sabato 25 giugno 2016

E ora la BCE deve tenere basso l’Euro

Ora che il Brexit è diventato realtà, diversi sono i fattori d’incertezza per l’economia dell’area Euro. Un crollo delle esportazioni verso UK qualora i futuri negozianti per l’uscita dall’Unione Europea del paese dovessero durare a lungo e chiudersi con una soluzione sfavorevole al commercio potrebbe avere un impatto negativo sulle economie dell’area Euro ma non tale da mandarle in recessione da solo l’area Euro. UK rappresenta circa il 7% del totale delle esportazioni dei principali paesi dell’area Euro.
A pesare sull’economia dell’area Euro potrebbero essere principalmente le incertezze che il Brexit potrebbe creare sul fronte politico, con un impatto negativo sulla fiducia d’imprese e consumatori. Un calo degli investimenti nel breve appare come lo scenario più probabile.
Per la BCE la maggiore fonte di preoccupazione potrebbe essere un apprezzamento della valuta unica europea, anche se le autorità monetarie di Francoforte non ammetteranno mai che l’Euro è un obiettivo di politica monetaria.
Un apprezzamento dell’Euro, infatti, avrebbe un impatto negativo sulle prospettive della crescita economica e sull’andamento dell’inflazione nei prossimi mesi. Secondo un modello di previsione dell’OCSE, un incremento del 10% della valuta unica europea contro il panel di valute delle principali nazioni di scambio commerciale ridurrebbe la crescita del Pil dello 0,8% dopo un anno e di un ulteriore 0,9% nei dodici mesi successivi. L’impatto sull’inflazione invece sarebbe di ridurla dello 0,7% nei primi 12 mesi e di un ulteriore 0,9% nei successivi.
Sarebbe un duro colpo per le mosse della BCE, anche se il Brexit sembra avere avuto un effetto contrastato: l’Euro si è contro il Dollaro USA, quello Australiano e quello Neo Zelandese e ha guadagnato terreno contro Sterlina, Corona svedese e norvegese.
Il principale problema in tal senso è che l’Euro agli attuali valori è decisamente sottovalutato contro le principali valute internazionali. Secondo la stima dell’OCSE dei tassi di cambio corretti sulla base della parità del potere d’acquisto, l’Euro sarebbe sottovalutato di un minimo del 9,4% contro il Dollaro canadese e un massimo del 35% contro il Franco Svizzero.
 
Contro il Dollaro statunitense la sottovalutazione sarebbe del 13,4%. La sottovalutazione della valuta unica europea è evidenziata anche dall’andamento della bilancia commerciale, in attivo del 4,5% del Pil se considerata l’area Euro nel suo complesso.
In questo scenario, la BCE potrebbe nuovamente essere impegnata nei prossimi mesi per fare si che i due principali elementi a favore di un Euro debole permangano: il differenziale dei tassi d’interesse contro il Dollaro e l’espansione del proprio attivo di bilancio.
L’allargamento del differenziale tra il rendimento del titolo a due anni statunitense e quello tedesco e la maggiore crescita dell’attivo di bilancio della BCE rispetto a quello della Fed hanno avuto un’altissima correlazione con l’andamento dell’Eur/USD negli ultimi anni.
Per fare sì che questo continui anche nei prossimi mesi le autorità monetarie di Francoforte potrebbero come minimo estendere il programma di QE, in scadenza a marzo 2017, con un’ulteriore espansione che non è da escludere qualora lo scenario economico dovesse peggiorare. Gli ultimi dati hanno del resto evidenziato come la crescita economica potrebbe rallentare nei prossimi mesi in alcuni paesi chiave della regione come Francia e Italia. In Francia i preliminari sui PMI di giugno hanno evidenziato un rallentamento, con il PMI composito sotto la soglia di 50, segnale di una possibile recessione nei prossimi mesi. In Italia, il PMI manifatturiero è sceso in maggio al minimo degli ultimi diciassette mesi.
I dati sugli aggregati monetari hanno evidenziato come l’impatto dell’ultimo alleggerimento quantitativo sulla crescita economica potrebbe essere inferiore alle attese. Il tasso di crescita di M1 è sceso dal 10,1% al 9,7%, quello di M3 dal 5% al 4,6% e i prestiti al settore privato sono aumentati di un modesto 1,2%.
Una mano alla BCE potrebbe arrivare dalla Fed, qualora decidesse di alzare i tassi in luglio o confermasse l’orientamento restrittivo per i prossimi mesi. Questo aiuterebbe la BCE a mantenere l’Euro debole almeno contro il Dollaro. Le possibilità che questo possa avvenire sono però ora ridotte al lumicino. Al contrario i futures sui Fed Fund assegnano qualche possibilità ad un taglio dei tassi nei prossimi mesi. Tutte le altre banche centrali, invece, sembrano essere a loro volta impegnate nello svalutare le proprie monete.
Ad ogni modo, i pericoli legati ad un apprezzamento dell’Euro evidenziano come la ripresa dell’area Euro in atto sia molto fragile e come sia necessario che la politica fiscale prenda il sopravvento su quella monetaria per spingere la crescita.

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