un atteggiamento attendista almeno sino alla pubblicazione del prossimo inflation report, prevista nel mese di febbraio, considerando che anche un incremento dei tassi a causa delle pressioni inflazionistiche elevate appare improbabile per tutte le incertezze sulle prospettive dell’economia. Solo allora, sulla base dell’andamento dei dati economici che saranno pubblicati nelle prossime settimane, le autorità monetarie britanniche potrebbero dare una direzione più netta al proprio orientamento. Lo stesso King, infatti, ha confermato come l’analisi dei singoli dati che saranno nelle prossime settimane sarà quanto mai importante per capire quale indirizzo prenderà la politica monetaria.
Tuttavia, più che i singoli dati economici potrebbe essere l’andamento della Sterlina a determinare l’andamento della politica monetaria nel corso dei prossimi trimestri. Nella conferenza stampa, infatti, King ha evidenziato come un riequilibrio nei conti con l’estero tramite un incremento delle esportazioni ed una crescita più moderata dei consumi sia fondamentale per assistere ad una crescita più equilibrata negli anni a venire. Allo stesso tempo, King ha anche evidenziato come un rallentamento delle altre maggiori economie internazionali sia il rischio maggiore per le prospettive di crescita britanniche. In questo scenario, e con il calo della Sterlina nel corso degli ultimi anni che ha avuto un effetto inferiore alle attese sull’andamento delle esportazioni, ogni incremento della valuta sarebbe guardato con preoccupazione dalla Bank of England.
Insomma, King che, fu il primo a propugnare un calo della valuta per migliorare la crescita economica, non ha ancora cambiato idea: puntare su un rialzo della Sterlina nei prossimi mesi potrebbe, quindi, essere quanto mai arrischiato.

martedì 2 novembre 2010

La Fed inizia un nuovo quantitative easing

Il FOMC è ampiamente atteso annunciare un nuovo ciclo di allentamento quantitativo (QE2) al termine della riunione di politica monetaria di oggi e domani, come indicato dal presidente della Fed Bernanke e da altri membri del comitato di politica monetaria nelle ultime settimane. Molte, però, sono le incertezze per quanto riguarda le dimensioni del programma. È molto improbabile che il nuovo programma superi la dimensione di QE1 (USD1.7trn), con una possibilità concreta che la Fed possa decidere di adottare misure graduali secondo gli sviluppi economici. Una chiara possibilità è che la Fed possa annunciare l'acquisto di titoli di Stato a lungo termine per un controvalore di USD300/500bn nei prossimi sei mesi. Nel comunicato che sarà pubblicato al termine della riunione, il FOMC dovrebbe confermare che "le misure dell'inflazione sono attualmente a livelli di poco inferiori a quelli che i membri del comitato ritiene coerenti con il suo mandato di promuovere la massima occupazione e la stabilità dei prezzi "e che il tasso sui Fed Fund è destinato a rimanere su livelli eccezionalmente bassi per un" lungo periodo ".