giovedì 20 ottobre 2011

La scommessa della Banca d’Inghilterra sull’inflazione

Le minute della riunione del Comitato di politica monetaria della Bank of England dello scorso 5/6 ottobre, in cui era stato deciso di incrementare il programma di acquisto di asset di 75 miliardi di Sterline portandolo a 275 miliardi, hanno messo ancora di più in risalto il paradosso in cui si trovano le autorità monetarie di Sua Maestà. A fronte di un balzo dell’inflazione al 5.2% y/y in settembre, ben oltre quindi le attese di mercato di un incremento al 4.9% y/y, e di un obiettivo per la Banca Centrale del 2%, la BoE ha deciso di attuare una manovra espansiva per evitare il rischio che l’inflazione possa scendere troppo sotto tale obiettivo al termine del periodo di previsione di due anni. Il rialzo dei prezzi al consumo, che era stato anticipato nella riunione di inizio ottobre, è stato considerato momentaneo e dovuto ad elementi temporanei come l’incremento dell’IVA ed il balzo dei prezzi delle commodities di inizio anno. Anche l’impennata dei prezzi core al 3.3% è considerata momentanea, sebbene giudicata più preoccupante dagli economisti. La tesi dei banchieri centrali è che nel 2012 i prezzi dovrebbero tornare a scendere una volta venuti meno questi fattori a causa della debolezza della domanda interna e dell’elevato livello della capacità produttiva inutilizzata all’interno del sistema economico inglese.
Le minute della riunione hanno evidenziato come l’orientamento all’interno della BoE sia fortemente espansivo. In primo luogo perché alcuni membri hanno evidenziato come sulla base dello scenario economico prevalente anche un intervento più massiccio sarebbe stato giustificabile. L’ipotesi di incrementare il programma di acquisto di asset di 100 miliardi di Sterline è stata presa in considerazione anche se per il momento scartata.
In secondo luogo perché non è stato ritenuto utile neanche aspettare novembre per un intervento, scelta che alla vigilia era considerata la più probabile dal consensus degli economisti, per far sì che il Governatore spiegasse nel corso della conferenza stampa per la presentazione dell’Inflation Report trimestrale il perché della necessità di una nuova politica monetaria espansiva.
Tale orientamento espansivo rafforza le ipotesi di quegli economisti che stimano che la BoE possa ulteriormente intervenire nei prossimi mesi per sostenere la crescita economica. Ad esempio Michael Sunders di Citigroup ha stimato che il programma di acquisto di asset possa essere portato a 500 miliardi di Sterline. In quel caso la Bank of England arriverebbe a detenere i due terzi del debito pubblico britannico. Appare quindi possibile che un eventuale prossimo intervento espansivo possa avere altre categorie di attività, iniziando ad acquistare titoli del settore privato.
Una prosecuzione della fase espansiva nei prossimi mesi appare possibile alla luce delle negative indicazioni provenienti dal fronte macroeconomico nel corso delle ultime settimane. Ad esempio, gli ultimi dati sulla produzione manifatturiera hanno registrato un calo dello 0.3% m/m nel mese di agosto con un progresso rispetto allo stesso periodo dello scorso anno limitato all’1.5%, mentre il tasso di disoccupazione è salito all’8.1%, massimo degli ultimi 17 anni. I dati sulle vendite al dettaglio di settembre che saranno pubblicati oggi dovrebbero evidenziare come la domanda interna rimanga debole, con un incremento dello 0.2% m/m e dello 0.6% y/y. Lo scenario più probabile per l’economia inglese è quello di una debolezza che si dovrebbe protrarre ancora per diversi trimestri. Appare veramente difficile immaginare cosa possa dare una scossa positiva all’economia. Le spese personali dovrebbero continuare a crescere ad un ritmo moderato per la debolezza del mercato del lavoro e per l’opera di riduzione del debito da parte delle famiglie che, secondo i dati contenuti nell’ultimo Financial Stability Report del FMI, ammonta al 101% del Pil. Le spese governative dovrebbero risentire del piano di austerity lanciato dal Governo mentre le esportazioni dovrebbero essere penalizzate dalla crisi del debito in area Euro. Gli investimenti, infine, saranno limitati dall’elevato livello della capacità inutilizzata.
Con la Bank of England che dovrebbe continuare nella propria politica espansiva inondando di liquidità il sistema economico, le maggiori conseguenze dovrebbero essere sentite dalla Sterlina. In tal caso investire in attività denominate nella valuta inglese potrebbe essere quanto mai rischioso. Sebbene la Sterlina sia attualmente leggermente sottovalutata nei confronti sia del Dollaro sia dell’Euro sulla base della Parità del Potere d’Acquisto calcolata dall’OCSE, il suo giusto valore potrebbe allinearsi con le attuali quotazioni, se non addirittura portarsi sotto, nel caso in cui il trend al rialzo dell’inflazione, che l’attuale politica monetaria espansiva potrebbe ulteriormente rafforzare, dovesse proseguire.
In particolare la situazione appare critica con riferimento ai titoli obbligazionari, che offrono in questo momento rendimenti molto contenuti: ad esempio il decennale inglese rende intorno al 2.5% contro il 2.1% di quello tedesco ed il 5.9% di quello italiano. Solo nel caso la crisi del debito in area Euro dovesse peggiorare, con l’effetto contagio per la crisi in Grecia che si propagasse in maniera sempre più forte non solo in Italia e Spagna anche in Belgio e Francia, sarebbero da riconsiderare gli investimenti in Sterline ed in titoli Governativi inglese. Il Regno Unito, infatti, può contare sulla possibilità stampare moneta per evitare un default.
 

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