Ora che il Brexit è
diventato realtà, diversi sono i fattori d’incertezza per l’economia dell’area
Euro. Un crollo delle esportazioni verso UK qualora i futuri negozianti per
l’uscita dall’Unione Europea del paese dovessero durare a lungo e chiudersi con
una soluzione sfavorevole al commercio potrebbe avere un impatto negativo sulle
economie dell’area Euro ma non tale da mandarle in recessione da solo l’area
Euro. UK rappresenta circa il 7% del totale delle esportazioni dei principali
paesi dell’area Euro.
A pesare sull’economia
dell’area Euro potrebbero essere principalmente le incertezze che il Brexit
potrebbe creare sul fronte politico, con un impatto negativo sulla fiducia
d’imprese e consumatori. Un calo degli investimenti nel breve appare come lo
scenario più probabile.
Per la BCE la maggiore fonte
di preoccupazione potrebbe essere un apprezzamento della valuta unica europea,
anche se le autorità monetarie di Francoforte non ammetteranno mai che l’Euro è
un obiettivo di politica monetaria.
Un apprezzamento dell’Euro,
infatti, avrebbe un impatto negativo sulle prospettive della crescita economica
e sull’andamento dell’inflazione nei prossimi mesi. Secondo un modello di
previsione dell’OCSE, un incremento del 10% della valuta unica europea contro
il panel di valute delle principali nazioni di scambio commerciale ridurrebbe
la crescita del Pil dello 0,8% dopo un anno e di un ulteriore 0,9% nei dodici
mesi successivi. L’impatto sull’inflazione invece sarebbe di ridurla dello 0,7%
nei primi 12 mesi e di un ulteriore 0,9% nei successivi.
Sarebbe un duro colpo per le
mosse della BCE, anche se il Brexit sembra avere avuto un effetto contrastato:
l’Euro si è contro il Dollaro USA, quello Australiano e quello Neo Zelandese e
ha guadagnato terreno contro Sterlina, Corona svedese e norvegese.
Il principale problema in
tal senso è che l’Euro agli attuali valori è decisamente sottovalutato contro
le principali valute internazionali. Secondo la stima dell’OCSE dei tassi di
cambio corretti sulla base della parità del potere d’acquisto, l’Euro sarebbe
sottovalutato di un minimo del 9,4% contro il Dollaro canadese e un massimo del
35% contro il Franco Svizzero.
Contro il Dollaro statunitense la
sottovalutazione sarebbe del 13,4%. La sottovalutazione della
valuta unica europea è evidenziata anche dall’andamento della bilancia
commerciale, in attivo del 4,5% del Pil se considerata l’area Euro nel suo
complesso.
In questo scenario, la BCE
potrebbe nuovamente essere impegnata nei prossimi mesi per fare si che i due
principali elementi a favore di un Euro debole permangano: il differenziale dei
tassi d’interesse contro il Dollaro e l’espansione del proprio attivo di
bilancio.
L’allargamento del
differenziale tra il rendimento del titolo a due anni statunitense e quello
tedesco e la maggiore crescita dell’attivo di bilancio della BCE rispetto a
quello della Fed hanno avuto un’altissima correlazione con l’andamento
dell’Eur/USD negli ultimi anni.
Per fare sì che questo
continui anche nei prossimi mesi le autorità monetarie di Francoforte
potrebbero come minimo estendere il programma di QE, in scadenza a marzo 2017,
con un’ulteriore espansione che non è da escludere qualora lo scenario
economico dovesse peggiorare. Gli ultimi dati hanno del resto evidenziato come
la crescita economica potrebbe rallentare nei prossimi mesi in alcuni paesi
chiave della regione come Francia e Italia. In Francia i preliminari sui PMI di
giugno hanno evidenziato un rallentamento, con il PMI composito sotto la soglia
di 50, segnale di una possibile recessione nei prossimi mesi. In Italia, il PMI
manifatturiero è sceso in maggio al minimo degli ultimi diciassette mesi.
I dati sugli aggregati
monetari hanno evidenziato come l’impatto dell’ultimo alleggerimento quantitativo
sulla crescita economica potrebbe essere inferiore alle attese. Il tasso di
crescita di M1 è sceso dal 10,1% al 9,7%, quello di M3 dal 5% al 4,6% e i
prestiti al settore privato sono aumentati di un modesto 1,2%.
Una mano alla BCE potrebbe
arrivare dalla Fed, qualora decidesse di alzare i tassi in luglio o confermasse
l’orientamento restrittivo per i prossimi mesi. Questo aiuterebbe la BCE a
mantenere l’Euro debole almeno contro il Dollaro. Le possibilità che questo
possa avvenire sono però ora ridotte al lumicino. Al contrario i futures sui
Fed Fund assegnano qualche possibilità ad un taglio dei tassi nei prossimi
mesi. Tutte le altre banche centrali, invece, sembrano essere a loro volta
impegnate nello svalutare le proprie monete.
Ad ogni modo, i pericoli
legati ad un apprezzamento dell’Euro evidenziano come la ripresa dell’area Euro
in atto sia molto fragile e come sia necessario che la
politica fiscale prenda il sopravvento su quella monetaria per spingere la
crescita.
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