martedì 24 maggio 2011

Ma l’Italia non è la Grecia

I mercati azionari europei hanno vissuto ieri una seduta fortemente condizionata dalle nuove tensioni sul fronte del debito pubblico europeo. Oltre alle solite incertezze sulle prospettive della Grecia, con i mercati che hanno spinto i rendimenti del paese ai nuovi massimi storici per le ipotesi sempre più probabili di un default più o meno soft del paese, a pesare sono state anche le notizie negative provenienti nel fine settimana su Italia e Spagna.
L’agenzia di rating Standard and Poor’s ha comunicato venerdì a mercati chiusi di avere tagliato l’outlook sul debito pubblico italiano portandolo da “stabile” a “negativo” per la diminuzione delle prospettive di crescita per la mancanza di determinazione nell’introdurre quelle riforme necessarie per incrementare la produttività. I timori dell’agenzia di rating sono anche che una crisi politica possa contribuire a un peggioramento dei conti pubblici.
In Spagna è stato il crollo della partito socialista del premier Zapatero nelle elezioni amministrative tenutesi domenica a fare temere sulla prosecuzione del processo di risanamento dei conti pubblici.
Oltre ai mercati azionari, anche quelli obbligazionari hanno risentito delle novità emerse nel fine settimana, spingendo al rialzo i rendimenti dei titoli governativi sia in Italia sia in Spagna anche se poi nel pomeriggio il rialzo è stato quasi completamente annullato una volta svanito l’effetto sorpresa. Il rendimento del decennale italiano è salito di 3 punti base mentre quello spagnolo di 5 punti base.
Tuttavia un’analisi di più lungo periodo dell’andamento dei rendimenti evidenzia come i mercati obbligazionari non siano particolarmente preoccupati al momento attuale dalla situazione del debito pubblico italiano. Da inizio anno, infatti, il rendimento del decennale italiano è praticamente invariato, sostanzialmente in linea con l’evoluzione dell’omologo tedesco. Il balzo più consistente del titolo a 2 anni (+20 punti base) è da imputare alla revisione delle aspettative sul futuro della politica monetaria della BCE, che è attesa alzare nuovamente i tassi di interesse nei mesi a venire dopo il primo rialzo di 25 punti base deciso in aprile, ed è inferiore rispetto al balzo di quello tedesco (+80 punti base).
Questo è tanto più importante considerando quanto un coinvolgimento dell’Italia nella crisi del debito dei paesi periferici possa essere devastante per il futuro dell’intera area Euro. I mercati non hanno, quindi, assegnato un grosso peso alla decisione di Standard and Poor’s. La situazione dei conti pubblici italiani, del resto, per quanto non da sottovalutare, risulta decisamente migliore a quella di tutti i paesi sinora coinvolti nella crisi del debito facendo sì che l’Italia dovrebbe essere in grado di superare questi momenti difficili senza grossi danni. In primo luogo perché il deterioramento dei conti pubblici nel periodo della crisi è stato inferiore a quello di molti partner europei. Ad esempio il rapporto deficit/PIL si è attestato nel 2010 al 4.6% contro il 7% della Francia ed il 6% della media dell’area Euro mentre la sola Germania ha fatto meglio portandosi al 3.3%. Tra i paesi periferici Portogallo e Spagna si sono attestate al 9% e l’Irlanda oltre il 32% per gli effetti del salvataggio delle banche.
In secondo luogo perché il processo di riordino dei conti pubblici dovrebbe proseguire in maniera più spedita che in molti altri paesi. Ad esempio, sulla base delle stime del Ministero del Tesoro Italiano il rapporto deficit/Pil dovrebbe scendere al 3.9% nell’anno in corso e al 2.7%, rientrando quindi all’interno dei parametri Maastricht, nel 2012. Ma la notizia più positiva è che già a partire dal 2011 l’Italia dovrebbe essere in grado di riportare un avanzo primario (cioè le entrate dovrebbero superare le spese al netto delle spese per interessi), situazione fondamentale per arginare la crescita del debito pubblico.
Anche la commissione europea, pur essendo meno ottimista del Governo Italiano sull’andamento dei conti pubblici nel proprio rapporto semestrale appena pubblicato, ha certificato come il miglioramento dei conti pubblici italiani potrebbero proseguire ad un passo più spedito che in molti altri paesi europei. Se quindi la commissione europea prevede che l’Italia possa mancare l’obiettivo di riportare il deficit sotto il 3% del Pil nel 2012 fermandosi al 3.2%, nella media dell’Unione europea questo dovrebbe assestarsi al 3.5% grazie al forte miglioramento della Germania (all’1.2%) con la Spagna al 5.3%, il Portogallo al 4.5%, l’Irlanda all’8.8% e la Grecia al 9.3%. Chiaramente tutti altri numeri rispetto a quelli italiani. La stessa Francia potrebbe essere in una situazione peggiore, fermando la discesa al 5.3%.
I maggiori timori degli investitori riguardano l’evoluzione del debito pubblico, salito al 119% nel 2010 e atteso superare il 120% nell’anno in corso. Però le stime sia della Commissione Europea che del Tesoro prevedono una sua discesa a partire dal 2012.
Tuttavia, per quanto la situazione italiana non sia da paragonare a quella degli altri paesi periferici, il richiamo di Standard & Poor’s dovrebbe stimolare il Governo ad attuare delle riforme per incrementare il potenziale di crescita dell’economia italiana. Ad esempio gli economisti di Societè Generale hanno stimato che questo potrebbe aggirarsi tra lo 0.6% e lo 0.9%, un valore che pone il paese a rischio di recessione ad ogni minimo rallentamento dell’economia internazionale. Inoltre con questo passo di crescita, che permetterebbe al Pil di tornare sui livelli pre-crisi non prima del 2014, risulta molto difficile creare posti di lavoro in maniera sostenuta e stimolare la domanda interna.
Gli ultimi dati sull’andamento del Pil hanno del resto hanno confermato come negli ultimi due trimestri l’economia italiana non sia riuscita ad accodarsi alla ripresa internazionale, con un incremento del Pil dello 0.1% q/q in entrambi i trimestri. In particolare è da monitorare l’evoluzione del settore industriale, dopo che la produzione industriale si è inaspettatamente contratta dello 0.1% nel primo trimestre del 2011. L’indice di fiducia delle imprese che sarà pubblicato giovedì darà indicazioni importanti in tal senso e sarà quindi l’appuntamento macroeconomico più importante della settimana con riferimento all’economia italiana.

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