Nel Top Down Outlook dello scorso 9 luglio avevamo analizzato le prospettive del tasso di cambio Euro Dollaro. Ripropiamo qui un estratto del report. Per una prova gratuita di un mese del report andate al siti www.matrada.it
La
decisione della BCE di tagliare il tasso Refi dall’1% allo 0,75% in settimana,
e soprattutto il tasso di deposito dallo 0,25% allo 0%, non è stata una grossa
sorpresa per i mercati finanziari poichè in linea con le attese di consensus.
Al contrario, i mercati sono rimasti delusi dal fatto che il presidente Draghi
nella conferenza stampa non abbia dato chiare indicazioni di ulteriori
interventi nei prossimi mesi, pur affermando che la BCE è pronta ad agire
qualora fosse necessario e che gli strumenti a disposizione della Banca
Centrale non sono terminati. Il mancato riferimento a nuove operazioni di
rifinanziamento a lungo termine per le banche (LTRO) o a una riattivazione del
programma di acquisto di titoli sul mercato (SMP) ha spinto i mercati azionari
in ribasso nella seduta di giovedì.
Inoltre,
il presidente Mario Draghi è sembrato molto pessimista sulle prospettive
dell’economia dell’area Euro, dichiarando di aspettarsi una contrazione nel
secondo trimestre e dicendo che i rischi al ribasso sull’economia si sono
materializzati.
Oltre
a spingere al ribasso i mercati azionari, le scelte di politica monetaria della
BCE hanno avuto l’effetto di indebolire l’Euro, sceso contro il Dollaro USA
sotto la soglia di 1,24 per la prima volta dallo scorso 4 giugno. Diverse sono
le spiegazioni dietro l’indebolimento della valuta unica europea. In primo
luogo hanno pesato i timori sulle prospettive dell’economia dell’area Euro,
rafforzati dalle parole di Draghi. In secondo luogo, la decisione di abbassare
i tassi sui depositi a 0% potrebbe spingere alcuni investitori a dirottare una
parte dei propri capitali all’estero poiché i tassi sul mercato monetario sono
praticamente scesi a 0. Un esempio si è avuto con la decisione di JP Morgan di
sospendere le sottoscrizioni di 5 fondi monetari. Basti pensare che le banche
commerciali depositavano circa 800 miliardi di Euro ogni giorno presso la Banca
Centrale e che ora potrebbero decidere di ridurli in maniera andando alla
ricerca di investimenti alternativi. Per quanto la speranza della BCE sia che
una parte di questa liquidità sia dirottata verso l’economia reale, una parte
potrebbe essere investita su mercati esteri, che offrono possibilità di
rendimenti maggiori.
Altra
spiegazione dietro il calo dell’Euro è che il taglio dei tassi ha ridotto
l’incentivo a detenere la valuta unica europea sul mercato dei cambi. In
particolare, nelle operazioni di carry trade l’Euro può diventare sempre più
una valuta di finanziamento nei confronti di quelle che presentano tassi di
interesse più elevati, come il Dollaro Australiano e Neozelandese e la corona
Norvegese e Svedese. Allo stesso tempo, il differenziale positivo contro
Dollaro USA e Sterlina si è assottigliato, riducendone ulteriormente l’appeal.
Qualora i tassi dovessero scendere allo 0,5%, queste considerazioni
prenderebbero ulteriore forza. Alcune investment bank, infatti, ritengono che
il taglio dei tassi di giovedì 5 luglio non sarà l’ultimo. È questo il caso di
Societè Generale, che prevede una riduzione di 25 punti base allo 0,5% in
settembre.
Indebolire
l’Euro nei confronti delle principali valute internazionali potrebbe, così,
essere il prossimo obiettivo della BCE, anche se difficilmente le autorità
monetarie potranno dichiararlo in pubblico. Un calo della valuta sarebbe, al
momento attuale, il maggiore stimolo alla crescita economia europea. Basti ad
esempio pensare che, secondo le stime dell’OCSE, il taglio dei tassi di 25
punti base potrebbe avere un impatto sulla crescita del Pil dello 0,1%. Come a
dire nulla, come confermato dallo stesso Draghi giovedì in conferenza stampa.
Un calo dell’Euro del 10%, invece, è in grado di stimolare la crescita economia
dello 0,8% dopo un anno e dello 0,9% dopo due.
In
tal senso una discesa sino alla parità del tasso di cambio Euro/Dollaro, un
calo del 20% delle attuali quotazioni, è il meglio che l’economia dell’area
Euro possa aspettarsi in questo momento. Lo stimolo alla crescita sarebbe,
infatti, superiore all’1,5% e le ripercussioni sull’inflazione contenute,
considerando che la crescita dei prezzi al consumo è attesa scendere sotto il
2% nella prima parte del prossimo anno dalla stessa BCE.
Una
discesa dell’Euro alla parità contro il Dollaro non sarebbe, inoltre, neanche
un fatto eccezionale sulla base dell’esperienza storica, come indicato dal
grafico in pagina. In quel caso, infatti, l’Euro sarebbe sottovalutato contro
il Dollaro di circa il 20% sulla base della stima della Parità del Potere
d’acquisto calcolata dall’OCSE, in linea con quanto avvenuto nel periodo
2000/2002, quando era poi partito il rally che aveva spinto le quotazioni del
tasso di cambio al record di 1,6 nel 2008. La sottovalutazione nel 1995,
considerando la serie storica ricostruita dell’Euro, era ancora più ampia,
avendo raggiunto il 30%.
Del
resto, che l’Euro sia stato sopravvalutato contro il Dollaro per tutto il
periodo della crisi degli ultimi anni è uno dei grandi misteri per i mercati
finanziari.
Al di là di quelli che possono essere i movimenti di
breve periodo, quindi, l’Euro sembra destinato a continuare ad indebolirsi
anche nei prossimi mesi. Non è solo l’azione della BCE, infatti, che dovrebbe
remare in quella direzione. Anche le politiche fiscali restrittive adottate dai
governi dell’area Euro vanno nella direzione di un indebolimento dell’Euro.
Come mostrato dal grafico in pagina, l’Euro ha in passato mostrato la tendenza
ad indebolirsi contro il Dollaro nelle fasi di restrizione fiscale e viceversa.
Questo perché politiche fiscali restrittive sono accompagnate da politiche
monetarie espansive che tendono ad indebolire la valuta. Allo stesso tempo, le
politiche fiscali più espansive adottate negli USA, salvo il caso in cui il
Congresso non trovi un accordo per evitare il “fiscal cliff” all’inizio
dell’anno prossimo, sono a favore di un rafforzamento del Dollaro.
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