La decisione della Fed i
mantenere i tassi invariati alla fine della riunione del 15 giugno era
ampiamente attesa dagli investitori alla luce del debole andamento del mercato
del lavoro in maggio e dei rischi sull’economia mondiale legati al Brexit. Più
sorprendente sono state le nuove proiezioni dei membri della Fed sull’andamento
dei tassi nel corso dei prossimi trimestri. In linea con quanto era previsto in
marzo la stima di consensus dei membri della Fed è di due rialzi di 25 punti
base dei tassi sui Fed Fund nel 2016. Il numero di esponenti della Fed che si
aspetta solo un rialzo nell’anno in corso è, però, salito a sei. La stima di
consensus per fine 2017 è stata rivista al ribasso dal 2% all’1,65% e quella
per il 2018 dal 3% a 2,375 %. La Fed ha inoltre rivisto al ribasso la stima del
tasso di equilibrio di lungo periodo al 3,15%, dal 4% di tre anni fa era a 4%.
Infine, i banchieri centrali
statunitensi hanno anche rivisto al ribasso la stima sulla crescita del Pil nel
2016 dal 2,2% al 2%.
Questo nonostante i dati
pubblicati nelle ultime settimane, con l’eccezione del mercato del lavoro che
potrebbe avere però risentito di fattori temporanei, abbiano evidenziato la
forza dell’economia a stelle e strisce. Ad esempio, le vendite al dettaglio
sono salite dello 0,5% mese su mese e dello 0,3% mese su mese nella versione
ex-auto, superando le attese di consensus. Molto positivi sono stati anche i
dati sul mercato immobiliare, con le costruzioni di nuove case a e l’indice di
fiducia dei costruttori NAHB al massimo da gennaio e portatosi su valore in
linea con una crescita sostenuta nei prossimi mesi. I dati sulla produzione
industriale sono stati volatili, ma il miglioramento dell’indice di fiducia
delle imprese ISM manifatturiero di maggio ha anticipato un trend positivo in
estate. Il buon andamento dei dati sinora pubblicati nel corso del secondo
trimestre è riassunto dal modello di stima in tempo reale sulla crescita del
Pil della Fed di Atlanta, che ora vede un’espansione del Pil del 2,8% nel
trimestre in corso.
Tuttavia, le prospettive di
medio-lungo periodo dell’economia statunitense paiono in peggioramento. Un
primo segnale negativo arriva dall’andamento della curva dei rendimenti. Il
calo del decennale dal 2,2% d’inizio anno all’1,57% ha portato il differenziale
con il titolo a 3 mesi da 200 a 130 punti base. L’appiattimento della curva dei
rendimenti è storicamente in segnale negativo per l’andamento dell’economia nei
12 mesi successivi. Le possibilità di assistere ad una recessione nel corso dei
prossimi 12 mesi sulla base del modello della Fed di Cleveland sono salite dal
7,3% di aprile all’8,3% in maggio.
Un altro segnale
preoccupante è il calo dei profitti aziendali. Sulla base dei dati di contabilità
nazionale i profitti in Q1 hanno registrato un calo del 5,7%, il terzo calo
consecutivo rispetto all’anno prima. Questo potrebbe avere un impatto negativo
sugli investimenti nei prossimi trimestri, riducendo la crescita.
Infine, il trend al ribasso
dell’indice della Fed sulle condizioni del mercato del lavoro è un ulteriore
segnale che l’economia statunitense possa rallentare a fine 2016/inizio 2017.
Tutti e questi tre indicatori inducono alla cautela
sulle prospettive dell’economia statunitense nei prossimi trimestri. A
preoccupare è che, per quanto non siano su valori in linea con una recessione
dell’economia, questi indicatori si stanno dirigendo verso tali valori. In
questo scenario, le possibilità che la Fed possa alzare i tassi nei prossimi
mesi diminuiscono sempre di più.
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