lunedì 25 luglio 2011

I mercati festeggiano, per ora…

Alla fine i mercati hanno avuto quel che volevano. Dopo che per settimane investitori ed esperti di mercato avevano chiesto ai leader dell’unione europea l’approvazione di un piano forte per il salvataggio della Grecia, al termine della riunione di Giovedì 21 è finalmente arrivata una risposta che potrebbe porre fine ai timori sulla crisi del debito dei paesi periferici dell’area Euro per diversi mesi. Questo non tanto perché con l’allungamento della durata dei prestiti a Grecia, Portogallo ed Irlanda da 7 anni a 15/30 anni e l’abbassamento dei tassi di interesse al 3.5% per questi paesi sarà più facile rispettare i propri impegni di risanamento, quanto piuttosto per la decisione di prevedere misure a favore anche di altri paesi, in particolare Spagna e Italia. Il nuovo piano, infatti, prevede che nel caso ce ne fosse bisogno il Fondo di stabilità finanziario europeo (EFSF) possa intervenire in maniera preventiva sia intervenendo sul mercato secondario d’accordo con la BCE per evitare rischi di contagio, sia ricapitalizzando le banche anche di paesi non in fase di salvataggio attraverso prestiti ai Governi. Unica incognita su questo aspetto è che la riforma dovrà essere approvata da tutti i Parlamenti dell’area Euro e quindi non sarà definitivo ancora per alcuni mesi.
Nota saliente è che il nuovo piano di salvataggio della Grecia del valore complessivo di EUR109bn prevede il coinvolgimento anche del settore privato, il cui contributo dovrebbe essere di circa EUR37bn attraverso un rollover dei titoli attualmente in portafoglio. Il settore bancario, a seguito di tale manovra, potrebbe registrare perdite pari a EUR20.6bn.
Questo dovrebbe spingere tutte le agenzie di rating a dichiarare un default selettivo per il paese, come fatto da Fitch venerdì 22, ma tale eventualità non sembra più fare paura alle autorità europee. La stessa BCE potrebbe continuare ad accettare i titoli greci come collaterale nelle operazioni di rifinanziamento.
Il favore con cui i mercati hanno accolto tale accordo è stato evidente sin da giovedì, quando sui mercati erano iniziate a circolare le prime indiscrezioni sull’esito della riunione dei leader europei. I rendimenti dei decennali italiani e spagnoli sono scesi di quasi 70 punti base e le borse dei paesi periferici hanno festeggiato con dei rialzi nell’ordine del 4%. Ancora più positiva è la stata la reazione dei titoli bancari, con Unicredito ed Intesa rimbalzate di circa il 10%, e di titoli quali Enel e Telecom Italia, penalizzati in precedenza dai timori di costi di rifinanziamento maggiori.
Nonostante la forza del rally nelle ultime due sedute, il rimbalzo sia del mercato azionario sia di quello obbligazionario potrebbe proseguire anche nelle prossime settimane, salvo il caso di un precipitare della situazione in USA, dove un accordo per l’innalzamento del livello del debito pubblico sembra ancora lontano incrementando i rischi di un default temporaneo della maggiore economia mondiale. Il decennale italiano, ad esempio, rimane ancora ben sopra il 5%, livello sotto cui si era mosso per diversi mesi prima dell’intensificarsi dei timori sullo stato dei conti pubblici italiani e sulla situazione politica. Anche il mercato azionario italiano non ha interamente recuperato quanto perso in giugno e luglio, mentre il settore bancario rimane ben sotto i valori di inizio anno.
Smaltita l’euforia per l’approvazione del piano, i mercati potrebbero, però, puntare i fari sulle sue debolezze. In particolare tra gli economisti delle investiment bank iniziano già a serpeggiare i timori che il fondo di stabilità finanziario possa non essere sufficiente qualora dovessero rendersi necessari degli interventi precauzionali a favore di Spagna ed Italia. Questi ultimi due paesi, del resto, potrebbero vedere come un’ingiustizia il fatto che i loro tassi di finanziamento sui mercati siano decisamente più alti di quelli dei paesi salvati dall’Unione Europea. Si renderebbe, quindi, necessario abbassare i tassi a lungo termine anche di questi paesi, con interventi che sarebbero molto costosi sui mercati. Certo, a tal fine ci potrebbero essere degli interventi della BCE, sull’esempio di quanto fatto dalla Fed statunitense negli anni ’50 quando aveva fissato il decennale al 2.5%, ma le autorità monetarie di Francoforte non sembrano affatto intenzionate a fare interventi di questo tipo.
Secondo Silvio Peruzzo di RBS il fondo andrebbe portato ad EUR2bn. A quei livelli, però, e con alle spalle solo le garanzie dei paesi nordici, per il fondo sarebbe difficile mantenere il rating di tripla A e quindi anche il suo costo di finanziamento sui mercati potrebbe aumentare. La società di ricerca Bernstein ha evidenziato come la Germania, nel caso in cui Spagna ed Italia dovessero arrivare a fare affidamento solo sull’EFSF per finanziarsi, potrebbe essere chiamata a fornire garanzie pari al 32% del proprio Pil, con la possibilità che queste possano salire al 56% qualora anche la Francia dovesse subire un downgrade. In questo scenario si capisce come i rendimenti dei titoli tedeschi siano saliti nelle ultime due sedute della settimana anche se parte di questo movimento può essere spiegato con la minore avversione al rischio da parte degli investitori.
Tuttavia il maggiore rischio sulla riuscita del piano di salvataggio dei paesi periferici dell’area Euro è costituito da un rallentamento della crescita economica. I PMI manifatturieri e l’IFO tedesco pubblicati in settimana hanno evidenziato come l’economia dell’area Euro possa andare incontro ad un rallentamento dei prossimi mesi. Questo renderebbe più difficile per i paesi periferici rispettare gli obiettivi di riduzione del debito nei prossimi anni poiché la crescita economica potrebbe essere più debole del previsto. Inoltre, con un’economia in rallentamento sarebbe più difficile per i governi di quei paesi che più andrebbero a pagare per il salvataggio dei paesi periferici fare accettare tale manovra ai propri cittadini.
Con queste prospettive e nonostante il rimbalzo nelle ultime sedute dei mercati periferici, la scelta più idonea in un’ottica di investimento di medio periodo sembra quella di continuare a puntare sul mercato azionario tedesco e, per diversificare fuori dall’area Euro, su quello statunitense. Tra i maggiori indici azionari internazionali, infatti, solo il Dax e lo S&P500 sono all’interno di un trend positivo mentre la borsa italiana resta in un trend negativo: in attesa di conferme, quello in corso rischia di essere solo un rimbalzo momentaneo.

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