mercoledì 6 luglio 2011

E se in default andassero gli USA?

Lo stato dei conti pubblici continuerà ad essere una delle maggiori fonti d’incertezza nel corso dell’estate, nonostante l’approvazione del piano di austerity da parte della Grecia in settimana possa contribuire a diminuire le pressioni sui paesi periferici dell’area Euro. Nelle prossime settimane le attenzioni degli investitori potrebbero rivolgersi sugli USA, che corrono in rischio di non essere in grado di ripagare una tranche di titoli del debito a breve termine in scadenza il 4 agosto. Il governo degli USA, infatti, ha raggiunto lo scorso 16 maggio il livello massimo di indebitamento stabilito per legge, pari a 14.3 mila miliardi di Dollari, e da allora ha dovuto attuare delle misure tampone per continuare nella propria gestione corrente senza superare tale limite. Dopo il 4 agosto, però, queste misure tampone esauriranno il loro corso e se nel frattempo non sarà trovato un accordo in parlamento per alzare il limite massimo del debito, la macchina statale si bloccherà e il rimborso del debito in scadenza sarà impossibile.
Qualora questo dovesse avvenire, le agenzie di rating potrebbero prendere le loro contromosse. Standard & Poor’s, ad esempio, ha dichiarato che nel caso non venisse rimborsato il prestito taglierebbe il rating degli USA a “D” mentre Moody’s ha considerato un downgrade intorno ad Aa come lo scenario più probabile.
Le discussioni in parlamento tra l’amministrazione Obama e i democratici dalla una parte e i repubblicani dall’altra appaiono molto difficili. È stato, infatti, deciso che la legge per l’innalzamento del debito massimo sia accompagnata da una nuova legge di bilancio per i prossimi anni con un programma di riduzione del deficit, che sta correndo a livelli preoccupanti.
Secondo le ultime stime del Congressional Budget Office, il deficit dovrebbe portarsi ad un passo dalla soglia del 10% del Pil nell’anno in corso per poi scendere in maniera solo graduale negli anni a venire restando sopra la soglia del 3% per tutto il decennio. In questo scenario il debito pubblico detenuto dal pubblico dovrebbe salire dal 62% del Pil del 2010 sino ad oltre il 75% nel 2013.
Democratici e repubblicani, sono d’accordo sulla necessità di ridurre il deficit ma sono divisi sulle misure da attuare. Mentre i democratici sono favorevoli ad un incremento delle tasse, in particolare per la fascia più ricca della popolazione, i repubblicani spingono per un taglio delle spese.
La maggior parte degli osservatori di mercato ritiene che alla fine un accordo a metà strada tra le parti sarà trovato per evitare il default, anche se i timori aumenteranno con il passare dei giorni.
La decisione che sarà adottata dal parlamento non mancherà di avere conseguenze sui mercati finanziari ed in particolare sul mercato obbligazionario e quello valutario. La più immediata conseguenza dell’innalzamento del limite del debito dovrebbe essere quella di favorire un rialzo dei rendimenti dei titoli governativi. Nel corso delle ultime settimane, infatti, i rendimenti erano scesi a causa della mancanza sul mercato di nuove emissioni, costringendo gli investitori ad accettare rendimenti sempre più bassi pur di accaparrarsi i titoli in vendita. A contribuire al rialzo dei rendimenti, inoltre, dovrebbe essere anche la fine del programma di QE2 della Fed che farebbe venire meno un’importante fonte di domanda, anche se gli acquisti della banca centrale dovrebbero proseguire nei prossimi mesi. Secondo le stime degli esperti, la Fed comprerà comunque USD300m di titoli nei prossimi 12 mesi per il reinvestimento dei capitali in scadenza e degli interessi dei titoli in portafoglio.
L’effetto della decisione del Parlamento si dovrebbero fare sentire anche sul Dollaro, tornato in settimana sopra quota 1.45 contro l’Euro. In primo luogo tassi di rendimento dei governativi maggiori potrebbero aumentare l’appeal dei titoli USA per gli investitori internazionali, favorendone gli acquisti ed incrementando i flussi in entrata nel paese. In secondo luogo, un deficit di bilancio più basso di quello attualmente stimato avrà un effetto benefico sul Dollaro, che si è storicamente dimostrato sensibile all’andamento dei conti pubblici.
Una riduzione del deficit di bilancio, per quanto positiva nel medio periodo, potrebbe avere delle conseguenze negative sull’andamento della crescita economica nel breve periodo. In quest’ottica la politica monetaria della Fed potrebbe restare espansiva molto a lungo, con i tassi d’interesse reali che dovrebbero restare negativi. Quest’ultimo elemento si è storicamente dimostrato positivo per l’andamento dell’oro che, stante anche le incertezze sull’approvazione della legge di bilancio in parlamento, potrebbe offrire buone performance nel corso dell’estate.

Nessun commento:

Posta un commento