sabato 18 giugno 2016

Rischi in crescita per l’economia USA


La decisione della Fed i mantenere i tassi invariati alla fine della riunione del 15 giugno era ampiamente attesa dagli investitori alla luce del debole andamento del mercato del lavoro in maggio e dei rischi sull’economia mondiale legati al Brexit. Più sorprendente sono state le nuove proiezioni dei membri della Fed sull’andamento dei tassi nel corso dei prossimi trimestri. In linea con quanto era previsto in marzo la stima di consensus dei membri della Fed è di due rialzi di 25 punti base dei tassi sui Fed Fund nel 2016. Il numero di esponenti della Fed che si aspetta solo un rialzo nell’anno in corso è, però, salito a sei. La stima di consensus per fine 2017 è stata rivista al ribasso dal 2% all’1,65% e quella per il 2018 dal 3% a 2,375 %. La Fed ha inoltre rivisto al ribasso la stima del tasso di equilibrio di lungo periodo al 3,15%, dal 4% di tre anni fa era a 4%.
Infine, i banchieri centrali statunitensi hanno anche rivisto al ribasso la stima sulla crescita del Pil nel 2016 dal 2,2% al 2%.

Questo nonostante i dati pubblicati nelle ultime settimane, con l’eccezione del mercato del lavoro che potrebbe avere però risentito di fattori temporanei, abbiano evidenziato la forza dell’economia a stelle e strisce. Ad esempio, le vendite al dettaglio sono salite dello 0,5% mese su mese e dello 0,3% mese su mese nella versione ex-auto, superando le attese di consensus. Molto positivi sono stati anche i dati sul mercato immobiliare, con le costruzioni di nuove case a e l’indice di fiducia dei costruttori NAHB al massimo da gennaio e portatosi su valore in linea con una crescita sostenuta nei prossimi mesi. I dati sulla produzione industriale sono stati volatili, ma il miglioramento dell’indice di fiducia delle imprese ISM manifatturiero di maggio ha anticipato un trend positivo in estate. Il buon andamento dei dati sinora pubblicati nel corso del secondo trimestre è riassunto dal modello di stima in tempo reale sulla crescita del Pil della Fed di Atlanta, che ora vede un’espansione del Pil del 2,8% nel trimestre in corso. 
Tuttavia, le prospettive di medio-lungo periodo dell’economia statunitense paiono in peggioramento. Un primo segnale negativo arriva dall’andamento della curva dei rendimenti. Il calo del decennale dal 2,2% d’inizio anno all’1,57% ha portato il differenziale con il titolo a 3 mesi da 200 a 130 punti base. L’appiattimento della curva dei rendimenti è storicamente in segnale negativo per l’andamento dell’economia nei 12 mesi successivi. Le possibilità di assistere ad una recessione nel corso dei prossimi 12 mesi sulla base del modello della Fed di Cleveland sono salite dal 7,3% di aprile all’8,3% in maggio.

Un altro segnale preoccupante è il calo dei profitti aziendali. Sulla base dei dati di contabilità nazionale i profitti in Q1 hanno registrato un calo del 5,7%, il terzo calo consecutivo rispetto all’anno prima. Questo potrebbe avere un impatto negativo sugli investimenti nei prossimi trimestri, riducendo la crescita.

Infine, il trend al ribasso dell’indice della Fed sulle condizioni del mercato del lavoro è un ulteriore segnale che l’economia statunitense possa rallentare a fine 2016/inizio 2017.
Tutti e questi tre indicatori inducono alla cautela sulle prospettive dell’economia statunitense nei prossimi trimestri. A preoccupare è che, per quanto non siano su valori in linea con una recessione dell’economia, questi indicatori si stanno dirigendo verso tali valori. In questo scenario, le possibilità che la Fed possa alzare i tassi nei prossimi mesi diminuiscono sempre di più.

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