martedì 13 settembre 2011

Inflazione ostacolo alle politiche espansive

È convinzione ormai comune a tutti gli investitori ed esperti di mercato che il rallentamento delle principali economie internazionali porterà nei prossimi mesi ad un aumento delle politiche monetarie espansive da parte delle maggiori banche centrali internazionali. Gli economisti considerano sicuro un nuovo allentamento quantitativo in USA (il cosiddetto QE3) ed in UK (QE2), mentre la BCE è attesa tagliare i tassi nei prossimi mesi per riportarli almeno all’1%, livello precedente ai due rialzi dei tassi dello 0.25% decisi nel 2011.
Più incerta è la tempistica con cui questi interventi potrebbero essere decisi. Se, infatti, un intervento espansivo da parte della Fed è considerato possibile, se non molto probabile, già nel corso della riunione del Fomc in calendario settimana prossima (martedì 20 e mercoledì 21), più difficile è immaginare quando BCE e BoE possano intervenire.
A condizionare le scelte di politica monetaria potrebbe essere l’andamento dell’inflazione. Per quanto un rallentamento nel corso del 2012 sia proiettato sia dalla BCE sia dalla BoE, la sua dinamica nel breve periodo potrebbe essere maggiore delle attese, frenando gli interventi espansivi. Un’indicazione in tale senso è giunta dal dato sull’inflazione inglese nel mese di agosto, che ha visto un’accelerazione dal 4.4% del mese precedente al 4.5% y/y. Il rialzo è stato in linea con le attese di consensus, ma l’andamento delle singole voci del dato ha sorpreso gli economisti. Le tariffe energetiche, infatti, hanno contribuito meno delle attese all’incremento del dato generale, mentre abbigliamento e arredamento sono saliti al ritmo più elevato dal 1997. L’incremento delle tariffe energetiche potrebbe pesare sul dato nei prossimi mesi, spingendo il tendenziale sopra il 5% prima di un calo nella prima parte del prossimo anno grazie al venire meno dell’effetto confronto negativo per il rialzo dell’IVA entrato in vigore dal gennaio ’11.
Con un’inflazione superiore più del doppio rispetto all’obiettivo del 2%, la BoE potrebbe avere bisogno di segnali più concreti di un venire meno delle pressioni inflazionistiche o di una contrazione più forte dell’economia prima di poter intervenire in senso espansivo: un QE2 in Inghilterra, dunque, sempre improbabile prima del 2012. Il richiamo di ieri di Adam Posen, l’unico membro del Comitato di politica monetaria della BoE a votare a favore di un’espansione del programma di allentamento quantitativo sin dall’ottobre ‘10, sulla necessità di incrementare di GBP100bn il programma di acquisto di asset dovrebbe, così, cadere nel vuoto ancora per qualche mese.
Allo stesso modo anche per la BCE potrebbe essere difficile giustificare un taglio dei tassi prima del 2012 agli occhi dei politici del blocco Nord dell’area Euro, seguaci di una politica monetaria concentrata solo sul contenimento dell’inflazione, ancora più che al mercato. Il finale sui prezzi al consumo di agosto che sarà pubblicato giovedì 15 dovrebbe vedere confermato il 2.5% y/y della stima flash, anche se c’è il pericolo di una revisione al rialzo al 2.6% a seguito del balzo dell’inflazione francese al 2.5% y/y, massimo degli ultimi 3 anni.
A favorire un taglio dei tassi della BCE prima della fine dell’anno potrebbe essere la dinamica dell’inflazione core: se, infatti, in UK il CPI core è sopra il 3% y/y, in area Euro si dovrebbe mantenere stabile all’1.2% y/y in agosto. Tuttavia, con il focus delle autorità di monetarie di Francoforte sull’inflazione generale e con un cambio della guardia al comando della BCE ormai prossimo, un taglio dei tassi prima del 2012 sembra improbabile.
Ma è soprattutto in USA che i dati sull’inflazione che saranno pubblicati in settimana potrebbero cambiare le prospettive di politica monetaria nel breve. Nei suoi ultimi interventi, infatti, Bernanke ha sempre evidenziato come la maggiore differenza con agosto dello scorso anno, quando il QE2 fu annunciato, sia un livello d’inflazione decisamente più alto: in luglio il CPI si è attestato al 3.6% ed il CPI core all’1.8% contro l’1.2% e lo 0.9% rispettivamente dello scorso anno. I dati di agosto che saranno pubblicati giovedì dovrebbero vedere, sulla base delle stime di consensus, il CPI rimanere stabile al 3.6% y/y, con il CPI core dall’1.8% y/y all’1.9% y/y. In caso si sorprese negative, sulla falsariga del dato sui prezzi all’importazione pubblicati ieri che hanno visto un calo limitato allo 0,4% m/m contro attese di -0.8% m/m, le possibilità di un intervento espansivo già la prossima settimana da parte della Fed diminuirebbero. Con il balzo dei prezzi delle commodity che è considerato uno dei principali effetti del QE2, la Fed non dovrebbe correre il rischio di vedere le pressioni inflazionistiche aumentare ulteriormente nel breve a causa delle proprie mosse. Solo conferme del venire meno delle spinte al rialzo dell’inflazione potrebbero portare la Fed ad aumentare il proprio sostegno all’economia.

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