martedì 10 maggio 2011

Salvataggio in corner per le commodities

Solo l’andamento migliore del previsto del mercato del lavoro statunitense nel mese di aprile ha permesso alle principali commodities di limitare le perdite nel corso della settimana appena conclusa. La creazione di posti di lavoro superiore alle attese (+244 mila contro attese a +185 mila) ha confortato i mercati sul fatto che le spese dei consumatori statunitensi potrebbero continuare a crescere ad un ritmo moderato nei mesi a venire, sostenendo l’intera economia statunitense e, di conseguenza, la domanda mondiale. Le principali commodities hanno comunque chiuso la settimana con un bilancio negativo: ad esempio l’argento ha perso quasi il 20%, l’oro il 4% e il petrolio il 12%.
Una serie di fattori ha contribuito a rendere incerto lo scenario di breve periodo per le commodities, spingendo gli investitori a vendere per incassare i profitti dopo i forti rialzi degli ultimi mesi.
A livello generale su tutte le commodities hanno pesato le notizie negative provenienti in settimana dal fronte economico statunitense prima della pubblicazione del rapporto sul mercato del lavoro che ha fatto tirare un sospiro di sollievo agli investitori. Il brusco calo dell’ISM servizi in aprile ed il balzo delle richieste di sussidi di disoccupazione, infatti, avevano fatto temere un forte rallentamento dell’economia a stelle a strisce nei mesi a venire.
A pesare è stata anche la forte inversione di tendenza del Dollaro statunitense nei confronti dell’Euro. Molti investitori, infatti, sono soliti acquistare commodities per proteggersi dalla debolezza del biglietto verde e sono, quindi, stati colti di sorpresa dal suo forte rimbalzo. Dopo essere salito ad un massimo di 1.494 mercoledì 4, livello che non era raggiunto da dicembre ’09, il tasso di cambio è sceso a 1.45 sulla scia delle parole del presidente della BCE nel corso della conferenza stampa al termine della riunione di giovedì 5 in cui aveva allontanato le possibilità di un nuovo rialzo dei tassi già in giugno.
Tuttavia non sono mancati neanche fattori negativi legati alle singole commodities. Con riferimento all’argento, il mercato è stato fortemente condizionato dalle decisioni del CME, società che gestisce la borsa dove i futures sull’argento sono scambiati, di alzare per ben tre volte nelle ultime due settimane i margini necessari per fare trading, causando un sell-off da parte degli investitori che avrebbero dovuto rimpinguare quanto dato a garanzie dei futures. L’oro si è accodato alla flessione dell’argento, con il sentiment sul metallo giallo penalizzato dalle indiscrezioni secondo cui l’hedge Fund gestito dal George Soros avrebbe iniziato a liquidare le proprie posizioni sul metallo giallo perché ritiene che i rischi di deflazione, motivo per cui tale investimento era stato deciso, siano notevolmente diminuiti.
Il prezzo del petrolio, infine, ha accelerato al ribasso dopo che l’Agenzia internazionale per l’energia ha rilevato come il balzo delle quotazioni abbia iniziato a pesare sulla domanda, che è in costante discesa nel corso degli ultimi mesi.
Nonostante le forti vendite nel corso della settimana, il trend di medio periodo per la maggior parte delle commodities sembra essere ancora positivo, anche se la volatilità nei prossimi mesi potrebbe essere decisamente superiore. In primo luogo, a favorire le commodities dovrebbe essere la politica monetaria espansiva che dovrebbe continuare ad essere perseguita dalle principali banche centrali a livello internazionale. La Fed, ad esempio, per quanto possa interrompere a giugno il programma di acquisto di asset non dovrebbe alzare i tassi almeno sino all’inizio del 2012. Tassi fermi per tutto l’anno sono attesi anche in Giappone e probabilmente in UK, mentre in area Euro, dove la BCE ha iniziato una fase di rialzo dei tassi in aprile, i tassi reali dovrebbero, comunque, restare negativi ancora a lungo. In tale scenario il costo opportunità di tenere delle commodities in portafoglio rimane basso aumentandone l’appetito da parte degli investitori.
Le commodities, inoltre, dovrebbero continuare a beneficiare delle attese che la politica monetaria espansiva delle banche centrali possa dare un’ulteriore spinta all’inflazione.
Come evidenziato dagli economisti del Fondo monetario internazionale Attiè e Roache nello studio “Inflation hedging for long term investors”, le commodities sono l’unica asset class in grado di proteggere il portafoglio degli investitori nel caso di un rialzo dell’inflazione, anche se per un periodo di tempo limitato. Inoltre, il rialzo del leading indicator cinese dell’OCSE negli ultimi mesi dopo la flessione di metà 2010 è il segnale di come l’economia cinese possa continuare a crescere ad un ritmo robusto nei prossimi mesi, sostenendo la domanda mondiale di commodities.
In questo scenario, in ottica di protezione del portafoglio, l’oro continua restare la commodity da preferire. In primo luogo perché, come evidenziato dagli economisti del Fondo monetario internazionale Roache e Rossi nello studio “The Effects of Economic News on Commodity Prices: Is Gold Just Another Commodity?” l’oro è l’unica commodities che può vantare il ruolo di bene rifugio e di riserva di valore.
In secondo luogo perché è quella che sembra raccogliere i giudizi più favorevoli da parte degli esperti di mercato. Ad esempio, John Paulson dell’hedge fund Paulson & Co ha previsto che le quotazioni dell’oro possano salire a USD4000 dollari all’oncia entro tre anni. Insomma, il ribasso dell’ultima settimana non modifica la considerazione che detenere una percentuale intorno al 5% del proprio portafoglio, in linea con quanto consigliato da molti esperti a livello internazionale, sia una scelta giusta.

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