lunedì 8 marzo 2010

Mina debito pubblico in Giappone

Global Strategy Weekly del 22 febbraio (per una prova del report settimanale Top Down Outlook vai sul sito www.matrada.it)

Nel corso delle ultime settimane, i mercati finanziari si sono concentrati sulle prospettive negative dei paesi periferici dell’area Euro, in particolare della Grecia, a causa dei loro elevati deficit e debiti pubblici. Tuttavia, anche se in maniera inferiore, le incertezze sul futuro dei conti pubblici riguardano la stragrande maggioranza dei paesi sviluppati: ad esempio, il debito pubblico in % del PIL può salire nel 2011 al 65% negli Stati Uniti (considerando però solo quelle nelle mani del pubblico), all’88,2% nel Regno Unito e all’83,7% nell’intera area Euro.
Tuttavia, il paese che potrebbe soffrire maggiormente nei prossimi anni a causa dell’elevato livello del debito pubblico è il Giappone. Infatti, il debito pubblico è cresciuto a dismisura negli ultimi due decenni (era al 59% del PIL nel 1990) e, secondo le stime del Fondo monetario internazionale, potrebbe essere salito al 218% del PIL nel 2009, per poi raggiungere il 227% e il 246% rispettivamente nel 2010 e 2014. L'effetto del balzo del debito pubblico ha avuto l’effetto di più che compensare la riduzione del debito del settore privato, aumentando il livello di debito totale/PIL dal 420% nel 1995 al 471% in Q2 '09, secondo i dati di McKinsey Global Institute's. Il 1995 è stato preso come anno di riferimento in quanto è l'anno che ha visto il debito delle società non-finanziarie raggiungere il livello più alto (148% del PIL), dopo il quale è iniziato un processo di deleveraging finito solo nel 2005 (il debito è sceso al 91% del PIL nel 2005 e ora si attestano al 95% del PIL).
Tuttavia, nonostante l'enorme aumento del debito pubblico e l’ulteriore incremento atteso nei prossimi anni, i rendimenti dei titoli di Stato Giapponesi sono rimasti a livelli molto bassi. Il rendimento del decennale, ad esempio, è stato inferiore al 2% dal 1998, senza variazioni significative in tale periodo. Ora, quindi, il Giappone registra sia il più alto debito pubblico sia i rendimenti dei Governativi più bassi tra i paesi sviluppati, in contrasto con quanto la teoria economica prescriverebbe.
Le ragioni di questo “conundrum” sono spiegate in un recente studio dal titolo "The Outlook for Financing Japan’s public debt" dell'economista del FMI Kiichi Tokuoka. Secondo l'economista i fattori alla base del basso e costante rendimento dei Governativi giapponesi sono:

1) Elevato tasso di risparmio delle famiglie: questo è stato di circa il 10% fino al 1999, quando ha cominciato a diminuire rapidamente;

2) Forte “home bias”: I governativi giapponesi sono stati finanziati in gran parte da investitori nazionali (94% alla fine del 2008), che solitamente presentano un comportamento più stabile degli investitori stranieri. Il forte orientamento verso gi investimenti domestici è guidato dalle famiglie, la cui propensione al rischio è molto debole. La quota di risparmi investita in liquidità e depositi a breve da parte delle famiglie è pari al 55% (alla fine dell’anno fiscale 2008), ben al di sopra del 16% in USA, e gran parte di questi fondi è investito in obbligazioni governative attraverso il settore bancario;

3) L'esistenza di grandi e stabili investitori istituzionali come la Japan Post Bank e il Government Pension Investment Fund;

4) I recenti flussi di risparmio di grandi dimensioni provenienti dal settore aziendale.

Tuttavia, Tokuoka ha spiegato che cambiamenti strutturali nel bilancio delle famiglie e degli attori chiave del mercato potrebbero indebolire la capacità di assorbimento del mercato dei titoli di stato giapponesi, rendendoli più sensibili al livello del debito. Per fare un esempio, il ruolo delle famiglie nel fornire fondi al mercato dei governativi rischia di diminuire poiché il tasso di risparmio può ulteriormente cadere dal livello attuale (2,2% nel 2007). Una simulazione dell'autore ha indicato che, in base alle tendenze attuali, il debito pubblico lordo nel 2015 potrebbe superare le attività finanziarie delle famiglie, supponendo che il tasso di risparmio delle famiglie rimanga al 2,2%.
Tokuoka ha concluso che nel medio termine è fondamentale stabilire un piano credibile per garantire la sostenibilità fiscale. Il piano dovrà prevedere un calendario stabilito per le riforme fiscali da attuare una volta che la ripresa economica avrà preso forza.
Tuttavia, un cambiamento nella politica fiscale espansiva adottata dal governo in questi ultimi anni non è imminente. Gli ultimi dati sul Pil di Q4 ’09 hanno indicato che la crescita economica è trainata principalmente dalle esportazioni, nonostante la ripresa sorprendente delle spese dei consumatori e degli investimenti delle imprese. Tuttavia, l'aspetto più preoccupante dei dati sul PIL di Q4 è stato il calo dello 0,9% q/q del deflatore del PIL – il valore più basso degli ultimi 54 anni.
La deflazione pesa sull’economia giapponese in due modi: 1) indebolisce la spesa dei consumatori e 2) rallenta gli investimenti delle imprese, dato che i tassi reali sono più alti che nel resto del mondo sviluppato.
Questa situazione negativa non è destinata a cambiare nel breve termine. Infatti, l'output gap è molto ampio (circa il 7% secondo le stime del Cabinet Office per il periodo luglio-settembre 2009) e un recupero significativo non è previsto nei prossimi mesi. In effetti, la domanda interna è destinata a rimanere debole a causa del calo dei salari, che sta avendo un impatto sulle vendite di una vasta gamma di beni discrezionali, e delle incertezze sulla ripresa economica in corso che limitano gli investimenti. Per queste ragioni solo un ulteriore miglioramento significativo delle esportazioni potrebbe innescare una ripresa economica più sostenuta.
La crescita delle esportazioni è, comunque, limitata dal forte apprezzamento dello Yen negli ultimi mesi, in particolare nei confronti del Dollaro statunitense e, di conseguenza, dello Yuan cinese, che è agganciato alla valuta statunitense. Rispetto al picco di giugno 2007, lo Yen è avanzato di oltre il 27% rispetto al dollaro USA, erodendo i margini di profitto per le imprese esportatrici. Basato sulle stime della Parità di potere d'acquisto dell’OCSE, ai livelli attuali, lo Yen è sopravvalutato di oltre il 25% rispetto al dollaro USA.
Pertanto, una svalutazione dello Yen sarebbe il modo più efficace per stimolare la crescita economica giapponese nel breve periodo, anche se sembra difficile da attuare, dato che quasi tutte le principali economie internazionali contano più o meno esplicitamente sulla svalutazione della loro moneta per rilanciare l'economia. Inoltre sia la Banca del Giappone (BoJ) sia il Ministero del Tesoro sembrano avere possibilità limitate di attuare azioni politiche per stimolare l'economia. La settimana scorsa, ad esempio, la BoJ ha lasciato i tassi invariati allo 0,1% e non ha preso decisioni sul suo programma di quantitative easing.
Tuttavia, crediamo che, dovesse lo Yen tornare a rafforzarsi rispetto al dollaro USA nei prossimi mesi, la BoJ sarebbe pronta ad adottare misure straordinarie (ad esempio aumentando i prestiti alle banche commerciali o gli acquisti dei titoli di Stato) per indebolire il tasso di cambio. Il deterioramento dei conti pubblici è un altro fattore che dovrebbe favorire un calo dello Yen. Non crediamo, quindi, che nei prossimi mesi lo Yen possa rafforzarsi in maniera consistente dal livello attuale.
Per questo motivo non vediamo ragioni per investire in qualsiasi asset class denominata in Yen giapponesi. Il mercato azionario giapponese ha sottoperformato gli altri principali mercati azionari internazionali, mentre, considerando la possibile svalutazione dello Yen nel medio termine e i bassi rendimenti obbligazionari, consigliamo vivamente di non investire nel mercato obbligazionario giapponese.
Infine, lo scenario economico per l'economia giapponese che abbiamo appena descritto rafforza la nostra raccomandazione di acquisto sul tasso di cambio AUD/JPY. Il tasso di cambio è sceso nelle settimane precedenti a causa della decisione a sorpresa della RBA di lasciare i tassi invariati al 3,75% al termine della riunione di politica monetaria di febbraio e per l'aumento del premio al rischio sui mercati finanziari internazionali. Tuttavia, l'AUD/JPY è rimbalzato la settimana scorsa quando la RBA ha chiarito nelle minute della riunione di febbraio che la fase di rialzo dei tassi riprenderà nei prossimi mesi. A seguito dell’andamento migliore del previsto dell'occupazione nel mese di dicembre la RBA potrebbe decidere di alzare i tassi al 4% già nel corso della riunione di marzo. Continuiamo a ritenere che la banca centrale australiana e quella giapponese attueranno rispettivamente la politica monetaria più restrittiva e più espansiva tra le principali banche centrali nel 2010, rendendo il tasso di cambio AUD/JPY il preferito per svolgere operazioni di carry trade.

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